Guerra, impero, rivoluzione: Russia, 1914-1917
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I pensatori qui ricordati, che gravitano a vario titolo attorno alla redazione di
«Russkaja mysl’», da Struve a Kotljarevskij, da Trubeckoj a Berdjaev a Bulgakov,
sono concordi nel definire la guerra in corso come una «catastrofe», terribile ma
necessaria. Molto attento a non indulgere a toni bellicisti o di compiacimento per
il ricorso alla violenza è S. Kotljarevskij:
La guerra attuale – scrive – costituisce una grande catastrofe senza precedenti (…) e
innanzi ad essa ci appaiono mostruose quelle esaltazioni della guerra che sono presenti
nella letteratura più recente, prevalentemente ma non esclusivamente tedesca. La guerra
è stata considerata sia come un utile strumento di selezione biologica, che come palestra
di educazione nazionale, che potenzia l’energia e il coraggio (…) non così hanno parla-
to della guerra i nostri grandi scrittori e pensatori, come Dostoevskij e Solov’ev (…) Il
senso morale della guerra, quando essa è condotta per il diritto e la giustizia (…) non
risiede solo in questi obiettivi; le è propria anche una forza tragicamente purificatrice
(…) essa eleva le vittime, sacrificate per qualcosa di più elevato della vita individuale
99
.
Più propensi a considerare il conflitto in corso come l’occasione per lo spri-
gionamento di energie, distruttrici ma anche creatrici, inattingibili in periodo di
pace, e dunque a enfatizzare il tema della rigenerazione della Russia e dell’Europa
attraverso «il fuoco purificatore della guerra»
100
, sono Berdjaev e Bulgakov, men-
tre tra i quotidiani il più ricettivo nei confronti di questi temi è «Utro Rossii»,
giornale della borghesia progressista moscovita, che nel 1914 vanta una tiratura
di più di quarantamila copie.
Per Berdjaev la guerra «è irrazionale, ha una radice oscura nella volontà dei
popoli, incomprensibile per l’intelletto superiore. Ma la guerra ha anche un si-
gnificato, essa punisce, distrugge e purifica nel fuoco, fa risorgere lo spirito in-
fiacchito e indebolito». Solo il dottrinarismo, argomenta, non vuole vedere le
contraddizioni e le ambivalenze della vita concreta, e il migliore esempio di esso è
dato dalla «dottrina tolstojana della non resistenza al male», dalla «razionalistica
negazione della verità dell’istinto», dal «cosmopolitismo dottrinario», dall’«inerte
amore per il mondo e per l’umanità (…) solo una catastrofe può rinnovare e far
lata a V. Solov’ev del 6 ottobre 1914.
99
S. Kotljarevskij, Vojna, cit., p. II.
100
Cfr. T. Ardov, Ogon vojny, in «Utro Rossii», 10 agosto 1914.
Capitolo I. La Russia nella Prima guerra mondiale
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risorgere il carattere russo (…) nella vita dei popoli esistono periodi nei quali è
necessario un fuoco purificatore»
101
.
Berdjaev ritorna su questi temi in un altro intervento pubblicato su «Utro
Rossii» nel mese di novembre; l’esperienza dei primi mesi di guerra, connotata
dalla buona prova dell’esercito russo in Galizia, ha rafforzato la sua interpreta-
zione:
sono necessari grandi sconvolgimenti, la catastrofe individuale e mondiale, per ridesta-
re tutte le forze dell’uomo. Nella pacifica vita borghese si attiva solo una piccola parte
delle energie umane (…) la guerra è una grande prova per l’uomo, per la sua forza e la
sua capacità di sacrificio. La guerra rende l’uomo al tempo stesso bestia feroce ed eroe,
barbaro e potente, alimenta gli istinti più bassi e gli istinti più alti (…) la guerra ha
dimostrato che il mondo borghese non ha perduto definitivamente lo spirito eroico
102
così come ha mostrato quale barbarie possa scaturire dallo sviluppo della
cultura e della «civiltà meccanica». La conclusione di Berdjaev è ormai tutta pro-
iettata verso la rinascita spirituale che seguirà alla fine del conflitto:
se credo che dopo la guerra mondiale c’è da attendersi non la decadenza ma un avanza-
mento spirituale è solo perché so che attende l’uomo non una vita pacifica e tranquilla,
ma piuttosto la prosecuzione spirituale della guerra mondiale (…) la catastrofe stori-
co-universale segnerà la crisi della vecchia cultura, la crisi del capitalismo internaziona-
le e del socialismo internazionale, dell’imperialismo e del militarismo, la crisi di tutte
le vecchie basi della vita. Dopo la guerra si richiederà una ancor maggiore tensione
delle forze spirituali dell’uomo (…) ma si tratterà di una tensione creatrice, volta alla
costruzione di una nuova vita
103
.
