76
Manuela Girgenti
Solo così, per il filosofo di Padova, all’interno di una società potrà essere as-
sicurata la pace, la giustizia e il benessere, poiché le leggi che la guidano sono fina-
lizzate al raggiungimento degli obiettivi che essa persegue nell’universale «giudizio
di quanto è giusto e civilmente vantaggioso e del suo opposto».
66
Ma contro coloro
che ostacolano la società nel suo cammino verso il benessere generale, la legge deve
anche contenere un precetto coattivo e immediato.
Naturalmente non tute le leggi possono rispondere universalmente a norme di
giustizia ( lex imperfecta), poiché
talvolta diventano legge conoscenze false di ciò che giusto e vantaggioso,
quando viene emanato un comando per la loro obbedienza, oppure quando
vengono fatte grazie al comando; così come è evidente nelle regioni di alcuni
popoli barbari che ritengono giusto che un omicida sia assolto completamente
dalla colpa e dalla punizione civile pagando un certo prezzo per un tale delit-
to, benché questo sia semplicemente ingiusto e, di conseguenza, le loro leggi
assolutamente imperfette.
67
Ora, secondo Marsilio, una legge anche se imperfetta, priva di una condizio-
ne richiesta, cioè del vero e proprio ordinamento di ciò che è giusto, possedendo il
comando coattivo di obbedienza ad essa, richiede la sua osservanza. Spetterà alla
sovranità della Universitas civium attivare le procedure necessarie, affinché certe de-
cisioni attinenti al bene comune possano essere abrogate o corrette. In ogni caso, la
legge può essere solamente disattesa, quando entra in contrasto con la legge divina,
poiché se l’imperatore comandasse alcunché di contrario alla legge della sal-
vezza eterna, ossia all’esplicito precetto di Dio, in questo non si dovrebbe ob-
bedire all’imperatore; e se il papa stabilisse alcunché secondo questa legge,
ossia la legge divina, sebbene non possa costringere nessuno nel mondo pre-
sente a obbedire alla legge divina, bisognerebbe obbedire a lui piuttosto che
all’imperatore.
68
Marsilio, dunque, è per una netta divisione dei poteri. Al sovrano spetta quello
temporale, mentre al Papa solo ed esclusivamente quello spirituale. Alla chiesa, alla
casta sacerdotale bisogna solo guardare come guida spirituale e come modello nel
cammino verso Dio, poiché l’ Universitas fidelium è la vera sponsa Christi e non la
gerarchia ecclesiastica. Il messaggio di Cristo – sostiene Marsilio – è stato unica-
mente di carattere spirituale; non si è mai arrogato il diritto di un potere coattivo con-
tro coloro che contrastavano la sua volontà o che si opponevano contro il suo mes-
66
i
D
., Il difensore della pace, I, cap.10, 3, Bur, Milano 2001, p. 103.
67
Ibid., p. 105.
68
Ibid., II, cap.V. 4, p. 375.
77
Il concetto di giustizia nell’età antica e medievale
saggio religioso.
69
L’uso indiscriminato della scomunica, da parte dei vescovi, oltre
ad invadere i poteri dello Stato laico, rappresenta una grave lesione dei diritti civili di
ogni uomo, poiché ingiustamente lo esclude dalla Universitas civium, depredandolo
spesso delle sue proprietà e della sua stessa vita. Poiché, per Marsilio, è solamente
il governante, per concessione del legislatore, che ha giurisdizione su tutti i casi in
cui nella vita presente si ricorre ad una forma di costrizione, esercitando un giudizio
coattivo e infliggendo pene nella persona e nei beni; spetta a lui, di conseguenza, «la
facoltà di esercitare il proprio giudizio coattivo sugli eretici e su qualsiasi altro infe-
dele o scismatico, nonché il potere di infliggere loro pene nella persona e nei beni».
