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2. L’omosessualità nelle testimonianze degli storici di età
giustinianea
Allo scopo di offrire un quadro il più possibile completo della
persecuzione criminale dell’omosessualità in epoca giustinianea
costituiscono uno strumento indispensabile le fonti extragiuridiche, e in
particolare le testimonianze degli storici del tempo, principalmente
Procopio di Cesarea e Giovanni Malala: entrambi si soffermano
sull’argomento riportando la cronaca di un processo tenutosi all’inizio del
regno di Giustiniano contro alcuni vescovi accusati di essere omosessuali.
Due di questi, Isaia di Rodi e Alessandro vescovo di Diospoli, in Tracia,
vennero riconosciuti colpevoli e puniti: Isaia fu torturato, probabilmente
agli organi genitali, e mandato in esilio mentre Alessandro fu evirato e poi
condotto in lettiga per le vie della città e sottoposto alla derisione del
popolo, affinché la vista di una pena così atroce suscitasse il terrore in
tutti i sodomiti, descritti da Malala come “malati di desiderio per i
CTh. 9, 7, 3, diretta a punire unicamente gli omosessuali. In realtà va osservato che anche
questa costituzione, pur prestandosi a un’interpretazione in chiave generale, quando
parla di “vir qui nubit in feminam”, allude, letteralmente, al solo omosessuale passivo. In
effetti, sostiene D
ALLA
, «Ubi Venus mutatur»: omosessualità e diritto nel mondo romano, cit.,
p. 168 non si tratta ancora di una norma ispirata dalle idee cristiane (com’è stato a lungo
sostenuto da buona parte della dottrina) bensì di un provvedimento essenzialmente
pagano, perché condanna l’omosessualità in quanto comporta l’assunzione di un
atteggiamento femminile e la sottomissione alla virilità altrui. Sempre a proposito di CTh.
9, 7, 3, G. D
E
B
ONFILS
, Il comes et quaestor nell’età della dinastia costantiniana, Napoli 1981,
pp. 96-97 effettua un’analisi terminologica del testo, sottolineando l’uso, da parte della
cancelleria occidentale, di toni particolarmente enfatici e lontani dal tecnicismo giuridico
quando si tratta di punire comportamenti devianti, immorali. L’uso del verbo nubere
allude all’inversione di ruoli tra uomo e donna, l’evocazione del gladius ultor, la spada
vendicatrice, dimostra con quale fermezza e severità il legislatore intende colpire chi si
macchia d’infamia. Secondo l’Autore esiste un collegamento tra questa legge dai toni così
accesi e l’affermarsi dei principi cristiani, tanto più che CTh. 9, 7, 3 – promulgata a Milano
il 4 dicembre 342 – segue di poco tempo la visita del vescovo Atanasio all’imperatore
Costante, avvenuta sempre a Milano nel novembre dello stesso anno. Sull’argomento si
veda anche, dello stesso A., Alcune riflessioni sulla legislazione di Costanzo II e Costante, in
Atti del V Convegno dell'Accademia Romanistica Costantiniana, Perugia 1983, pp. 299-309.
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maschi”. Si tratta evidentemente di pene esemplari, che dovevano
incutere timore a fini deterrenti.
Joannis Malalae chronographia, 18, 18
Ἐ ν αὐτῷ δὲ τῷ χρόνῳ διεβλήθησάν τινες τῶν ἐπισκόπων ἀπὸ
διαφόρων ἐπαρχιῶν, ὡς κακῶς βιοῦντες περὶ τὰ σωματικὰ καὶ
ἀρσενοκοιτοῦντες. ἐν οἷ ς ἦν Ἠ σαΐ ας ὁ τῆς Ῥ όδου ὁ ἀπὸ
νυκτεπάρχων Κωνσταντινουπόλεως, ὁμοίως δὲ καὶ ὁ ἀπὸ Διὸς
πόλεως τῆς Θρᾴκης, ὀνόματι Ἀλέξανδρος. οἵ τινες κατὰ θείαν
πρόσταξιν ἠνέχθησαν ἐν Κωνσταντινουπόλει, καὶ ἐξετασθέντες
καθῃρέθησαν ὑπὸ Βίκτωρος ἐπάρχου πόλεως, ὅστις ἐτιμωρήσατο
αὐτούς, καὶ τὸν μὲν Ἠ σαΐ αν πικρῶς βασανίσας ἐξώρισε, τὸν δὲ
Ἀλέξανδρον καυλοτομήσας ἐπόμπευσεν εἰς κραβαταρίαν: καὶ
εὐθέως προσέταξεν ὁ αὐτὸς βασιλεὺς τοὺς ἐν παιδεραστίαις
εὑρισκομένους καυλοτομεῖ σθαι. καὶ συνεσχέθησαν ἐν αὐτῷ τῷ
καιρῷ πολλοὶ ἀνδροκοῖ ται, καὶ καυλοτομηθέντες ἀπέθανον. καὶ
ἐγένετο ἔκτοτε φόβος κατὰ τῶν νοσούντων τὴν τῶν ἀrrένων
ἐπιθυμίαν (
7
).
Le exquisitae poenae citate nella costituzione CTh. 9, 7, 3 = CI. 9, 9, 30 (31)
– esaminata nel paragrafo precedente – sono in questa sede concretizzate
in gravi torture e nella pena della mutilazione, secondo l’uso bizantino. In
particolare l’evirazione richiama sia la diffusa pratica della mutilazione sia
il principio del contrappasso: chi fa un uso distorto e contro natura della
propria sessualità viene infatti colpito con la perdita dei genitali (
8
).
(
7
) Joannis Malalae chronographia, in Corpus scriptorum historiae Byzantinae, ed. L.
D
INDORF
,
Bonn 1831, p. 436, ll. 3-16. Trad. a cura dell’A.: “In quel tempo alcuni dei vescovi da
diverse province furono accusati, in quanto vivevano in modo scellerato riguardo agli atti
carnali e avevano costumi contro natura. Tra questi c’era Isaia di Rodi che era stato
prefetto dei vigili di Costantinopoli, e ugualmente anche quello di Diospoli in Tracia, di
nome Alessandro. Questi per ordine divino furono condotti a Costantinopoli, ed
esaminati furono condannati da Vittore prefetto della città, che li punì, e avendo torturato
crudelmente Isaia lo esiliò, invece condusse in lettiga Alessandro dopo averlo evirato; e
subito lo stesso imperatore ordinò che quelli riconosciuti pederasti fossero evirati, e in
quell’occasione molti omosessuali furono arrestati ed essendo stati evirati morirono. E da
allora vi fu paura da parte dei malati di desiderio per i maschi”.
(
8
) Allo stesso modo – sancisce Nov. 142 del 558 – chi sottoponeva altri alla castrazione,
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