Microeconomia


La discriminazione del prezzo in base al carico di punta



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La discriminazione del prezzo in base al carico di punta


La definizione del prezzo in base al carico di punta consiste nel praticare prezzi diversi in momenti diversi ma, anziché catturare il surplus del consumatore, l’obiettivo è aumentare l’efficienza economica applicando al consumatore prezzi più prossimi al costo marginale.
In momenti particolari la domanda di alcuni beni e servizi presenta dei picchi. Anche il costo marginale è elevato durante questi periodi, a causa dei limiti della capacità produttiva; quindi in tali momenti i prezzi dovrebbero essere
più elevati.
Questo fenomeno è descritto nella figura, dove D1 è la curva di domanda nei periodi di punta e D2 in quelli non di punta. In ciascuno dei periodi l’impresa stabilisce il prezzo uguagliando ricavo marginale e costo marginale, ottenendo, rispettivamente, i prezzi P1 e P2 e vendendo le quantità Q1 e Q2. Questa strategia fa aumentare il profitto dell’impresa al di sopra del livello che otterrebbe applicando un prezzo unico in entrambi i periodi, migliorando altresì l’efficienza.
Si noti che la determinazione del prezzo in base al carico di punta è diversa dalla discriminazione di prezzo di terzo grado; in quest’ultimo caso il ricavo marginale per ciascun gruppo di consumatori deve essere uguale al costo marginale.





La tariffa a due componenti


La tariffa a due componenti è strettamente legata alla discriminazione di prezzo ed è un altro mezzo per appropriarsi del surplus del consumatore, a cui si richiede di pagare un canone anticipato per il diritto di acquistare un bene, e un prezzo ulteriore per ogni unità del bene acquistata.
Per l’impresa, il problema è come stabilire la tariffa di accesso (T) in relazione alla tariffa d’utilizzo (P).
La maggior parte delle imprese interagisce con una moltitudine di consumatori, con curve di domanda diverse. Sfortunatamente non esiste una formula semplice per calcolare la struttura ottimale della tariffa a due componenti. In tutti i casi, però, c’è sempre una scelta alternativa: una tariffa
d’accesso bassa significa più utenti e, quindi, un maggior profitto dalla vendita del bene; d’altra parte, quanto più la tariffa d’accesso è bassa quanto più aumentano gli utenti, tanto più diminuisce il profitto derivante da questa.
Il problema è stabilire una tariffa d’accesso che ottimizzi il numero degli utenti, cioè quella che permette di massimizzare il profitto. In linea di principio lo si fa individuando prima una tariffa di utilizzo P, poi la corrispondente tariffa d’accesso ottimale T, e quindi stimando il profitto che ne consegue; poi si fa variare il prezzo P, si ricalcola la tariffa di accesso T e il nuovo profitto, approssimandosi progressivamente alla struttura ottimale della tariffa a due componenti.
Il processo è illustrato nella figura 11.11. Il profitto dell’impresa è suddiviso in due componenti. La prima componente Πa è il profitto derivante dalla tariffa d’accesso. La seconda componente Πs è il profitto derivante dalla vendita del bene al prezzo P. Πs diminuisce all’aumentare di T, perché a un T più elevato corrisponde un n più basso.
Partendo da un valore di P, si calcola il livello ottimale di T, T*; successivamente si fa variare P, si trova il nuovo valore di T* e si esamina se il profitto è aumentato o diminuito. Questo processo si ripete fino all’individuazione del profitto massimo.





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