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ACQUI TERME
L’ANCORA
3 SETTEMBRE 2017
Acqui Terme. Ero appena entrato
nell’ordine delle idee di ritornare sul-
l’argomento “apicoltura” iniziato su
L’Ancora del 24 marzo e del 7 aprile
2013 (“L’allevamento delle api: una so-
cietà strutturata su organizzazione e la-
voro”, “Ape regina: una sola per alvea-
re. Forte efficiente e prolifica”, “Il miele:
da sempre dolce forza della natura”,
“Le api operaie compiti diversi e speci-
fici”) quando sulla rubrica “Tuttolibri” de
La Stampa del 15 luglio viene presen-
tato da Ester Armando un saggio “Il
Tempo delle api – Lezioni di vita dal-
l’alveare” del biologo canadese Mark L.
Winston – Traduzione di Allegra Panini,
Editore Il Saggiatore.
Una intera pagina del giornale con
questi titoli e sottotitoli: Biologia/ la per-
fetta armonia degli insetti- Il paradiso
esiste l’hanno inventato le api – Uno
scienziato racconta vita, lavoro, orga-
nizzazione degli alveari.
E dimostra che hanno molto da in-
segnarci: dall’arte del dialogo alla ge-
stione del tempo - Operaie specializ-
zate nel fare bene una cosa alla volta
per non sacrificare né riposo né rela-
zioni sociali- I problemi si risolvono
con la collaborazione: e la risposta
strategica alle avversità è la «resilien-
za».
“Il tempo delle api – secondo Ester
Armando – oltre che essere un’appas-
sionata e rigorosa opera di divulgazio-
ne scientifica è anche e soprattutto un
libro sul dialogo”. «Per avviare un dia-
logo», infatti, «occorre la stessa atten-
zione che serve quando si entra in un
apiario».
Stare in mezzo alle api è un’espe-
rienza totalizzante. A essere notevole
non è tanto che le api stiano morendo,
ma il fatto che fino ad oggi siano riu-
scite a sopravvivere e prosperare in
ambienti sempre più inospitali.
Il saggio è strutturato in 11 capitoli:
- 1Partiamo dalle api, - 2 Miele, -3 Api
assassine, - 4 Mille piccole ferite, -5
Valorizzare la natura, -6 Api in città, -7
C’è qualcosa di più grande di Phill, - 8
Arte e cultura, - 9 Essere sociali, - 10
Conversare, - 11 Lezioni dall’alveare.
Da una prima veloce lettura riporto al-
cuni passi più significativi.
L’ape operaia appena nata si dà da
fare come pulitrice, riassettando il suo
nido e quello delle sorelle, alcuni gior-
ni dopo diventa cuoca e nutrice, passa
alla lavorazione del cibo, poi si dedica
alla costruzione del favo, a circa venti
giorni entra nell’esercito, a guardia del
nido e dopo due giorni di servizio mili-
tare incomincia il suo ultimo lavoro co-
me bottinatrice, andando in cerca di
piante da impollinare.
Per la produzione di un singolo vaso
di miele decine di migliaia di api per-
corrono nel complesso più di ottanta-
cinquemila chilometri e visitano oltre
due milioni di fiori fino a consegnarci
“una piccola istantanea di ogni località
d’origine” in cui è stato catturato il tem-
po atmosferico, la vita vegetale, la to-
pografia, fiori selvatici estivi o autunnali
e una relazione speciale e profonda
con gli apicoltori e la loro cultura loca-
le.
Avevo concluso il mio racconto del
2013 con una espressione a proposi-
to del comportamento drastico dell’al-
veare in merito alla gestione della so-
stituzione degli elementi deboli non più
idonei : “un trattamento politicamente
scorretto… ma funzionale”; forse la
cancellai oppure nemmeno la scrissi.