Per Bulgakov, incline a rivalutare temi slavofili e dunque più critico di Berdja-
ev nei confronti della cultura borghese di matrice occidentale, la guerra rappre-
senta la salutare catastrofe della cultura del meščanstvo (ceto borghese), fondata
sulle comodità e sul progresso, che è il prodotto della civiltà europea: «è comin-
101
N. Berdjaev, Vojna i vozroždenie, cit.
102
N. Berdjaev, O dremljuščich silach čeloveka (k psichologii vojny), in «Utro Rossii», 272, 1914,
riprodotto in N. Berdjaev, Futurizm na vojne, Kanon+, Moskva, 2004, pp. 40-41.
103
Ivi, p. 44.
Guerra, impero, rivoluzione: Russia, 1914-1917
42
ciato l’incendio universale del comfort e della civiltà»
104
. Che la rinascita venga
dalla morte, argomenta, è un concetto autenticamente religioso; è vero che la
guerra dispiega gli istinti più bestiali e «alimenta le atrocità (…) Louvain, Kalis,
Reims»; ma il fuoco purificatore della guerra apre la strada alla rinascita spiritua-
le
105
. All’inizio di agosto aveva scritto: «per i pacifisti la guerra è il male peggiore
(…) ma quanto una guerra giusta è più santa di una pace vergognosa!»
106
.
Anche E. Trubeckoj condivide con Berdjaev e Bulgakov l’esaltazione per l’e-
nergia sprigionata dalla guerra: in essa tutto vive con forza accresciuta; per un
verso emergono gli elementi brutali e selvaggi nell’uomo, solo superficialmente
ricoperti dalla patina della civiltà contemporanea; per altro verso sono esaltate le
forze del bene. «Adesso non è tempo di moderate virtù borghesi» – esorta – ma di
eroismi, di grandi slanci d’amore, del trionfo di due pathos, «il pathos dell’amore
per l’uomo e dell’amore per la patria»
107
. È però assente il tema della guerra come
«fuoco purificatore», come artefice della rigenerazione spirituale resa necessaria
dalla crisi della civiltà borghese, e non si ritrovano nei suoi interventi tracce di
polemica anti-pacifista.
Come si è già ricordato, Trubeckoj manifesta incredulità nei confronti
dell’ottimistica fiducia in una guerra che ponga fine a tutte le guerre anche nei
momenti di maggior entusiasmo patriottico, e costantemente mette in guardia
dai rischi di prevaricazione violenta nei confronti degli altri popoli che si ac-
compagnano al nazionalismo e al messianismo
108
. Il suo costante scetticismo nei
confronti delle virtù rigeneratrici e salvifiche della catastrofe bellica
109
affonda le
radici anche nella riflessione critica sul ricorso alla violenza che egli era venuto
104
S. Bulgakov, Vojna i russkoe samosoznanie, Moskva, T.-va I.D. Sytina, 1915, p. 21.
105
Ivi, pp. 26-27.
106
S. Bulgakov, Rodine, cit.
107
E. Trubeckoj, Otečestvennaja vojna, cit., pp. 15-18.
108
Cfr. E. Trubeckoj, Vojna i mirovaja zadača, cit., ed E. Trubeckoj, Smysl’ vojny, Moskva,
Put’, 1914.
109
Randall Poole, nella sua accurata ricostruzione del pensiero di Trubeckoj, pone forse ecces-
siva enfasi sulla differenza tra le posizioni dell’autunno 1914 e quelle del 1916, emerse nel corso
della polemica sul nazionalismo divampata con D. Muretov e P. Struve sulle pagine di «Rus-
skaia mysl’», quando sostiene che Trubeckoj, «con un significativo cambiamento di prospettiva
rispetto al 1914, scrive che non è più possibile sostenere che la presente guerra sarà l’ultima»,
in R.A. Poole, Religion, War, and Revolution. E.N. Trubetskoi’s Liberal Construction of Russian
National Identity, 1912-1920, in «Kritika: Explorations in Russian and Eurasian History», 2,
2007, p. 218.
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