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Salvatore D’Angelo
diverse transazioni. I documenti indicano anche la presenza, fin dalla fine del XIII
secolo, di un tipo di dono “a termine”, che era un modo di donare per la propria sicu-
rezza, garantendosi una rendita vitalizia.
L’ospedale concorse alla nascita del Monte
dei Pegni con 2.000 fiorini a fondo perduto, all’ospedale, in assenza del titolare o
degli eredi, sarebbe andato in deposito l’avanzo del ricavato della vendita all’asta dei
pegni non riscossi, nel caso esso eccedesse la somma del capitale con le spese di ge-
stione. A seguito di lasciti e donazioni, tra la fine del Duecento e i primi del Trecento,
l’ospedale iniziò a suddividere ed organizzare il proprio
patrimonio terriero in vaste
aziende agrarie denominate grance (la grancia era un fabbricato fortificato con fun-
zioni di magazzino e di granaio). Nel tempo si pervenne ad un patrimonio enorme,
che copriva vaste aree della Val d’Orcia, della Val d’Arbia, delle Masse, delle Crete
e della Maremma, tanto che nel suo insieme costituiva la più grande concentrazione
fondiaria dello Stato senese.
Ai nostri giorni che io sappia c’è un solo ospedale che per alcuni versi può
paragonarsi all’antico ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. È la Casa Sol-
lievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo: l’ospedale di S. Pio da Pietralcina.
Alcuni benefattori hanno donato a Padre Pio nel corso degli anni alcune masserie che
assicurano alla Casa Sollievo della Sofferenza l’approvvigionamento di prodotti ali-
mentari. Una di queste masserie è un antico edificio del 1700 circondato da 70 ettari
di uliveto, nel suo frantoio si produce olio di oliva biologico “estratto a freddo”. Una
seconda masseria di 200 ettari di terreno, utilizzati per la coltivazione di foraggio
biologico destinato all’alimentazione di circa 600 bovini, garantisce la produzione di
latte, formaggi e carne per le i malati ricoverati nella Casa Sollievo della Sofferenza.
In ultimo accennerò al nostro Ospedale S. Antonio Abate di Trapani che ha
avuto la sua origine al tempo delle Crociate. I marinai e i crociati che non potevano
continuare il loro viaggio venivano sbarcati nel porto di Trapani, ed erano ricoverati
in una casa, posta in vicinanza della chiesa di S. Pietro concessa dalla famiglia Luna.
A questa casa vennero aggiunte in seguito altre limitrofe, donate da altri cittadini,
sicché si creò un vero ospedale con una piccola chiesa dedicata a S. Antonio. In se-
guito l’ospedale accolse anche i poveri della città.
Il re Martino d’Aragona il 19 giugno 1399 dispose di far aggregare l’ospedale al
Grande Ospedale S. Antonio di Vienne. L’amministrazione dell’ospedale fu affidata ad
una deputazione composta da tre Rettori, nominati annualmente dal Senato della città.
Intorno alla fine del 1400 i consoli dei marinai di Trapani acquistarono con i
proventi delle elemosine un’area di proprietà dell’ebreo Macalufo de Saya, e nell’an-
no 1455 i nobili Giacomo Blindano Fardella, Stanislao Clavica e Girolamo Staiti
Tipa decisero di far costruire un nuovo ospedale nell’area di cui avevano la disponi-
bilità: l’attuale piazza Lucatelli.
Il nome della piazza fu posto in ricordo di un benefattore dell’ospedale: il capi-
tano Lazzaro Lucatelli, che nel 1628 lasciò un’eredità di 3000 onze per rifare la fac-
ciata dell’ospedale, il busto in pietra del donatore è tutt’oggi visibile nell’architrave.
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La medicina nel medioevo
Conclusioni
Per queste manifestazioni di vitalità si può dire a ragione che
“il Medioevo
rappresenta il crogiolo dell’Europa e della civiltà moderna”. Secondo la mia opinio-
ne l’eredità più tangibile del Medioevo in campo medico è senza dubbio l’ospedale,
come luogo privilegiato delle attività mediche complesse. Gli ospedali medieva-
li che possedevano una propria organizzazione autonoma reclutavano medici laici
mentre gli appartenenti alle diverse confraternite assicuravano lo svolgimento delle
attività collaterali. Le cure dirette agli ammalati erano svolte da religiosi (monache).
Accettando lasciti e donazioni si mantennero in vita, furono sostanzialmente
delle opere pie la cui missione era quella di assicurare l’assistenza sanitaria ai poveri.
Oggi concepiamo l’ospedale in modo del tutto diverso perché l’ospedale è per tutti
e perché vi si concentra la tecnologia e la capacità professionale. Oggi non tutti gli
ospedali soddisfano appieno le aspirazione dei cittadini, molti ospedali hanno perdu-
to la cultura dell’accoglienza e le conoscenze mediche, sono diventati delle strutture
utili solo a chi amministra.
L’ospedale ideale deve essere visto oggi come una organizzazione assoluta-
mente colta, nobile, disciplinata ed estremamente efficiente, dove deve predominare
l’etica oltre che l’intelligenza. Ciò può essere ottenuto soltanto con una severissima
selezione, sul piano etico prima ancora che professionale, di quanti operano in un
ospedale. È sbagliato pensare che tutti i medici per fatto di avere scelto una nobile
professione posseggano necessariamente l’animo nobile e alti principi morali.
Le cronache di ogni giorno ci dimostrano molto spesso il contrario.
Le notizie di pericolose distrazioni in ambito sanitario si susseguono in modo
quasi inarrestabile e sono il segno di una caduta della tensione morale prima ancora
che di quella professionale.
Vorrei concludere con una nota personale. Il mio anziano nonno, quando gli
comunicai la mia decisone di iscrivermi a medicina, ne restò inizialmente deluso,
perché aveva previsto per il mio futuro l’attività di uomo di legge: di magistrato.
Dopo avere ascoltato la mia decisione restò per qualche attimo in silenzio, poi con
gravità mi disse:
«essere medico è come essere giudice. Il giudice decide il destino
di un uomo, il medico decide della vita di un uomo».
Parafrasando Benedetto Croce (in
Etica e politica: frammenti di etica, XV -
Compassione e giustizia) che ha detto: «la
giustizia vera è fatta di compassione» a
maggior ragione si può dire che “la medicina vera è fatta di compassione”. L’eserci-
zio della medicina richiede intelligenza e compassione. Una delle eredità del Medio-
evo nella medicina è senza dubbio la compassione.