Salvatore Ferreri
Stare in mezzo alle api
esperienza totalizzante
Spostai il coperchio dell’arnia. Le
api erano sorprendentemente calme,
tranquille, intente al loro lavoro. Non ci
fu alcun assalto. Il mio timore svanì e
incominciai a porre attenzione ai movi-
menti nell’arnia. Stare in mezzo alle
api è un’esperienza totalizzante.
Prima senti il suono, il brusio grave
prodotto da decine di migliaia di ope-
raie che si spostano dentro le arnie e
fuori, tutte impegnate a volare intorno
all’apiario per trovare i propri punti di ri-
ferimento e dirigersi con sicurezza, let-
teralmente in fila una dopo l’altra, ver-
so i fiori rigogliosi.
I sensi vengono bombardati dagli
odori, il profumo dolce della cera e del
miele, dalle resine raccolte dalle ope-
raie.
A una prima occhiata l’arnia appare
un luogo di grande fermento e com-
plessità. L’attività di gran lunga più co-
mune è l’interazione. Due api si tocca-
no freneticamente antenne, zampe e li-
gule; alla base di tutte le loro percezio-
ni fisiche ci sono collaborazione e ordi-
ne, comunicazione e ricerca di uno
scopo condiviso: ogni ape lascia che la
sua individualità resti in secondo piano
per il bene della colonia.
L’affascinante mondo delle api
ACQUI TERME
Alla vigilia del mio pensionamento nella
struttura di lavoro da me coordinata si
venne nella determinazione di organizza-
re un incontro tecnico sulla “Apicoltura”.
Al dr. Mauro Minetti, responsabile del
Servizio “Produzioni Animali” che lʼaveva
intitolato “Convegno Provinciale di Apicol-
tura”, proposi di aggiungere la parola “Pri-
mo” a voler significare lʼimportanza della
materia trattata, lʼintenzione e lʼauspicio di
poter tornare periodicamente sullʼargo-
mento.
È un settore affascinante che comporta
un interesse economico ma coinvolge an-
che dal punto di vista naturalistico, ecolo-
gico, sociologico ed etologico.
Pertanto cercherò di riportare quanto
sono riuscito ad apprendere sul mondo
delle api e su come si rimane meraviglia-
ti ed ammirati da questi insetti che vivono
in società ben strutturate e ben governa-
te. Pendolare per tanti anni sullo stesso
treno per Alessandria viaggiava anche il
Dr. Roberto Barbero, agronomo, esperto
di apicoltura ed anche apicoltore, respon-
sabile dellʼAssociazione Aspromiele della
Coldiretti che con grande cortesia, com-
petenza e disponibilità, su mie richieste e
sollecitazioni, raccontava la vita delle api
e mi aggiornava sui problemi e sulle so-
luzioni dellʼapicoltura locale, regionale,
nazionale.
Tanti inoltre i “racconti” delle esperien-
ze, accumulate nel tempo, di singoli api-
coltori, per esempio Bovio di Rivalta Bor-
mida, che mi ripeteva quanto a sua volta
aveva appreso da un esperto apicoltore,
il compaesano Morbelli.
Tanti anche i contatti con appassionati
apicoltori illustri come il parroco di Rical-
done, il compianto Don Bruna (lo conobbi
quando una alluvione degli anni settan-
ta gli portò via gli alveari a Mioglia, che ri-
pristinò subito ad Alice Bel Colle) e lʼono-
revole Giovanni Traversa, fondatore e pre-
sidente della federazione provinciale Col-
diretti di Alessandria, che soleva aggior-
nare a Roma i colleghi parlamentari sulla
operosità delle centinaia di migliaia di
“operaie” nei suoi alveari di Castelnuovo
Bormida; tra i giovani appassionati di api-
coltura il geom. Ghiazza, attuale presi-
dente del Consiglio Comunale di Acqui
Terme.
