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Rappresenta la sintesi di dimensioni del reale quali l’es-
sere e il non essere, o soggetto e oggetto, che di per sé sof-
frono una condizione astratta o intellettualistica. E a sua
volta non è divenire di un ente. Osservo peraltro che il di-
venire spirituale gentiliano è la forma più radicale di di-
venire, in quanto creazione dell’oggetto e dello stesso sog-
getto creatore (autoctisi). In ciò l’attualismo si differenzia
dall’hegelismo. E abbraccia una concezione del divenire
che tende al non-divenire.
Alcuni interpreti del pensiero gentiliano sostengono che
il divenire ontologico, inteso come non essere dell’essere,
costituisca il fondamento dell’attualismo. A mio avviso
questa tesi va sfumata, non perché Gentile non condivida
la concezione tradizionale del divenire naturalistico quale
non essere dell’essere, né perché talvolta la sua gnoseo-
logia non si colori di tinte metafisiche, ma in ragione del
fatto che il processo conoscitivo o dinamismo spirituale
è da lui teorizzato come un divenire o come una dialettica
sui generis. Analogamente a quanto aveva fatto prima di
lui Hegel, in apertura della Logica.
In effetti il concetto di divenire impiegato da Gentile per
descrivere il pensiero deriva da un adattamento del con-
cetto classico di divenire, come accade anche nell’hege-
lismo. Il concetto tradizionale di divenire viene deco-
struito, scisso da ogni riferimento a qualsivoglia sostrato
in movimento (substanzlos) o successione temporale e ri-
dotto a divenire senza diveniente, a divenire assoluto.
Gentile, per far comprendere il significato di una no-
zione così originale, ne parla in termini di «movimento
senza massa» (La riforma dell’educazione, Laterza, Bari
1920, p. 127).
Questo concetto di divenire viene utilizzato da Hegel e da
Gentile in risposta a differenti esigenze sistematiche, da
un lato quella di individuare l’assoluto immediato, dal-
l’altro quella di illustrare la processualità spirituale (la lo-
gica e il divenire hegeliano sono indicati da Gentile ap-
punto quali «spiegazione del conoscere»). In particolare
il divenire consente a Gentile di conferire plausibilità al
problematico rapporto di soggetto e oggetto, ritenuti con-
traddittori ma identici. Eppure il concetto è del tutto ana-
logo.
Ragione per cui l’idealista Gentile poté a buon diritto, sul
punto specifico della dialettica, fregiarsi del titolo di ri-
formatore, cioè continuatore dell’hegelismo, anche se
preferì sottolineare principalmente il lato della disconti-
nuità.
Marco Berlanda
Filosofo, abilitato all'insegnamento
S
TUDI
Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582
P
arlare della filosofia dell’arte di Giovanni Gentile
significa parlare di filosofia. Potrebbe sembrare
un’ovvietà, ma in effetti non è così: non abbiamo a
che fare, infatti, con una di quelle che Franco Volpi chia-
mava, con ironica preoccupazione, «filosofie al geni-
tivo», ma con la filosofia in quanto tale, con la filosofia
pienamente dispiegata. È Gentile stesso a sottolinearlo,
nella breve Prefazione anteposta al volume dedicato a La
filosofia dell’arte: «questo – egli scrive – vuol essere un
libro di filosofia. L’ho detto anche nel frontespizio per av-
vertire i rispettabili critici della terza pagina, che questo
libro non è per loro. So bene che in gran parte l’Italia este-
tica è nelle loro mani; e io non ho nulla a ridire, convinto
come sono che essi dicano con molto garbo cose molto in-
teressanti. Soltanto, con tutto il rispetto che ho per loro,
mi permetto d’esprimere il parere che la loro estetica non
sia filosofia: almeno di quella che sappia il fatto suo»
1
.
Filosofia
Ecco, La filosofia dell’arte – che, nato, come molti altri
scritti del filosofo di Castelvetrano, da un corso di lezioni,
tenuto in questo caso all’Università di Roma nel 1927-
1928, uscì in prima edizione nel 1931 presso l’Editore
Treves, e che costituisce davvero un “momento capitale”
nello sviluppo dell’attualismo
2
– è precisamente un libro
nel quale Gentile propone una filosofia che sa davvero il
fatto suo, declinata sotto il segno dell’esperienza arti-
stica, ma non per questo meno energica dal punto di vi-
sta speculativo. Quando affronta il problema estetico
Gentile, mantenendosi coerente con l’ispirazione origi-
naria del proprio discorso, non si rivolge solo a un aspetto
specifico del proprio sistema, ma riprende e approfondi-
sce tutti i problemi della filosofia attualistica la quale, con-
siderata dal particolare punto di vista dell’arte, finisce per
uscirne «alquanto mutata d’aspetto»
3
.
Gentile e la
filosofia dell’arte
Giorgio Brianese
1. La filosofia dell’arte, Treves, Milano 1931; Sansoni, Firenze 1975
3
, p. V.
2. A. Negri,
L’estetica di Giovanni Gentile, L’epos, Palermo 1994, p. 167.
3. La filosofia dell’arte, cit., p. V.
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Pensare filosoficamente l’arte significa anzitutto rendersi
conto che l’opera d’arte, ove se ne voglia cogliere la qua-
lità specifica non riducendola a semplice “cosa”, non va
intesa in modo empirico e naturalistico, come un oggetto
che se ne sta lì, fuori di noi, inerte, e che può essere
fruito, in modo più o meno consapevole, da questo o
quell’individuo qualora s’imbatta in esso. L’opera d’arte
appartiene invece, come ogni altra realtà degna di questo
nome, alla dinamica inesauribile del pensare, all’autoctisi
del pensiero pensante in atto. Questo significa anche che
quella estetica è esperienza (cioè sviluppo, divenire) pie-
namente umana e, per ciò, questione anche filosofica-
mente ineludibile: «Il problema dell’arte non è una cu-
riosità, ma un vero e proprio problema, o problema
filosofico, non è accidentale, ma necessario. E se ne oc-
cupa la filosofia, perché se ne occupano tutti gli uomini.