70
Ma ciò, per Marsilio, potrebbe essere poco opportuno, poiché tocca solamente
a un tribunale divino giudicare coloro che peccano contro la legge di Dio. Infatti,
«Cristo volle e stabilì che tutti i trasgressori della legge divina fossero giudicati con
giudizio coattivo e puniti solo nella vita futura e non in questa».
71
Compito dei vesco-
vi, dunque, «non è quello di ergersi a giudici, ma di insegnare, esortare, riprendere e
correggere coloro che peccano contro la legge divina e, in particolare, nell’atterrirli
con un giudizio che prevede la loro dannazione e la punizione che riceveranno nella
vita futura dell’unico giudice coattivo secondo la legge divina, ossia Cristo».
72
Quantunque innovativa sul piano del costituzionalismo, della sovranità popo-
lare e, quindi, della giustizia sociale, il pensiero di Marsilio Ficino resterà pressoché
inascoltato; anche perché
la realtà politica e sociale del tempo procedeva oramai, sia pure fra contrasti e
contraddizioni, verso forme assolutistiche e di potere personale, svincolate dal
controllo popolare; un panorama inadatto a cogliere la novità anticipatoria del
pensiero di Marsilio nella sua proclamazione, senza riserve, dell’autonomia
della città dell’uomo.
73
69
G. M
aGLio
, Autonomia della città dell’uomo e religione in Marsilio da Padova, Verona 2003.
70
M
aRsiLio
Da
P
aDova
, Il difensore della pace, cit., II, X, 1, p. 495.
71
Ibid., p. 497.
72
Ibid.
73
G. M
aGLio
, L’idea costituzionale nel Medioevo, cit., p. 161.
Giuseppe Allegro
Medioevo e teologia. Scienza e ricerca di Dio
Nei riguardi del Medioevo si sono compiute, nel lontano ma anche nel recen-
te passato, operazioni culturali che, partendo da presupposti ideologici di diverso
orientamento, hanno di fatto ricercato in quei secoli la conferma dei propri assunti,
mediante il reperimento di prove testimoniali, documenti, fonti o mediante la loro
interpretazione forzata. Perciò deve continuare quel processo di abbattimento di una
serie di pregiudizi che ancora oggi, nonostante decenni di studi e di serie ricerche,
oscurano la comprensione della cosiddetta Età di mezzo. Il primo fra questi, come
rilevava a suo tempo, con una analisi ancora valida, De Lubac nel suo capolavoro
Esegesi Medievale,
1
è «il luogo comune della ingenuità del Medioevo», un pregiudi-
zio che sta alla radice di atteggiamenti «di disprezzo o di scherno verso gli uomini di
quel tempo», e che porta a considerare anche i più grandi medievali – con quel senso
di superiorità che contraddistingue chi si considera “moderno” – quasi come dei
“grandi bambini”. Un altro pregiudizio è il punto di vista “troppo finalista” che tende
a spiegare tutte le sintesi del passato con le nostre sintesi attuali, come se gli autori
del Medioevo fossero vissuti solo per preparare il terreno alla modernità, collegando,
come un ponte, l’antica età Classica al Rinascimento. Il terzo pregiudizio, che qui
ci interessa più da vicino, è quello “teologico”, per il quale il rapporto certamente
stretto fra Medioevo e teologia si trasforma, agli occhi sia degli estimatori che dei
denigratori di turno, in una identità (Medioevo è teologia), e legge il pensiero me-
dievale come un insieme di dottrine non autonome, ma tutte sbilanciate sul versante
teologico. Da qui la lettura della filosofia come mera ancilla theologiae).
Rispetto a quest’ultimo punto, comincerò con il proporre un ripensamento
del tema bonaventuriano della reductio artium ad theologiam che apparentemente
sembra andare proprio nella direzione di una svalutazione delle scienze profane e
della esaltazione del ruolo della teologia, ma che invece, ad una attenta disamina,
apre prospettive diverse. A questo scopo possiamo fare riferimento all’analisi che ne
1
H. D
e
l
uBac
, Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura. Milano, Edizione Paoline -
Jaca Book 2006, 4 volumi (prima ed. francese a partire dal 1953).
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