Nel 2004 in Italia operavano 1.070.000
alveari; nel 2011 gli alveari erano
1 110.488. La gestione ed il governo di
o
livello nazionale riscontriamo una produ-
zione totale, considerata buona, di 23.000
tonnellate di miele nel 2010, mentre nelle
annate successive si riscontrano diminu-
zioni del 50% nel 2011 ed ancora un 20%
nel 2012.
I dati definitivi del 6º Censimento del-
lʼAgricoltura riportano la presenza nel
2011 di allevamenti di api in Piemonte per
un totale di 858 aziende agricole con un
totale di 132.000 alveari; in particolare:
Provincia di Torino aziende n. 229, Cuneo
211; Alessandria 99; Novara 98; Asti 86;
V.C.O. 51; Vercelli 46; Biella 38. Il Pie-
monte è la seconda regione per numero
di alveari, dopo la Lombardia.
Caratteri zoologici. Le api sono degli
insetti (famiglia Hymenoptera) che vivono
in colonie o società costituite da individui
appartenenti a tre caste: regina, operaie,
maschi o fuchi. In Italia domina lʼApis mel-
lifica ligustica, apprezzata per bellezza, la-
boriosità, mansuetudine, resistenza ai
saccheggi ed alle malattie. È considerata
la migliore del mondo.
Sono insetti a metamorfosi completa
con periodo larvale, quindi di crisalide e
adulto.
Lʼalveare è lʼinsieme degli individui che
formano la colonia, arnie sono le loro abi-
tazioni naturali od artificiali, favi le loro co-
struzioni cerose.
Nelle celle costituenti i favi si compie il
loro sviluppo e vengono posti in serbo il
miele ed il polline necessari per i bisogni
alimentari della comunità.
Ape Regina. È la madre di tutte le api
p
ti nellʼ l
Si sviluppa da una
l
Operaie. Formano il grosso dellʼalvea-
re. La loro vita è breve: un mese circa. La
loro funzione è attendere alla fecondazio-
ne della regina; loro compiti: allevamento
e riscaldamento delle covate, pulizia, di-
fesa, ventilazione dellʼalveare, raccolta e
sistemazione nei favi del nettare e del pol-
line, approvvigionamento dellʼacqua, rac-
colta della propoli.
Fuchi. Sono presenti dalla primavera
allʼautunno. La loro funzione è attendere
alla fecondazione della regina.
Miele. È il prodotto della elaborazione
del nettare dei fiori, sostanza zuccherina
predigerita, di grande potere energetico e
nutritivo. Produzione media per alveare
Kg. 10-15 a livello di ambiente normale
nazionale mentre in località particolar-
mente nettarifere ed appropriate condi-
zioni ambientali la media è di 25-30 chilo-
grammi per alveare.
Cera. È prodotta durante uno speciale
stato di riposo dopo lʼingestione di una no-
tevole quantità di miele; in media occorro-
no Kg.8-10 di miele per la produzione di
Kg. 1 di cera.
Pappa reale. Sostanza particolarmen-
te ricca e complessa che costituisce
esclusivo nutrimento: di larve della colo-
nia dalla schiusa al terzo giorno di vita; di
larve scelte per diventare regine, fino al
quinto giorno di vita; della regina della co-
lonia per tutta la sua vita.
Impollinazione. Funzione indispensa-
bile nel mondo vegetale. La presenza del-
le api costituisce un presidio ecologico ed
un importante osservatorio di difesa am-
bientale.
Su ciascuno di questi capitoli torneremo
ancora trattandosi di una materia vasta e
storica che è stata oggetto di osservazio-
ni nelle antiche civiltà e di studi ed aggior-
namenti sui volumi di ogni scienza e di
ogni età.
Scadenze. Concludiamo questo primo
approccio alla materia ricordando che en-
tro il 2 aprile 2013 possono essere pre-
sentate alla Provincia di Alessandria - Di-
rezione Politiche Agricole e Promozione
Territorio - Via dei Guasco 1, le domande
di contributo per acquisto arnie. Possono
presentare domanda i produttori apistici
iscritti alla Camera di Commercio, con
partita IVA apistica e con alveari regolar-
mente denunciati - numero minimo 52 al-
veari.
