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Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582
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a scomparsa di Umberto Eco, uno degli intellettuali
più vivaci e popolari in Italia e all’estero, dei pochi
in Italia (forse l’unico?) capaci di insaporire anche
il saggio più irto del condimento dello humour senza ve-
nir meno, quando necessario, al rigore scientifico, è stata
commemorata dal Ministero dell’istruzione con la pro-
posta all’esame di maturità d’una prova d’italiano (quella
di Tipologia A - Analisi del testo) incentrata sull’inter-
pretazione d’un suo testo, tratto, con una serie di omissis
che forse avrebbe potuto essere più parca, da Su alcune
funzioni della letteratura, il saggio che introduce il volume
Sulla letteratura, del 2002, ora appena ristampato.
Il saggio di Eco si propone di individuare e descrivere «al-
cune funzioni della letteratura», ovviamente, non tutte: al-
tre appaiono alquanto misteriose, ancora non del tutto in-
dividuate e descritte e, forse, non completamente
individuabili e descrivibili. Quel che avviene fra un lettore
e un libro contiene anche una implicazione di mistero, che
richiede l’intervento di quella che definiamo l’interpreta-
zione. I Promessi sposi, a esempio, sono sempre gli stessi:
l’introduzione dell’Anonimo (L’Historia si può vera-
mente definire una guerra illustre contro il tempo …),
quindi il romanzo: «Quel ramo del lago di Como …» e via
fino a «Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete
che non s’è fatto apposta»). Ciò però non impedisce loro
di trasformarsi nella sostanza profonda, a seconda del
lettore e del tempo in cui vengono letti. È per questo che
esiste quella che chiamiamo la critica. Un libro è sempre
identico a se stesso ma, ogni volta che viene riletto, e que-
sto addirittura se il lettore è la stessa persona della volta
precedente, è come se fosse riscritto. È quasi fatale ri-
mandare a un famoso racconto di Borges, Pierre Menard
autore del Don Chisciotte. Un modesto poeta francese ri-
scrive nell’Ottocento il Don Chisciotte di Cervantes. Non
si tratta di una riscrittura nel senso in cui intendiamo oggi
e di cui, nella nostra letteratura, l’esempio più brillante po-
trebbe apparire l’Orlando furioso raccontato da Italo Cal-
vino. Meynard riscrive letteralmente, ovvero parola per
parola, il Chisciotte. Ma i due testi, formalmente identici,
sono diversi, perché uno è stato scritto nel Seicento e l’al-
tro nell’Ottocento. Le parole restano uguali, ma il loro
senso si trasforma. Si potrebbe quindi dire, e non so se sa-
rebbe piaciuto all’Umberto Eco di questo saggio, parti-
colarmente attento a quello che definisce «l’intenzione del
testo», che il lettore può essere considerato in qualche mi-
sura un secondo autore. E allora il libro, esasperando il ra-
gionamento, sarebbe sempre un uno, nessuno e centomila?
Può darsi. Eco però nel suo saggio è più incline, con
piena legittimità, a soffermarsi su quel che, nei testi let-
terari, è «ciò che non possiamo prendere come spunto per
libere interpretazioni». Se per «libere» Eco intende non
autorizzate dal testo ha perfettamente ragione e lo con-
fermano gli esempi che porta, non risultanti nell’abregé
ministeriale. Ma esistono interpretazioni, che possiamo
considerare «libere», ma non contrastanti con la lettera-
lità del testo. Anch’esse sono, anche se diverse l’una dal-
l’altra, a tutti gli effetti e legittimamente, «funzioni del te-
sto». In questo saggio Eco accenna appena a questa
categoria di letture, sulle quali ci sarebbe piaciuto che
l’autore del Nome della rosa si soffermasse un po’ di più.
Esami di Stato 2016
I
N QUESTE PAGINE LE PROVE DI GIUGNO SVOLTE E COMMENTATE CRITICAMENTE
.
I
L MATERIALE È UTILE PER LA PREPARAZIONE ALL
’
ESAME E PER L
’
ATTIVITÀ DIDATTICA
DEGLI ULTIMI ANNI DELLA SECONDARIA
.
Italiano
Tipologia A
- Analisi del testo
Giuseppe Leonelli
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Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582
L’analisi del testo
Che cosa chiede agli esaminandi la prova al punto 2 de-
nominato “Analisi del testo”? Innanzi tutto un riassunto:
il che, per le dimensioni del brano proposto e quindi per
il fatto che appare esso stesso un super concentrato, po-
teva forse essere risparmiato. In parole povere, c’è poco
da riassumere. E anche, per le stesse ragioni e per la fre-
quenza dei tagli, anche poco da esaminare, come viene ri-
chiesto, dal punto di vista «stilistico, lessicale e sintat-
tico». Al punto 2.2, in particolare, si chiede di svelare il
significato della seguente frase: «E se qualcuno oggi la-
menta il trionfo di un italiano medio, diffusosi attraverso
la televisione, non dimentichiamo che l’appello a un ita-
liano medio, nella sua forma più nobile, è passato attra-
verso la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di
Svevo o di Moravia». Frase perfettamente intendibile se
citata nel suo contesto ov’è preparata da una ventina di ri-
ghe dedicate al volgare dantesco, quello della Commedia,
che ha poco a che fare, a differenza di quanto sembra a
Eco, con il progetto di volgare illustre esposto nel De vul-
gari eloquentia. Messa così,
fra i tagli ministeriali, que-
sta frase non ha molto da dire e c’è poco da commentare.
