L’Opera di Pechino rivisitata dal teatro sperimentale contemporaneo
2033
Entra Huineng con uno zaino di stoffa sulle spalle. Con le braccia mima il movimento
del remare.
Huineng (
Canta)
L’acqua scorre inesausta, ah, il vento solleva le onde tutto in tondo
Una barca raminga va alla deriva sul fiume Yangzi,
Il Buddha pure deve fuggire, affrontare le sventure del mondo!
Entra Huiming guidando la folla.
Huiming
Guardate c’è una barca! E’ lui, quel piccolo individuo disgustoso di umili
origini! Non lasciamolo scappare, prendiamolo! E’ lui che ha preso l’abito e la
ciotola del vecchio Buddha! Diciamogli di restituirceli! Diciamogli che li deve
lasciare a noi! Che cosa fate fermi lì a guardare? Muovetevi, cercate una
barca…
Folla (
Correndo, canta)
Presto, veloci, inseguiamolo, oh, ecco che alla sponda lui arriva
E invano spereremo di raggiungere l’Altra Riva, oh, l’Altra Riva!
Huineng (Canta)
E’ sempre lo stesso, nel regno umano e nel Cielo Occidentale
Arduo è essere un uomo, essere un Buddha ancor meno banale.
Huineng si leva le scarpe, salta giù dalla barca immaginaria ed esce correndo.
Folla (Canta)
Grande suprema saggezza regna laggiù, sull’Altra Riva
Solo gli stolti fuggono, cosa d’utilità del tutto priva.
Entra Huineng a piedi nudi, portando uno zaino di stoffa sulle spalle e le scarpe in
mano.
Huineng (Canta)
Ogni fiume guadare
Ogni monte scalare
Folla (Canta)
Il nostro compito è cercare l’Eterno e il Vero
Farlo con attenzione, compito duro davvero
Huineng (Canta)
Il tempio serra la sua porta immane
E divengo un selvaggio fra le selve montane
Getta via le scarpe ed esce correndo.
Folla (Correndo, canta)
Meglio sarebbe ricercare fortuna e celebrità
Facile è per il corpo, per la mente una formalità.
La folla esce. Entra Huineng, tenendo una ciotola delle elemosine e un bastone per
appoggiarsi. Ansimante getta a terra lo zaino.
Huineng (Canta)
Il monte Dayu è spoglio triste e desolato
Il vento soffia, fresca e chiara è la sorgente.
Dove Huineng riposerà il suo corpo spossato?
Nella vita di Buddha ogni rischio è presente.
M.
C
RISTINA
P
ISCIOTTA
2034
Forte in questa scena è il riferimento (stessa folla violenta e manipolata da
uomini senza scrupoli, stessa tensione spirituale che si scontra con i desideri
mondani, stessa situazione scenica) a L’Altra Riva scritta da Gao Xingjian circa dieci
anni prima, in cui una folla varca un simbolico fiume per incamminarsi nell’Altra
Riva buddhista alla vana ricerca di una serenità spirituale a cui l’uomo tende senza
mai poter raggiungere. Del resto il riferimento è esplicito nei canti della folla:
“…invano cercheremo di raggiungere l’Altra Riva oh l’Altra Riva!”
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Il secondo atto comincia con una disputa teorica fra monaci che, guardando
sventolare la bandiera del Tempio Baolin della Natura-del-Dharma (su cui è scritto
“Né creazione né estinzione”), si chiedono se sia il vento o la bandiera che crea il
movimento. Huineng, che sta passando di lì per caso, interviene nella controversia
affermando: “Sia il vento sia la bandiera sono inanimati, perché allora stiamo qui a
parlare del fatto che il movimento o il non movimento siano inerenti alla loro
natura? Il vento e la bandiera sono così, cioè la bandiera non si muove e il vento
non si muove. Il movimento che noi vediamo è solo un’illusione della nostra
mente. Il Dharma in origine non fa nessuna distinzione fra movimento e non
movimento. Questo è il vero significato di ‘Né creazione né estinzione’.” Queste
dispute teoriche, a cui Gao dà grande spazio all’interno dell’opera, sono
naturalmente qualcosa di estremamente anticonvenzionale in un’Opera di Pechino
e creano un rapporto molto stretto con i diversi ritmi del teatro di prosa .
La scena terza del secondo atto è un altro momento fondamentale per capire
l’originale impostazione dell’opera, che riesce a mostrare rispetto per la figura di
Huineng e a non essere mai blasfema verso lo spirito religioso buddhista pur
mantenendo un tono costantemente ironico-scherzoso nei riguardi della dottrina.
Mentre Huineng, ora Sesto Patriarca Zen, declina ripetutamente gli inviti imperiali
concentrandosi sull’insegnamento dell’illuminazione subitanea, monaci e monache
e laici bramano solo fama e potere, e l’arena per la Grande Verità diventa terreno
di gioco. Entrano allora in scena due personaggi emblematici: lo Scrittore e la
Canzonettista.
Lo Scrittore, ironico e autocritico come solo un vero Maestro Zen sarebbe, prega il
Patriarca di tracciare attorno alla sua testa un’aureola e afferma: ”Al presente non
faccio niente, mi limito a giocare la commedia della vita. Non sono ancora capace di
convincermi a tagliare i legami con questo mondo. Sono un uomo comune…” La
dottrina Zen, che ha nell’opera una forte presenza, è vista qui dallo Scrittore,
portavoce dell’altro scrittore Gao Xingjian, anche nelle sue limitazioni, con uno
spirito laico e a tratti intensamente satirico. Secondo Gao, essa ci fa capire che il senso
dell’umano comincia proprio da se stessi, poiché “non è fatta di misteri, è solo un
modo di comprendere. E’ mangiare, bere, cacare, pisciare, dormire come si fa di
solito. E’ solo un atteggiamento verso la vita, una via per intendere il mondo”.
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Cfr. Gao, 1986, c. La prima si è avuta alla Scuola Nazionale delle Arti di Taipei nel 1990 in dialetto
minnan, con la regia di Chen Lingling. Anche Gao Xingjian ha diretto l’opera in una versione cantonese,
all’Accademia delle Arti di Hong Kong nel 1990. L’altra riva è stata rappresentata anche in Italia,
all’Università degli Studi “L’Orientale” di Napoli nel 2005, con la regia di Lorenzo Montanini.
Sul teatro rituale di Gao vedi: Pisciotta, 2005.
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Cfr. Zhao Yiheng, 1999.