Lʼacquisto minimo e di 30 arnie (spesa
2
L’allevamento delle api: una società
strutturata su organizzazione e lavoro
L
I nostri piccoli centri urbani sono immersi
nel verde, un mare di campi coltivati (col-
ture erbacee ed arboree), prati, boschi e
pertanto api selvatiche ed api allevate
rientrano nella normalità e nella storia; in-
vece le api presenti ed operative nelle
grandi città, nei grandi agglomerati urbani
costituiscono una piacevole, positiva no-
vità.
Nel saggio “Il tempo delle api – lezioni di
vita dall’alveare” di Mark L. Winston tro-
viamo un interessante capitolo dedicato
alle “Api in città”.
E’ una piccola area di pace urbana, un
giardino pensile di circa 200 metri quadrati
sulla terrazza di un hotel a tre piani. E’ sta-
to uno dei primi tetti a Vancouver a tra-
sformarsi in giardino e ora vanta sessan-
ta varietà tra piante aromatiche, ortaggi e
alberi da frutto, oltre a germogli comme-
stibili impollinati dalle api provenienti da
arnie collocate in un angolo del giardino.
L’apicoltura urbana è praticata sui tetti
della catena di hotel Fairmont in Canada e
anche San Francisco, Washington DC
Newport Beach, Dallas, Seattle e Boston.
Molte alte strutture a quattro e cinque stel-
le vantano ormai le loro arnie, tra cui lo
storico hotel Wandorf-Astoria di New York,
il Royal Lancaster di Londra e l’Eiffel Park
Hotel di Parigi.
La Francia è un altro centro importante
di apicoltura urbana perché il governo na-
zionale incoraggia l’allevamento delle api
in tutte le città del paese. Parigi è partico-
larmente amica delle api, con arnie pen-
sili che spuntano dai tetti di hotel lussuosi
e grattacieli, e si possono trovare anche
nel noto Jardin di Luxemburg. Il miele pro-
dotto dalle api cittadine, inoltre, è diventa-
to di moda, infatti i ristoranti servono piat-
ti caratterizzati dall’inconfondibile sapore
del miele.
Nell’agricoltura in città (The Urban Food
Revolution) le api sono un elemento ne-
cessario dal momento che la stragrande
maggioranza della frutta e della verdura
ha bisogno dell’impollinazione delle api.
Relativamente alle realtà metropolitane
italiane abbiamo riscontrato sui giornali i
primi servizi in merito: 1) “Italia che cam-
bia” del 24 marzo 2014: Apicoltura urba-
na a Torino. 2) “Il Giorno” del 26 gennaio
2016 Allevare le api sul balcone di casa; lo
spirito verde conquista la città, Milano
adotta arnie. 3) Repubblica Ambiente,
Roma 3 luglio 2016: Crescono gli apicol-
tori urbani- Nonostante la melissofobia, la
paura delle api, diffusa tra chi abita in cit-
tà vari apicoltori tengono alveari su balco-
ni e terrazze in città, anche se i numeri so-
no piccoli rispetto per esempio a quelle di
Berlino.
Le api in città offrono un modello su cui
riflettere riguardo a come sia possibile
conciliare le necessità umane e quelle
delle altre specie con cui condividiamo il
pianeta e da cui dipendiamo per così tan-
ti aspetti.
Salvatore Ferreri
Resilienza – Mille piccole ferite
In ecologia e biologia “resilienza” è la capacità di una materia vivente
di autoripararsi dopo un danno, o quello di una comunità o di un siste-
ma ecologico di tornare al suo stato iniziale, dopo essere stata sotto-
posta a una perturbazione che ha modificato quello stato (Wikypedia).