Ed eccoci, al punto 2.3, con l’invito a soffermarsi sul «si-
gnificato di “potere immateriale” attribuito da Eco alla let-
teratura». Qui i tagli sono stati meno brutali e la risposta di
conseguenza sembra più agevole. Forse non per tutti i can-
didati cui è destinata questa prova, ovvero per i maturandi
di ogni specie, sia quelli provenienti dal liceo classico sia
quelli del pedagogico, lo scientifico e quelli che una volta
si chiamavano “Istituti” e ora sono ribattezzati licei con va-
Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura,
IV edizione Tascabili Bompiani, Milano 2016.
«Siamo circondati di poteri immateriali, che non si limitano a quelli
che chiamiamo valori spirituali, come una dottrina religiosa. […] E tra
questi poteri annovererei anche quello della tradizione letteraria, vale
a dire del complesso di testi che l’umanità ha prodotto e produce non
per fini pratici (come tenere registri, annotare leggi e formule scien-
tifiche, verbalizzare sedute o provvedere orari ferroviari) ma piutto-
sto gratia sui, per amore di se stessi – e che si leggono per diletto, ele-
vazione spirituale, allargamento delle conoscenze, magari per puro
passatempo, senza che nessuno ci obblighi a farlo (se si prescinde da-
gli obblighi scolastici). […] A che cosa serve questo bene immateriale
che è la letteratura? […] La letteratura tiene anzitutto in esercizio la
lingua come patrimonio collettivo. La lingua, per definizione, va
dove essa vuole, nessun decreto dall’alto, né da parte della politica, né
da parte dell’accademia, può fermare il suo cammino e farla deviare
verso situazioni che si pretendano ottimali. […] La lingua va dove
vuole ma è sensibile ai suggerimenti della letteratura. Senza Dante non
ci sarebbe stato un italiano unificato. […]
E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio diffusosi at-
traverso la televisione, non dimentichiamo che l’appello a un italiano
medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso la prosa piana
e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia.
La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e co-
munità. Ho parlato prima di Dante, ma pensiamo a cosa sarebbe stata
la civiltà greca senza Omero, l’identità tedesca senza la traduzione
della Bibbia fatta da Lutero, la lingua russa senza Puškin […].
La lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedeltà
e del rispetto nella libertà dell’interpretazione.
C’è una pericolosa eresia critica, tipica dei nostri giorni, per cui di
un’opera letteraria si può fare quello che si vuole, leggendovi quanto
i nostri più incontrollabili impulsi ci suggeriscono. Non è vero. Le
opere letterarie ci invitano alla libertà dell’interpretazione, perché ci
propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di
fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita. Ma per poter pro-
cedere in questo gioco, per cui ogni generazione legge le opere lette-
rarie in modo diverso, occorre essere mossi da un profondo rispetto
verso quella che io ho altrove chiamato l’intenzione del testo».
Sulla letteratura è una raccolta di saggi di Umberto Eco (Alessandria
1932-Milano 2016) pubblicata nel 2002. I testi sono stati scritti tra il
1990 e il 2002 (in occasione di conferenze, incontri, prefazioni ad al-
tre pubblicazioni), ad eccezione di Le sporcizie della forma, scritto ori-
ginariamente nel 1954, e de Il mito americano di tre generazioni an-
tiamericane, del 1980.
1. Comprensione del testo
Riassumi brevemente il contenuto del testo.
2. Analisi del testo
2.1 Analizza l’aspetto stilistico, lessicale e sintattico del testo.
2.2 «E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio, dif-
fusosi attraverso la televisione, non
dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più
nobile, è passato attraverso la
prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia».
Spiega il significato e la valenza di tale affermazione dell’autore nel
testo.
2.3 Soffermati sul significato di “potere immateriale” attribuito da Eco
alla letteratura.
2.4 Quale rapporto emerge dal brano proposto tra libera interpretazione
del testo e fedeltà ad esso?
2.5 «La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e
comunità» spiega e commenta il
significato di tale affermazione.
3. Interpretazione complessiva ed approfondimenti
Sulla base dell’analisi condotta, proponi un’interpretazione comples-
siva del brano ed approfondiscila con
opportuni collegamenti ad altri testi ed autori del Novecento a te
noti. Puoi anche fare riferimento alla tua
personale esperienza e percezione della funzione della letteratura
nella realtà contemporanea.
TRACCIA MINISTERIALE -
Per tutti gli indirizzi di ordinamento e sperimentali
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