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Manuela Girgenti
vita sia gravata da una maledizione.
La vita, anzi, è bellissima e Dio vuole che l’uomo gioisca di tutte le cose belle
di cui la terra è piena (
e Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era cosa molto
buona, Genesi: 1,31). Né l’ebraismo ha mai considerato il corpo come cosa impura o
gli aspetti umani come radicati nel male (
l’uomo farà lieta la moglie che ha sposato,
Deuteronomio: 24,5). Il corpo umano, ogni corpo umano, è il sacro vaso in cui si cela
una scintilla divina, l’anima, e come tale bisogna conservarlo in ottima salute. Nel
giudaismo, inoltre le distinzioni fra ebrei e non ebrei sono solo di ordine religioso e
non esistono distinzioni sociali o politiche. Bisogna, infatti, ricordare che, secondo
la religione ebraica, Israele è stato scelto per rivelare l’amore che Dio porta a tutta
l’umanità, ragion per cui l’uomo deve proporsi di allontanare da sé tutto ciò che
contrasta col volere di Dio e, nello stesso tempo, di consacrarsi al suo servizio, resi-
stendo a tutti quegli impulsi che fanno dell’egoismo l’essenza della natura umana. In
poche parole: di obbedire a un’etica incentrata sul servizio del prossimo.
I precetti e le prescrizioni, presenti copiosamente nei testi sacri giudaici, non
servono solamente a coltivare e sviluppare le più elevate qualità umane, ma conten-
gono una carica di dinamismo morale, capace di trasformare l’individuo e, per suo
tramite, la società di cui egli fa parte. A fondamento della morale troviamo, infatti,
l’equità e la giustizia, che deve estrinsecarsi nell’accettazione dei doveri, special-
mente nei riguardi del povero, del debole, del derelitto, amico o nemico che fosse.
Un senso della giustizia che deve anche manifestarsi nella maniera di concepire i
beni terreni, poiché il loro possesso deve considerarsi non come un diritto naturale,
ma come un debito con Dio. Sotto questo aspetto, l’etica nel pensiero giudaico si ma-
nifesta, in contrasto con tutti i codici dell’antichità, in tutta la sua originalità, poiché
la
Torah oppone alla difesa della proprietà il concetto di protezione della personalità.
«Il massimo della virtù umana – scrive Maimonide – sta nell’assimilarsi a
Dio secondo le possibilità dell’uomo, ossia nel rendere i nostri atti simili ai Suoi».
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Secondo il filosofo di Cordova, è solo attraverso l’azione etica che l’uomo può co-
noscere Dio e portare a compimento la missione per cui è stato creato: imitare e
assimilarsi a Dio. La religione ebraica è, dunque, «la religione dell’atto, dell’azione,
non
la religione del dogma, della teoria».
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Ne deriva, così, che l’azione ricopre un ruolo superiore a quello svolto dalla
teologia
con i suoi dogmi, poiché
conoscere Dio non vuol dire capirne intellettualmente l’essenza, ma seguirlo
nelle sue vie, fare quello che egli fa o che ordina che si faccia. Seguire Dio nel-
le sue vie presuppone, dunque, che l’uomo possegga un grande spessore mora-
le e che la sua azione scaturisca da una volontà altamente etica. Conoscere Dio,
51
M
aiMoniDe
,
La guida dei perplessi, Utet, Torino 2003, p. 202.
52
D. L
attes
,
L’idea di Israele, Firenze 1999, p. 72.
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Il concetto di giustizia nell’età antica e medievale
infatti,
vuol dire adempiere al bene, amare Dio vuol dire amare gli uomini.
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L’azione presuppone, quindi, un atteggiamento etico dell’uomo, rivolto non
esclusivamente a Dio, ma a tutto il creato e, in particolar modo, agli uomini. La vera
conoscenza di Dio – afferma più volte Maimonide – è la conoscenza non del suo
essere, ma della sua attività: l’uomo può conoscere di Dio, in senso positivo, soltanto
quegli attributi che sono definibili come “attributi d’azione”, cioè il fatto che egli ama
gli uomini ed esercita giustizia verso di loro. La conoscenza di Dio, di conseguenza,
non isola l’uomo solamente nella contemplazione, ma lo spinge anche a tornare tra gli
uomini per vivere con loro e per insegnare loro la verità. Dio rappresenta il modello
delle azioni umane e l’uomo assume Dio come suo modello, quando, amandolo più
di ogni altra cosa, agisce nel mondo amando le sue creature e praticando la giustizia
verso di esse. È solo attraverso l’osservanza della Legge, animata dalla conoscenza-
amore di Dio, che gli esseri umani possono contribuire all’attuazione di un’età in cui
il nome divino sarà riconosciuto da ogni popolo e da ogni individuo.
Ogni essere umano che agisce secondo carità ed equità nei confronti degli altri
uomini, innanzitutto coloro che gli sono prossimi, affretta – secondo Maimonide –
quell’era messianica che riguarderà, infine, tutta l’umanità. È chiaro, a questo punto,
che il problema fondamentale dell’ebraismo non è quale sia l’azione giusta né quale
sia l’intenzione giusta, ma quale è il modo di vivere giusto. Ne deriva che l’ebraismo
ha una visione integrale e individuale della vita dell’uomo, di maniera che la sfera
interiore non è mai distaccata dalle azioni.
Viceversa, la causa dell’insuccesso dell’etica nella
vita individuale e sociale
deriva dal fatto che, mentre ammiriamo gli ideali, tralasciamo di procurarci i relativi
strumenti per raggiungerli. Per Maimonide, le
mizvoth sono i veicoli, gli strumenti
con i quali avanziamo verso la realizzazione dei fini spirituali e dei valori. Le idee
si devono convertire in azioni, le intuizioni metafisiche in disegni per l’azione, i
principi più elevati devono essere rapportati alla condotta di tutti i giorni. La Legge
è, quindi, strumento propedeutico per il conseguimento di rette opinioni, in quanto
le opinioni non durano se non sono accompagnate da azioni che le fortificano e le
perpetuano nella massa.
Di conseguenza, la legge e i precetti non sono «una cosa vacua e senza fine
vantaggioso, e se a voi sembra che in uno dei precetti le cose stiano così, la man-
chevolezza sta nella vostra comprensione»
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e, pertanto,«il complesso dei precetti
ha necessariamente una causa ed è stato fissato in vista di una qualche utilità».
55
La
Legge, dunque, è di per sé una forza pedagogica che conduce alla perfezione etica ed
53
Ibid.,
p. 59.
54
M
aiMoniDe
,
La guida dei perplessi, cit., p. 611.
55
Ibid., p. 612.