Le api domestiche stanno morendo in tutto il mondo e questo fenome-
no disastroso ha implicazioni economiche gravi per l’apicoltura ed i rac-
colti, ma rappresenta anche una tragedia immensa.
SSA Sindrome spopolamento alveari
(CCD Colony Collapse Disorder)
La perdita delle api domestiche e la riduzione, in parallelo, delle popo-
lazioni selvatiche costituiscono un insieme incredibilmente complesso
di perturbazioni ambientali che finisce per raggiungere un punto estre-
mo, oltre la quale la sopravvivenza diventa molto difficile.
Forse la scoperta più interessante è rappresentata dal fatto che pesti-
cidi e malattie non letali se considerati singolarmente, possono ucci-
dere le api agendo insieme. Il declino pertanto non è dovuto a un fat-
tore unico, che può essere controllato dalla resilienza, ma a molte cau-
se che reagiscono tra di loro, mille piccole ferite.
Letteratura
Virgilio, “Georgiche”, libro IV, vv.8-12 e 18-20
All’inizio una sede per le api e un quartiere bisogna cercare, dove i
venti non abbiano accesso (perché i venti impediscono il trasporto del
cibo nella casa) e le pecore e i capretti ruzzanti non calpestino i fiori, o
vagando una giovenca per il campo non scuota la rugiada dai rami e
non calpesti l’erba nascente. …Invece le limpide fonti e stagni verdeg-
gianti di muschio siano vicini, e sottile in fuga tra l’erbe un rigagnolo;
una palma l’ingresso o un grande oleastro ombreggi.
William Butler Yeats – “L’isola del lago di Innisfree”
Io voglio alzarmi ora, e voglio andare, andare ad Innsfree e
Costruire là una capannuccia fatta d’argilla e vimini:
nove filari e fave voglio averci, e un alveare,
e vivere da solo nella radura dove ronza l’ape.
Personale ricordo scolastico- “Lu labbru” Giovanni Meli poeta siciliano
Dimmi, dimmi, apuzza nica (dimmi apetta piccolina)
Unni vai cussì matinu? (dove vai così presto di mattino)
Nun c’è cima chi arrusica (non c’è cima che si colora)
Di lu munti a nui vicinu. (della montagna a noi vicina)…
S.F.
20
ACQUI TERME
L’ANCORA
7 APRILE 2013
Lʼape regina nasce da un
uovo fecondato, si sviluppa da
una larva selezionata dalle api
operaie, dalle quali viene nutri-
ta per un lungo periodo di tem-
po con pappa reale, una se-
crezione delle ghiandole pre-
senti sul capo delle giovani
operaie. Si sviluppa più com-
pletamente delle operaie, che
rimangono sessualmente im-
mature, in una cella particolare
detta reale, più grande delle
celle ordinarie, che viene rin-
chiusa nella parte superiore
con cera. Quando lʼape regina
è pronta, dopo sedici giorni,
esce aprendosi un varco nella
parte superiore della cella. Se
la cella risulta aperta su un la-
to vuol dire che la regina ver-
gine è stata uccisa da una ri-
vale. Le regine vergini una vol-
ta emerse se non sono bloc-
cate dalle operaie possono
raggiungere rapidamente ed
uccidere le regine rivali mentre
sono ancora allʼinterno delle
loro celle.
La regina si distingue per la
statura maggiore, per la sago-
ma svelta ed elegante, per la
colorazione chiara e brillante
dellʼaddome. È la sola femmi-
na perfetta della colonia; ap-
pena si esauriscono le qualità
depositrici la regina viene sop-
pressa e sostituita con altra ef-
ficiente.
