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Il monachesimo benedettino. Origini, tradizioni e cultura
dell’asse commerciale verso le città, lasciano spesso i monasteri fuori dalle grandi
vie di comunicazione. La popolazione si sposta verso le città, sviluppa il commercio
e l’artigianato, con il conseguente decadimento del sistema agrario curtense che ca-
ratterizza gran parte dell’Alto Medio Evo.
A livello spirituale, poi, i movimenti pauperistici, che predicano “dal basso” il
ritorno alla purezza evangelica ed alla primitiva povertà della Chiesa, si combinano
con il movimento “dall’alto”, che porta alla riforma di Gregorio VII e al tentativo
di riforma pauperistica di papa Pasquale II. C’è un’esigenza di ritorno alle origini
evangeliche della Chiesa, alla sua vita apostolica, fatta di predicazione e di povertà.
Bisogna anche dire che il monachesimo pretende ad un certo punto di incarnare
l’ideale cristiano, quando mai, nella storia della Chiesa un singolo movimento é
riuscito a riassumere in sé l’intera realtà cristiana.
La nascita degli ordini mendicanti, francescani e domenicani assesta il colpo
finale ad una crisi del monachesimo che ormai cova da tempo.
Alcuni Benedettini celebri…
Innanzitutto san Benedetto da Norcia e sua sorella santa Scolastica. Poi, a
dimostrazione dell’importanza raggiunta dal monachesimo benedettino nel Medio
Evo, ben nove papi “benedettini” si succedono sul soglio di Pietro:
– Papa Bonifacio IV (608-615);
– Papa Gregorio II (715-731);
– Papa Pasquale I (817-824);
– Papa Pasquale II (1050-1118);
– Papa Gregorio VII (1073-1085);
– Papa Vittore III (1086-1087);
– Papa Urbano II(1088);
– Papa Celestino V (1294);
– Papa Clemente VI (1342-1352).
Di fondamentale importanza per la diffusione “europea” del monachesimo
benedettino in epoca Carolingia (IX secolo) è l’operato di Benedetto d’Aniane (750-
821); a volte definito “il secondo san Benedetto”, egli può essere considerato il vero
fondatore del monachesimo benedettino che, sebbene le tante modifiche subite nei
secoli, è giunto fino ai nostri giorni.
Altri personaggi:
– San Mauro Abate (IV secolo): è il principale discepolo di san Benedetto
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Fabio Cusimano
da Norcia assieme a san Placido. Di lui poco si conosce, se non quello che
tramanda papa Gregorio Magno nei suoi Dialoghi.
– Guido Monaco (991 ca. – 1033 ca.): è un importante teorico musicale ed è
considerato l’ideatore della moderna notazione musicale e del tetragram-
ma, che rimpiazzano l’allora dominante notazione neumatica. Monaco
benedettino, cura l’insegnamento della musica nell’Abbazia di Pomposa,
sulla costa Adriatica vicino a Ferrara.
– Costantino l’Africano (1020 – 1087): medico, letterato e monaco arabo.
Traduce dall’arabo al latino numerose opere che consentono all’Occidente
cristiano-latino di riscoprire alcuni classici del mondo greco e di apprez-
zare i progressi degli arabi nel campo della medicina. Entra nell’ordine
benedettino e termina la sua vita nell’abbazia di Monte Cassino ai tempi
in cui è abate Desiderio, futuro papa Vittore III.
– Pietro Abelardo (1079 – 1142): filosofo, teologo e compositore francese.
È uno dei più importanti e famosi filosofi e pensatori del medioevo, pre-
cursore della Scolastica e fondatore del metodo logico. Intorno agli anni
Venti del XII secolo si ritira nell’Abbazia di Saint-Denis, dove diviene un
monaco benedettino. Per alcune sue idee viene considerato eretico dalla
Chiesa cattolica in base al Concilio Lateranense II del 1139.
– Jean Mabillon (1632 – 1707): monaco francese della congregazione be-
nedettina di San Mauro, si dedica agli studi storici e di erudizione ed è
considerato il fondatore della Paleografia e della Diplomatica. È ricordato
soprattutto per i sei libri del De re diplomatica (1681), ritenuta l’opera
fondativa della Paleografia e della Diplomatica moderna.
– Dom Pérignon (1639 – 1715): monaco presso l’abbazia benedettina di
Moremont, all’età di trent’anni si sposta presso l’abbazia di Saint-Pierre
d’ Hautvillers, dove ricopre l’incarico di cellario fino alla sua morte, nel
1715. Qui si occupa delle proprietà terriere, dei prodotti coltivati e lavo-
rati ed in particolar modo delle vigne, dei torchi e delle cantine. Grazie a
questo incarico, attorno ai quarant’anni, si ritiene abbia inventato (seppu-
re l’affermazione appaia infondata) la bevanda che lo ha reso celebre: lo
Champagne...
Manuela Girgenti
Il concetto di giustizia nell’età antica e medievale
Il problema della giustizia, come anche quello del buon governo di uno Stato,
è presente nel pensiero filosofico sin dall’antichità, non tanto per l’esigenza, in nome
della comune umanità, di assicurare pari dignità ad ogni singolo individuo, quale che
sia la sua estrazione sociale o fede religiosa, ma quanto per sensibilizzare e orientare
il potere legislativo alla promulgazione di leggi che abbiano come fine ultimo il bene
comune e, soprattutto, la capacità di regolare e tenere a freno la contrastante molte-
plicità degli interessi e delle passioni individuali.
Per i greci solamente le leggi promulgate sotto i dettami della retta ragione,
in quanto rispondenti ad una etica universalmente condivisa, possono consentire la
crescita di una società e assicurarne il benessere. La Costituzione di uno Stato è in-
fatti perfetta, secondo Crisippo, «se esprime la preminenza della moralità; la legge
è la retta ragione che comanda quello che si deve fare e vieta quello che non si deve
fare; educazione e saggezza sono requisiti indispensabili per ispirare l’organizzazio-
ne delle comunità umane e per perseguire concretamente la giustizia».
1
Ma, spesso,
queste esigenze di moralità entravano in rotta di collisione con la realtà dei fatti,
«dove operavano personaggi senza scrupoli, magari abili nell’arte retorica e nella
manipolazione delle coscienze, ma spinti da scopi utilitari e di affermazione perso-
nale e non da spirito di servizio. È difficile pensare che uomini politici di tale natura
potessero garantire quelle esigenze di moralità di cui sopra si è detto: non a caso Dio-
gene di Babilonia era certo di poter dire che un retore, anche se dotato di esperienza,
non potrà fare del bene alla patria se è digiuno di filosofia».
2
Ora, se il diritto è un fenomeno sociale, in quanto non può esistere al di fuori
della società e una società può esistere e durare indefinitivamente nel tempo solo
quando in essa esista un sistema giuridico reale,
3
le storture di un sistema giuridico o
1
G. M
aGLio
, L’idea costituzionale nel medioevo, Verona 2006, pp. 10-11.
2
Ibid. Cfr. anche: Diogene di Babilonia, in R. R
aDiCe
(a cura di), Stoici Antichi, Milano 1998,
frammento n.125, p. 1451.
3
G. B
aRBeRis
, Il regno della libertà, Napoli 2003.
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