G
IULIANA
M
ARINIELLO
1580
E, per un mese intiero, sprofondandomi nella lettura di Shakespeare,
passai di meraviglia in meraviglia, di rapimento in rapimento; Eschilo ed
Omero, Dante e Manzoni m’aveano certamente già colpito, ma nei libri
soltanto; allora Shakespeare, dopo avermi fatto vedere, per mezzo di Ernesto
Rossi, come i suoi personaggi fossero creature vive, mi prese, mi percosse, mi
rivoltò tutto quanto, come se volesse risuscitarmi da quel tumulo
d’erudizione nel quale minacciavo già di sprofondarmi e di rimanere sepolto.
3
Lo straordinario incontro di De Gubernatis col teatro shakespeariano fu solo
l’inizio di una lunga passione che lo portò nel corso degli anni a comporre opere
teatrali ispirate al drammaturgo inglese
4
e a intervenire ripetutamente e
costantemente attraverso molteplici scritti. Tra questi vanno annoverati vari
contributi critici, anche di carattere comparatistico, diversi interventi sulle
traduzioni italiane di Shakespeare
5
e sulle rappresentazioni teatrali con particolare
riferimento a quelle di Ernesto Rossi e Tommaso Salvini, i due giganti della scena
italiana dell’Ottocento.
6
Fra il 1882 e il 1885 vennero pubblicati i diciotto volumi della sua monumentale
Storia universale della letteratura, opera complessa e originale che dette un notevole
contributo all’ampliamento degli orizzonti culturali della società italiana attraverso
lo studio delle letterature comparate. Alla base di quell’ambizioso progetto, come
scrive Romolo Runcini, “troviamo un pensiero forte destinato, in bene e in male, a
dirigere il lungo viaggio dello storico in territori inesplorati, pronto a stabilire
confronti tra i diversi livelli di rappresentazione del mondo”.
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È in quest’opera di carattere comparatistico che De Gubernatis propone
un’analogia fra il teatro shakespeariano e quello indiano che, a suo parere, avevano
entrambi toccato la sfera del sublime:
Se si trovano tante analogie fra il teatro indiano e il teatro di Shakespeare e
non solo, come era parso ai tempi dello Schlegel, fra la Sakuntalâ e i drammi
shakespeariani, la ragione principale è forse stata questa, che i poeti indiani e
il grande britanno scrissero senza impacciarsi di regole; avuta appena l’idea
dello spettacolo drammatico, e del modo generale d’ordinarlo, in questa
prima grossa e capace forma gli uni e gli altri fecero entrare ogni cosa.
L’erudizione storica e letteraria degli uni e dell’altro era forse compagna. Era
un’erudizione vergine, che lasciava ancora tutto il campo alla sorpresa,
all’ammirazione e conseguentemente alla creazione; l’osservazione dell’uomo
3
Ivi, p. 70.
4
Sull’onda dell’entusiasmo giovanile De Gubernatis, solo tre mesi dopo il primo incontro col teatro
shakespeariano, compose il dramma Sampiero di Bastelica (1857), primo di una lunga serie di opere
teatrali.
5
Intervenne in particolare sulla traduzione in prosa di Carlo Rusconi e su quella in poesia di Giulio
Carcano.
6
I suoi interventi su Shakespeare apparvero soprattutto su la Nuova Antologia di cui curò la rubrica
“Rassegna delle letterature straniere” dal 1876 al 1885.
7
Runcini, 1995, p. 43.
Angelo De Gubernatis comparatista
1581
era ingenua, e però tanto profonda, il sentimento della natura vivissimo, il
poeta si sentiva rivivere in essa, e la faceva parlare come se egli l’abbracciasse
tutta e ne fosse abbracciato; è una creazione in gran parte inconscia, ma che
può arrivare talvolta al sublime.
8
Più tardi riprenderà queste riflessioni in
Étincelles:
Si on a trouvé des analogies entre le théâtre indien et le théâtre de
Shakespeare, c’est que les poètes indiens et le grand poète anglais ont écrit
sans être gênés par des règles; il a suffi aux uns et à l’autre une idée générale
et assez grossière d’un spectacle dramatique et de la manière de l’arranger
pour y faire entrer toute chose. Leur érudition était, peut-être, au même
niveau: des connaissances élémentaires, qui laissaient un libre essor à la
création et à la surprise; la naïveté n’empêchait point une certaine profondeur;
le sentiment de la nature était très vif; le poète trouvait en elle une sorte de
renaissance: et il s’animait en elle, comme s’il l’embrassait toute en étant
embrassé: une création, en grande partie, inconsciente, mais qui pouvait,
parfois, atteindre le sublime.
9
Ritornerà sul confronto tra Shakespeare e il teatro indiano nella sua
Storia del
teatro drammatico (Milano, 1883), quando si soffermerà sul
Mrcchaka¥ika o
Carruccio
d’argilla e il
M™dr…rak¡asa, due famosi drammi indiani di grande valore poetico,
non facilmente databili, ma probabilmente composti nel IV secolo o più tardi.
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Il Mrcchaka¥ika, “Il carretto d’argilla”, attribuito a un re Çūdraka, riprende ed
amplia il soggetto del dramma
Daridrac…rudatta di Bhāsa. La storia narra di
Cārudatta, un mercante di casta brahmanica diventato povero per la sua generosità
e che ama riamato Vasantasenā, una ricca etèra. Della donna s’invaghisce il
cognato del tiranno Pālaka; di fronte alle resistenze della donna, egli la strangola e,
credendola morta, accusa dell’omicidio Cārudatta per vendicarsi del rivale.
Vasantasenā viene invece salvata e curata da un monaco buddhista e compare alla
fine, prima che venga eseguita la condanna a morte di Cārudatta per discolparlo
dalla falsa accusa. Il nuovo re Āryaka che ha sconfitto il tiranno Pālaka la dichiara
donna libera permettendole di diventare la sposa di Cārudatta. Vittore Pisani
rileva la singolarità della protagonista “miracolo di gentilezza e di purezza
interiore, contrastante colla professione cui è astretta dalla casta di nascita”.
11
A
parere di De Gubernatis il
Mrcchaka¥ika o
Carruccio d’argilla, composto secondi lui
nel I o II secolo, è il più appassionato dei drammi indiani soprattutto per il
carattere della sua eroina:
8
De Gubernatis, 1883, p. 39.
9
De Gubernatis, 1900, b, p. 241.
10
Pisani, 1970, p. 149 e ss.
11
Ivi, p. 151.