In una giornata soleggiata e
calda la regina vergine so-
pravvissuta in una famiglia vo-
la e si accoppia con 12-15 fu-
chi. Se non riesce ad accop-
piarsi (causa poco tempo a di-
sposizione o maltempo) di-
venta regina fucaiola in quan-
to depone uova da cui nasco-
no solo fuchi; è la fine di una
famiglia in quanto le api ope-
raie non hanno più uova e lar-
ve neonate da cui allevare
una nuova regina e non vi sa-
rà più il ricambio delle operaie
stesse. Appena comprendono
che la regina non è più effi-
ciente le api operaie possono
tentare di sostituire la regina
se le condizioni metereologi-
che permettono un nuovo vo-
lo nuziale e se vi sono abba-
stanza fuchi.
L
tituzione della vec-
c
gine non rientra da un volo nu-
ziale, le api possono supplire
con una di queste di riserva.
Una famiglia orfana che non
ha larve di meno di quattro
giorni non può fare sviluppare
una regina di emergenza.
Per poterla rintracciare (nel-
le ispezioni periodiche) con fa-
cilità in una famiglia di 60.000-
80.000 api, la regina viene
marcata con un pennarello co-
lorato o con dischetti incollati
sopra la nuca (il colore per-
mette di indicare lʼanno di na-
scita, mediante dei codici pre-
stabiliti).
Lʼallevamento artificiale del-
le api regine è condotto dal-
lʼapicoltore per avere a dispo-
sizione regine per nuove fami-
glie ma è anche possibile la
vendita delle singole regine. Ci
sono aziende apistiche con in-
dirizzo produttivo impostato
principalmente nellʼallevamen-
to di api regine che vengono
spedite in tutta Italia da aprile a
fine settembre.
Sono allevamenti con trac-
ciabilità e con analisi morfo-
metriche delle madri usate, im-
postate su attenta selezione e
sul miglioramento della qualità
delle api attraverso lʼafflusso di
nuovo materiale genetico.
Q
ti produttori hanno co-
s
A Gagliano Castelferrato,
paese dellʼantico Val Demone
nellʼentroterra siciliano (i geo-
grafi arabi avevano segnato
Val Demone, Val di Noto, Val
di Mazara), ultimo baluardo
degli Erei a ridosso dei freddi
ed alti Nebrodi, mio papà era
“apicoltore”, piccolo, forse
lʼunico. Sovrintendeva con
passione e diligenza a tre al-
veari: con la maschera di pro-
tezione eseguiva le ispezioni
periodiche, con il soffietto fa-
ceva del fumo bruciando tron-
chetti secchi di “ferla” (ferula
communis), preparava i telaini
e con lʼapposito stampo i fogli
cerei e quando lʼannata era fa-
vorevole raccoglieva un gradi-
tissimo miele, che veniva se-
parato dalla cera dei favi sen-
za aiuto di smelatore (centrifu-
ga), che non avevamo, ma di-
rettamente con lʼintervento
manuale; era uno sfizio sepa-
rarlo dalla cera direttamente in
bocca come una “masticogna”
(chewing gum).
I dolci tradizionali come la
pignoccata a carnevale, i mu-
stazzoli a base di concentrato
di ficodindia, le zeppole di riso
avevano come ingrediente
qualificante il miele, prodotto
dallʼapis mellifica sicula, razza
autoctona che ha rischiato
lʼestinzione, sostituita nel tem-
po dallʼapis mellifica ligustica,
attuale principale protagonista.
Le api partendo dai fiori e
dalle secrezioni di parti vive di
piante, trasformandole ed inte-
grandole con sostanze proprie
producono una prezioso gio-
iello alimentare, che viene rac-
colto, trasformato e trasporta-
to nei loro favi, il miele. Le prin-
cipali fonti di approvvigiona-
mento sono: il nettare di pian-
te da fiore melliferi e la melata,
derivato della linfa degli alberi,
prodotta da alcuni insetti suc-
chiatori come la metcalfa, che
trasformano la linfa trattenen-
done lʼazoto ed espellendo il li-
quido in eccesso, ricco di zuc-
cheri.
