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aGanzani
, le inondazioni fluviali
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avere trovato una antica prescrizione edittale denominata “de fluminibus
retandis” relativa all’appalto dei lavori di taglio degli alberi sporgenti dalle
rive o dimoranti nelle acque. i romani sapevano che, per contrastare le
inondazioni, occorreva in primo luogo rimuovere il più possibile i ma-
teriali solidi e la vegetazione dal letto del fiume per il ripristino del suo
regolare deflusso. era loro noto, infatti, che l’accumulo di detriti e la for-
mazione di vegetazione in alveo o di alberi pericolanti sulle rive riducono
la capacità di smaltimento nella rete delle portate in transito e quindi
inducono le tracimazioni. Un intervento del genere, come attesta sveto-
nio, fu realizzato anche da cesare (Caes. 30.2). con l’editto richiamato,
il pretore si prendeva carico specificamente di questa esigenza tecnica:
infatti, predisponendo un apposito mezzo giurisdizionale per il caso di
inadempimento degli obblighi assunti dagli appaltatori, indirettamente
li induceva ad eseguire il loro lavoro a regola d’arte. poi, com’è noto, a
partire dal 15 d.c., quando furono istituiti i curatores riparum et alvei Ti-
beris, si passò dal sistema dell’appalto a privati a quello della cura pubblica
dell’alveo e delle rive del tevere attraverso funzionari imperiali.
Un secondo esempio si ricava dal digesto giustinianeo: sappiamo
che i romani erano consapevoli che l’erosione delle sponde poteva,
col trasporto dei detriti, alterare l’equilibrio energetico del fiume e, alla
prima pioggia, causare inondazioni a valle: così favorivano la cd. mu-
nitio riparum, cioè il rinforzo delle sponde, ben consci che quest’opera
rispondeva anche all’interesse generale, benché normalmente essa fosse
effettuata dai proprietari rivieraschi privatamente e per propri interes-
si personali
8
. Questa munitio riparum si effettuava, per es., mettendo
a dimora in riva colture arboree ed arbustive contro l’attività erosiva
del fiume
9
, oppure effettuando la manutenzione di argini naturali o
8
sulla publica utilitas dei lavori di munitio riparum, cfr. sic. Flac. De cond. Agr. th.
114,26 ss. e d. 43.13.1.7 Ulp. 68 ad ed.
9
sulla frequenza di coltivazioni a bosco ceduo sulle rive, forse realizzate anche per assicurarne
un’efficace protezione dall’erosione: m. c
aLzoLari
,
Territorio e insediamenti nella bassa pianura del
Po in età romana, poggio rusco, 1986, p. 37; i
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romani nella bassa pianura padana, in s.
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(a cura di), romanità della pianura. l’ipotesi
archeologica di s. pietro in casale come coscienza storica per una nuova gestione del territorio,
Bologna, 1991, p. 325. d’altra parte, è noto che, disboscando le aree rivierasche delle alture per
sfruttare la forza motrice del fiume nel trasporto del materiale a valle, si favorivano le inondazioni
(a. G
iardina
,
Allevamento ed economia della selva in Italia meridionale: trasformazioni e continuità,
98
L. m
aGanzani
, le inondazioni fluviali
[pp. 93-102]
realizzandone di artificiali anche con materiali rudimentali reperiti in
loco (legno, pietra). tali interventi sono spesso documentati dalle fonti
letterarie, giuridiche ed epigrafiche e dalla ricerca archeologica
10
.
lo scopo di tutelare la munitio riparum era realizzato dall’editto del
pretore attraverso un’apposita prescrizione, il cd.
interdictum de ripa mu-
in a. G
iardina
, a. s
chiavone
(a cura di), società romana e produzione schiavistica i, l’italia:
insediamenti e forme economiche, Bari, 1981, pp. 100 s., 107 ss.). di questi boschi e canneti
in riva ai grandi fiumi ci parlano con dovizia le fonti letterarie: per il po cfr., m. c
aLzoLari
, Il
Po in età romana. Geografia, storia e immagine di un grande fiume europeo, reggio emilia, 2004,
p. 26; i
d
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del Po in età romana. Alcune considerazioni, in miscellanea di studi archeologici e di antichità ii,
modena 1986, pp. 215 s. per il mincio, m. c
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, Padania romana. Ricerche archeologiche
e paleoambientali nella pianura tra il Mincio e il Tartaro, mantova 1989, p. 34 s. per il tevere, L
e
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p. 7 ss.; m. c
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10
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Bell. civ. 6.272; epistularium
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Aen. 2.10.24. due iscrizioni da cheronea in Beozia documentano l’ordine dell’imperatore
adriano di arginare i fiumi della regione contro il pericolo delle inondazioni: J.m. F
ossey
,
The city archive at Koroneia, Boiotia, euphrosyne 11 (1981-1982), pp. 48-49: l’ordine viene
impartito dopo un sopralluogo del territorio ordinato dall’imperatore: n. 6 (iii B), p. 48. in
generale sulle opere di arginatura nella documentazione letteraria ed archeologica, s. c
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Inquadramento geologico-ambientale della pianura bolognese in età romana, civiltà padana
3 (1990), pp. 109-128; m. c
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5 (1985), pp. 15-46. parlano invece di “scarsità” di argini nel mondo romano m.p. P
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Fundus cum vadis et alluvionibus. Gli incrementi fluviali fra documenti della prassi e riflessione
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(a cura di), «Uomo acqua e paesaggio». atti dell’in-
contro sul tema «irregimentazione delle acque e trasformazione del paesaggio antico», atlante
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