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Giuseppina Mammana
Il Vescovo si rifiutava e Monica insisteva, finché l’incontro avvenne, ma Ago-
stino non era ben disposto, preso com’era dall’eresia manichea. E alle continue sup-
pliche della madre che lo sollecitava ad altri incontri, il presule fiducioso e un po’
infastidito, rispondeva: “Suvvia, vai in pace! Non potrà mai essere che un figlio di
tante lacrime perisca!”.
Intanto Agostino continua ad occuparsi di cultura filosofica; scrive un trattato
sulla bellezza dal titolo
La bellezza e la convenienza, andato perduto. Insegnava in
pubblico le cosiddette arti liberali (quelle del trivio - grammatica, dialettica e reto-
rica - e quelle del quadrivio - aritmetica, geometria ,astronomia e musica), chiamate
così perché ad esse potevano accedere solo gli uomini liberi e venivano studiate dai
Romani, i quali ne attribuivano la paternità a Platone e Aristotele.
Lesse e comprese da solo il libro di Aristotele sulle categorie (il I libro dell’Or-
ganon). Con facilità leggeva, imparava e insegnava.
«Non esisterei, se tu, Dio mio, non fossi in me, perché da Te proviene ogni
cosa, in Te e per Te sono tutte le cose» (Le Confessioni, libro I, p. 23).
Nei Soliloqui Agostino dichiara lo scopo della sua ricerca: «io desidero cono-
scere Dio e l’anima (
Deum et animam scire cupio)». La ricerca di sé e di Dio non si
svolge separatamente l’una dall’altra, ma consiste in una serrata analisi esistenziale
dell’io, della persona nella sua singolarità irripetibile e nella apertura a Dio.
Io stesso ero diventato per me un grosso problema,
factus eram ipse mihi
magna quaestio e in tutta la sua opera cerca di chiarire il suo rapporto con Dio con
la concretezza di fatti, di sentimenti, di scelte di vita a volte difficili e dolorose , ma
sempre autonome e scaturite dalla sua interiorità. Agostino cerca la verità mediante
la sapienza, ma la
magna quaestio rimane insoluta.
Per un uomo soggetto alla morte che si porta dietro la testimonianza dei suoi
peccati, non resta altro che invocare Dio, cercarlo e lodarlo con il rigore della
ragione e della fede, perché come dice il salmo: “loderanno il Signore coloro
che lo cercano”, infatti, coloro che lo cercano lo troveranno e quelli che lo
troveranno lo loderanno (
crede ut intelligas , et intellige ut credas), cioè credi
per capire e capisci per credere (Le Confessioni, libro I p. 23).
Ma dove cercare Dio ? Se si cerca una cosa, è perché l’abbiamo posseduta,
poi perduta ed ora non ce la troviamo più, per questo la cerchiamo. Così avviene per
ricercare Dio. L’uomo cerca Dio, se lo cerca è perché l’ha posseduto, ma l’interesse
per le cose materiali glielo ha nascosto, glielo ha fatto dimenticare. Non andare fuori
di te, ritorna in te stesso, nell’interno dell’uomo abita la verità; e se troverai mutevole
la tua natura, trascendi anche te stesso.
Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore
homine habitat veritas, et si tuam naturam mutabilem inveneris,trascende et te ip-
sum (De
vera religione, 39, 72).
La verità, come ai tempi dei sofisti, era stata colpita a morte specialmente dal-
lo scetticismo. Socrate aveva trovato il criterio della verità nella ragione umana con
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La ricerca di sé come ricerca di Dio e dell’anima nel pensiero di S. Agostino
il concetto, mediante il quale, si poteva raggiungere la conoscenza universale della
realtà. Aveva posto l’uomo al centro della scienza e della sapienza. Al pensiero di
Socrate si erano riallacciati i sistemi filosofici di Platone e Aristotele. Ma il pirroni-
smo e gli Accademici avevano assestato un duro colpo ai due geni della filosofia an-
tica e Sant’Agostino sente di dover confutare lo scetticismo che lui interpreta come
teoria del dubbio universale. «Si può sbagliare e dubitare, seppure m’inganno, io
che m’inganno esisto (
si fallor sum). Non si può ingannare chi non esiste: se dunque
m’inganno, per ciò stesso io sono» (La città di Dio, XI, 26).
Il principio nuovo della filosofia di Agostino è l’autocoscienza e l’interiorità
dell’uomo. Dobbiamo trovare la verità dentro noi stessi, perché il fatto stesso di cer-
carla dimostra che noi la possediamo come dono di Dio, ma ci trascende. La verità è
immutabile e perfetta e possiede totalmente se medesima, mentre noi siamo mutevoli
e imperfetti. La verità non può essere che Dio, il quale come vivida luce inonda la
nostra mente permettendole di apprendere (teoria dell’illuminazione).
Cristo, maestro interiore, Luce Verità e Vita, è artefice della capacità di ap-
prendere.
Se il nostro pensiero è illuminato , significa che esso è la luce che si accende ad
un’altra luce. Il pensiero è la mia luce, ma non sono io l’origine del mio lume. I
lumi degli uomini si accendono e si affievoliscono, ora brillano e ora sembrano
spegnersi; la mia luce, come quella dei miei simili, non è dunque la luce. Per
conseguenza, la mia ragione, ogni individuale intelligenza e ragione creata, sono
testimonianza dell’esistenza della luce assoluta (Michele Federico Sciacca).
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Dio, verità assoluta, trascende l’uomo, non è mai pienamente posseduta
dall’uomo e rimane sempre un mistero che in questa vita non è dato svelare, ma
riconoscere e amare.
La scoperta della verità non è la conclusione di un procedimento logico-sillo-
gistico e gnoseologico; è di natura intuitiva. Agostino non procede mai con sistema-
ticità deduttiva: egli parte sempre dalla coscienza e dall’esperienza interiore. L’iti-
nerario costante delle speculazioni agostiniane è questo:
cogitatio,
fides,
intellectus,
pensiero che indaga sul contenuto della fede e prende coscienza della verità di essa.
Dio è Colui che è, l’ Essere Assoluto; è Verità, è Bellezza e Bontà; quindi Egli è an-
che il criterio in noi dell’estetica e della moralità.
Bisogna ritornare alla sua vita inquieta e passionale, ai suoi incontri, alle sue ami-
cizie
e alla sua sapienza, per capire come avvenne la sua conversione al cristianesimo.
Insegnava a Tagaste. La morte di un giovane amico lo addolora profondamente
e fugge a Cartagine, dove il tempo e il conforto di altri amici sanano la profonda ferita.
Ma anche Cartagine gli diventa insopportabile e si trasferisce a Roma. Si am-
2
n. a
BBaGnano
– G. F
oRneRo
,
Protagonisti e Testi della Filosofia, vol. 1, Torino 1996, p. 533.