La produzione del miele co-
mincia nel gozzo (tasca comu-
nicante con lo stomaco isolata
da questo con una valvola)
d llʼ
i durante il volo
d
bile, assimilabile e di alto valo-
re nutritivo. Il glucosio fornisce
energia di immediato utilizzo, il
fruttosio viene metabolizzato a
livello epatico e costituisce una
riserva energetica.
Cento grammi di miele forni-
scono 320 calorie ed un pote-
re dolcificante elevato. Pertan-
to viene consigliato nellʼali-
mentazione dello sportivo, nel-
lʼalimentazione geriatrica e
nella dieta dellʼetà scolare.
Svariati sono i tipi di miele,
dipendendo le loro caratteristi-
che di gusto, aroma e colore
dalla sorgente nettarifera. I più
rinomati sono quelli di arancio,
acacia, prati alpini, medica,
sulla, trifoglio,ecc.
La cristallizzazione è un pro-
cesso naturale che dipende
principalmente dalla composi-
zione e dalla temperatura. Se il
contenuto di glucosio è alto sa-
rà più rapida, le basse tempe-
rature la inibiscono.
Nella valutazione del pro-
dotto che viene proposto al
consumatore riveste importan-
za fondamentale lʼetichetta
che oltre a peso, produttore,
composizione riporta:
- origine geografica: in as-
senza di indicazioni specifiche
di provenienza deve intendersi
prodotto nei Paesi della Co-
munità Europea; se il miele è
parzialmente o totalmente ex-
tracomunitario deve essere
commercializzato con la dicitu-
ra miele extra comunitario, op-
pure miscela di mieli comuni-
tari ed extra comunitari oppure
miscela di mieli extracomunita-
ri. Se di provenienza naziona-
le il produttore può dichiarare
“miele italiano”:
- origine botanica. Per il mie-
le proveniente da diverse spe-
cie botaniche può essere ri-
portata lʼindicazione “millefiori”;
per quelli (monofloreali) prove-
nienti prevalentemente da
unʼunica specie botanica può
essere riportata lʼindicazione
“miele di acacia” , “miele di ca-
stagno” ecc.
- scadenza: non è obbligato-
ria ma facoltativa.
Il sapore, il colore e la con-
sistenza del miele variano a
seconda della fioritura da cui
p
Un alveare contiene da
30.000 a 80.000 api, di queste
quasi la totalità sono “operaie”.
Le api operaie sono più picco-
le dellʼape regina, hanno lʼad-
dome più corto, nascono dopo
21 giorni dalla deposizione
dellʼuovo. La vita delle operaie
è breve, fanno eccezione quel-
le nate in autunno che non lo-
gorandosi nel lavoro di raccol-
ta possono raggiungere la pri-
mavera vivendo fino a 180
giorni.
Nella prima parte di questo
tempo non escono dallʼalveare
e svolgono differenti funzioni:
pulitrici, nutrici, produttrici del-
l
immagazzinatici, venti-
l
chiamata “corbicula” (cestello)
che permette di trasportare
polline e propoli. Sullʼaddome
si trovano le ghiandole che
producono la cera; unʼaltra
ghiandola quella di “Nassa-
noff” produce lʼodore caratteri-
stico della colonia. Le ghian-
dole ipofaringee o mandibolari
(nella parte superiore della te-
sta e nel torace) sono prepo-
ste alla produzione della pap-
pa reale (secreta solamente
dalle api operaie nutrici tra il 5º
ed il 14º giorno di vita).
Lʼovodepositore atrofizzato
(stiletto, due lancette ed una
decina di uncini) diventa il pun-
gi lione (o dardo) e viene uti-
l
Apicoltura: viaggio in un mondo affascinante
Ape regina: una sola
per alveare. Forte
efficiente e prolifica
Il miele: da sempre
dolce forza
della natura
Le api operaie
compiti diversi
e specifici
Le api in città