101
L. m
aGanzani
, le inondazioni fluviali
[pp. 93-102]
regole generali, agli alberi nati su di esse
18
. d’altra parte, non è consentito
ai proprietari rivieraschi edificare sulle rive, nemmeno nel caso di un ponte
che unisca due sponde del medesimo dominus (d. 41.1.15 nerat. 5 reg.):
ció infatti renderebbe la ripa inidonea all’uso pubblico a cui è destinata e
in più frustrerebbe la sua funzione primaria di contenimento del fiume.
in particolare i ponti, non solo potevano creare difficoltà alla navigazio-
ne
19
, ma potevano addirittura aggravare i rischi di
inundatio non resistendo
all’impeto delle piene: è quanto è stato recentemente dimostrato in una
brillante ricerca di cécile allinne
20
. d’altra parte – come precisa Ulpiano
in d. 39.2.24 pr. – ciascuno può porre sulla riva una qualunque installa-
zione di uso pubblico (volta, ad es., a facilitare la navigazione, l’alaggio, la
munitio riparum) ma lo deve fare
sine incommodo cuiusquam ed inoltre deve
promettere davanti al pretore di risarcire gli eventuali danni causati a terzi.
se poi la riva, come spesso accade, è occupata da una via pubblica e questa,
in occasione di uno straripamento, viene travolta dalla corrente, il giurista
giavoleno (d. 8.6.14.1 iav. 10 ex Cass.) precisa che i rivieraschi sono tenuti
a concedere un’area del loro terreno per consentirvi il pubblico passaggio.
parimenti significativi sul piano della gestione pratica e quotidiana della
problematica delle inondazioni, sono altri interventi dei giuristi più speci-
ficamente connessi a questioni privatistiche. in primo luogo, essi sottoline-
ano a più riprese che il debitore impossibilitato ad eseguire la prestazione
dovuta per un perimento della res dovuto a vis maior (terremoto, crollo
fortuito, incendio, naufragio, inondazione etc.) non è mai responsabile nei
confronti del creditore (es. d. 50.17.23; d. 39.3.2.6) e questa regola è
rimasta in tutti i sistemi giuridici di tradizione romanistica.
si prescrive inoltre che il colono il cui raccolto sia perito per flumi-
num vis o altro caso di vis maior, deve essere per quell’anno esentato dal
pagamento della mercede al locatore (d. 19.2.15.2).
si precisa anche che il dominus le cui res siano state travolte e trascinate
18
naturalmente ciò vale per gli agri arcifinii mentre, per quelli limitati, la condizione giu-
ridica delle rive dipende dalla regolamentazione del territorio fissata autoritativamente al mo-
mento della divisio et adsignatio. cfr. Fiorentino in d. 41.1.16 vi Inst. (su cui ampiamente l.
m
aGanzani
,
Gli incrementi fluviali in Fiorentino VI Inst. (D.41.1.16), in studia et documenta
historiae et iuris (sdhi) 59 1993, pp. 207-258), e di igino, De gen. contr., th. 87,4 ss.
19
d
e
i
zarra
Le fleuve et les hommes cit., p. 70 ss.
20
a
LLine
, Les villes romaines cit., pp. 1-30.
102
L. m
aGanzani
, le inondazioni fluviali
[pp. 93-102]
via dalla corrente, non ne perde la proprietà ed è legittimato ad esercitare
un’azione di recupero delle stesse o del loro valore (cd. condictio) qualora
un altro indebitamente le detenga (d. 12.1.4.2). l’utilità pratica di questa
regola si apprezza particolarmente ricordando un’epistula di plinio su una
piena dell’aniene, fra le cui acque - dice l’a. - si vedevano scorrere arredi e
suppellettili, attrezzi agricoli, aratri, travature di case etc. (Epist. 8.17.4).
altro significativo confronto fra la realtà delle catastrofi fluviali descritte
dalle fonti letterarie e le riflessioni dei giuristi romani, riguarda gli effetti di-
sastrosi delle inondazioni sulla stabilità degli edifici: dione cassio 39.61.1-3,
ad esempio, descrivendo la piena del tevere del 54 a.c. precisa che «i muri
delle case, che erano fatti di mattoni, si inzupparono d’acqua e precipitarono»
e tacito, Hist. 1.86.2, a proposito della piena del 69 d.c., osserva che «le fon-
damenta dei caseggiati furono danneggiate dalle acque stagnanti». a fronte
di queste notazioni, si contestualizza e si chiarisce una riflessione di Ulpiano
in d. 39.2.24.3, 5 81 ad ed. l’a., citando anche il parere di alcuni giuristi
più antichi (es. servio, labeone), sottolinea la differenza esistente fra il crollo
di un edificio causato direttamente da un’inondazione e quello dipendente
dalle condizioni iniziali di instabilità dell’edificio stesso, benché aggravate dal
ristagno delle acque. la riflessione del giurista si riferisce in particolare all’isti-
tuto pretorio della cautio damni infecti, la promessa che il proprietario di un
edificio pericolante o poco stabile prestava al suo vicino (su richiesta di questi
e alla presenza del pretore) di risarcire gli eventuali danni a lui cagionati entro
l’anno a causa di tale instabilità. i giuristi precisano che fra i danni risarcibili
non rientra un crollo causato da inundatio perché questo dipende da vis ma-
ior, non dalle condizioni di instabilità dell’edificio.
come si è visto da questi pochi esempi, i giuristi, attraverso i loro
commenti sullo ius civile e lo ius honorarium e la riflessione teorica che
ne consegue (cd. interpretatio), hanno avuto il grande merito di gui-
dare, con rigore tecnico e metodo casistico, l’evoluzione del diritto ro-
mano in senso conforme alle esigenze sociali. ma sui risultati di questa
riflessione si è poi fondata anche la tradizione romanistica e, da qui, il
patrimonio giuridico comune dei paesi di civil law. per questa ragione
le analisi dei giuristi, anche in tema di inundatio, sono particolarmente
importanti sia per lo storico che per il giurista positivo.
lauretta maganzani