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consacrate sia degli uomini) si ringrazi il grande Dio, che disse che è preparata in
cielo la gioia dalle potenze angeliche, quando qualcuno si salva dai peccati, ma se
il peccato è maggiore di quanto possa essere utile il rimedio, allora lo si espella
dal monastero, cosicché egli stesso è portato dal meglio al peggio, lui stesso da
solo colga il frutto della sua malvagità e non vengano contagiati anche altri dal
male di lui come (dal male) di animali infermi e incurabili. Infatti l'impero non
sopporterà che avvenga che queste cose siano trascurate, né si asterrà da
indignazione contro l'abate, né contro il vescovo dei luoghi e i difensori della
Chiesa posti sotto di lui, se non le osserveranno, essendo necessaria anche
all'impero la cura di ciò. Se infatti quelli supplicheranno Dio con mani pure e
anime innocenti per lo Stato, è chiaro che gli eserciti avranno successo e le città
fioriranno (infatti essendo Dio benevolo e propizio, come non sarà piena ogni
cosa di somma pace e buona disciplina delle leggi?) e la terra ci offrirà frutti e il
mare ci darà i suoi beni, se le loro preghiere concilieranno la benevolenza di Dio
per tutto lo Stato. E anche gli uomini comuni saranno più rispettosi e vivranno
meglio, riverendo la loro purezza. E così ci sarà un'unica concordia di tutti,
poiché tutti concorrono contemporaneamente a ciò, ed è stata distrutta ogni
malvagità fin dove è possibile, essendo introdotte al suo posto migliori e più
sante attività convenienti alla natura delle cose. Noi perseguendo ciò svolgiamo,
come siamo persuasi, una missione utile.
Nov. 134 Sui vicari e sulle donne adultere e su altri capitoli.
10, 1 La donna adultera sottoposta alle pene adeguate sia mandata in
monastero. E se suo marito avrà voluto riaccoglierla entro due anni, gli diamo
facoltà di fare ciò e unirsi con lei, senza che tema da ciò alcun pericolo, e che in
nessun modo siano infrante le nozze a causa di ciò che è avvenuto nel frattempo.
Ma se sarà trascorso il tempo predetto, o il marito muoia prima di aver ripreso la
donna, sia rasata e prenda l’abito monastico e abiti nello stesso monastero per
tutto il tempo della sua vita.
12 Ma se qualcuno, accusato di adulterio, grazie ad un tradimento dei
giudici o in qualsiasi altro modo sia sfuggito alle pene previste dalle leggi, e dopo
ciò si trovi che è convissuto turpemente con la donna e per questo sia stato
accusato, o l’ha sposata, e ciò avvenga essendo il marito vivo o dopo la sua
morte, comandiamo che il matrimonio non sia valido, e inoltre quello che ha
osato compiere questo delitto, sebbene prima fuggì, diamo licenza ad ogni
giudice di catturarlo, e dopo le torture, di sottoporlo all’estremo supplizio, senza
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nessuna possibilità di giustificazione o prova; e comandiamo che la donna
castigata e rasata sia rinchiusa in un monastero e lì rimanga per tutto il tempo
della sua vita, che il patrimonio di entrambi venga diviso secondo il predetto ordine,
con rischio (come dicemmo) tanto del comes privatarum che del giudice del luogo.
13, pr. Poiché è necessario che noi consideriamo la debolezza del genere
umano, vietiamo le pene corporali che comportino qualche menomazione,
(vietiamo) di tagliare entrambe le mani o i piedi o di infliggere ad alcuni pene
simili con le quali si rompano le articolazioni, dal momento che la rottura delle
articolazioni è più grave del taglio di entrambe le mani. Inoltre comandiamo, se
in realtà sia stato commesso qualcosa di simile, riguardo a cui le leggi
prescrivono la morte ai colpevoli, che egli subisca le pene secondo il tenore delle
leggi; se invece il crimine è tale da non essere degno di morte, (ordiniamo) che sia
castigato in altro modo o sia mandato in esilio. Ma se la qualità del crimine esige
la mutilazione di un arto, sia tagliata solo una mano.
13, 1 Per il furto invece non vogliamo che sia tagliato un arto o che (il
colpevole) sia ucciso, ma che sia castigato in altro modo. Però chiamiamo ladri
quelli che commettono i delitti di nascosto e senz’armi; infatti coloro che agiscono
con violenza, sia con le armi, sia senz’armi, sia in casa sia per strada sia in mare,
comandiamo che essi subiscano le pene stabilite dalla legge.
13, 2 Affinché non solo le pene corporali ma anche quelle pecuniarie siano
più moderate, sanciamo che quelli che sono accusati di delitti per i quali le leggi
stabiliscono la confisca o la morte, se sono dichiarati colpevoli o condannati, le
loro sostanze non tocchino ai magistrati o ai loro uffici ma neppure siano
assegnate al fisco secondo le antiche leggi, ma se hanno discendenti essi stessi
tengano il patrimonio, e se non ci sono discendenti bensì ascendenti fino al terzo
grado lo tengano loro.
13, 3 Se quelli che sono stati condannati hanno le mogli, comandiamo in
tutti i modi che queste ricevano sia la dote sia la donazione obnuziale, ma se
anche si furono congiunte con tali persone senza dote (ordiniamo che) esse
ricevano una parte definita dalle leggi di tutta la sostanza del condannato, sia che
abbiano figli sia no. Ma qualora chi ha commesso delitto non abbia nessuno dei
predetti il suo patrimonio è attribuito al fisco. Tuttavia nel delitto di lesa maestà
comandiamo che per i condannati siano osservate le antiche leggi.
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