E non possono non occuparsene, perché […] l’arte ap-
partiene a ciò che vi è di più intimo all’uomo […]. E come
l’uomo non può spogliarsi di se stesso, così non può pri-
varsi dell’arte, e non può non trovarla dentro di sé come
un aureo filo intessuto alla trama della sua vita»
4
.
Sentimento
Quello dell’arte è dunque problema filosofico e, per ciò,
problema umano. Problema, ossia «ostacolo che il pen-
siero deve superare per procedere oltre in quello svolgi-
mento in cui è la sua vita, anzi il suo stesso essere»
5
. Un
modo come un altro per dire che l’arte (l’arte come espe-
rienza complessiva dello spirito, ma anche ogni singola
opera che l’agire dell’artista rende possibile), se è davvero
tale, non si realizza mai in modo astratto, ma sempre e
solo come momento del divenire inesauribile dello spirito,
ossia di quella verità concreta del pensare in atto – «la ve-
rità del pensiero nel pensare quello che pensa attual-
mente»
6
– che è divenire, storia, libertà, e dunque presenza
attuale: lo spirito «è svolgimento […]. Esso né fu in prin-
cipio, né sarà alla fine, perché non è mai: diviene. Il suo
essere consiste appunto nel suo divenire, che non può
avere né un antecedente né un conseguente, senza cessar
di divenire»
7
. Una sorta di sempre nuovo e dinamico pre-
sente nel quale anche l’opera d’arte vede liberamente la
luce: perché «la libertà ha il suo regno nel presente, non
nel passato. E il presente è l’atto, che l’attualismo ha sol-
levato energicamente al di sopra del fatto. La libertà!
Con la libertà c’è tutta la ricchezza della vita dello spirito;
senza libertà, non c’è nulla»
8
. Nulla, nemmeno l’arte.
Quest’ultima differisce dalla filosofia, poiché con essa
«non si estende il dominio del nostro sapere […]. Il regno
dell’arte è il regno dell’immediatezza, in cui lo spirito si
muove senza uscire ancora da sé e rimane con se stesso
[…]. Perciò l’arte è stata paragonata al sogno, in cui lo
spirito vede e non giudica»
9
. Essa non è propriamente un
sapere, bensì piuttosto un sentire; come tale è indefinibile
e, in certo senso, incomunicabile: è «un non so che»,
«qualche cosa, che ognuno sente e nessuno sa dire preci-
samente che cosa sia»
10
. Poiché un sentimento che di-
venga oggetto di conoscenza non è più tale, «è indubbio
che sentimento e pensiero sono inconciliabilmente ne-
mici: la tenebra e la luce»
11
. Di più: a ben guardare, il sen-
timento, che è linfa vitale dell’esperienza artistica, ha
una sorta di priorità persino rispetto al pensiero, come sug-
geriscono a esempio le parole con le quali si conclude La
filosofia dell’arte: «Il pensiero, sì, è la realtà, il mondo;
ma l’Atlante che regge questo mondo in cui si vive e in
cui vivere è gioia, è il sentimento, che ci fa talora cercare
le maggiori opere d’arte come fonti di vita, ma ci fa rien-
trare sempre in noi stessi ad assicurarci che il mondo si
regge saldamente sulle sue fondamenta»
12
.
Anche per questo è proprio il sentimento a costituire «il
concetto centrale della filosofia dell’arte attualistica»
13
.
Perché «chi dice sentimento dice pensiero, e chi dice
pensiero dice sentimento. Il pensiero non esce, non può
uscire mai da sé; ma dentro di sé incontra il sentimento:
è sentimento. Né pensiero potrebbe essere non essendo
sentimento. Il pensiero incontra in se medesimo il senti-
mento»
14
. Anche il sentimento, che anima il pensiero, è
per ciò intimamente dialettico e dinamico: «non è uno
stato, ma, anch’esso, è un processo, un movimento. C’è
in quanto prima non c’è e si forma e si acquista»
15
; anche
per questo Gentile può affermare che «l’arte è un mo-
mento ideale dello spirito, non è un’attualità storica»
16
.
Se non può essere pensato concettualmente, tuttavia, in ra-
gione della sua intima dialetticità
il sentimento ha una af-
finità profonda con il divenire del pensiero: è un divenire
nel divenire, appartiene anch’esso al tutto che diviene in
modo inesauribile; anzi, in certo senso il sentimento si
identifica con il tutto medesimo, se è vero che «la storia
del sentimento è la storia di tutto lo spirito»
17
.
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TUDI
Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582
4. Ibi, pp. 5-6; corsivo mio.
5. Ibi, p. 13.
6. L’attualismo, a cura di G. Brianese, La Nuova Italia, Firenze 1995, p. 18.
7. Ibi, p. 38.
8. Introduzione alla filosofia, Sansoni, Firenze 1981, p. 243.
9. Ibi, pp. 126-127.
10. La filosofia dell’arte, cit., p. 152.
11. Introduzione alla filosofia, cit., p. 42.
12. La filosofia dell’arte, cit., p. 321.
13. A. Negri,
Giovanni Gentile, La Nuova Italia, Firenze 1975, vol. I.
14. Introduzione alla filosofia, cit., pp. 47-48, corsivo mio.
15. Ibi, p. 44.
16. Ibi, p. 131.
17. La filosofia dell’arte, cit., p. 181.
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