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entro il quale effettuare l’autodenuncia, se avrebbero dovuto essere con-
siderate rimesse le penalità originariamente previste per gli alessandrini
o gli egizî.
la prioritaria questione di diritto che condiziona l’esegesi del testo
è se esso si riferisca a una sorta di amnistia criminale o a una sanatoria
fiscale con condono delle multe (o poenae) pecuniarie originariamente
previste, e non probabilmente del debito, in tutto o in parte. infatti il
termine ζημίαι (ll. 6-7), equivalente a multae o poenae, non consente di
risolvere il problema con certezza.
considerando tuttavia che “the amnesty was a restauration of
civic rights and not a remission of fines”
15
- prevista nel p. col 123
alla l. 6 - e che i possibili effetti dell’amnistia concessa alla comunità
palestinese in seguito alla morte di nigro nel 194 d.c. erano or-
mai lontani, né sembrano essere stati relativi agli alessandrini o agli
egizî, l’opinione prevalente si è orientata ad interpretare il primo
ἀπόκριμα come una soluzione di una questione fiscale, forse relativa
a debiti arretrati per la concessione di terre pubbliche, conseguente
a una sanatoria con un termine di scadenza, tale da suscitare qual-
che perplessità relativa al contestuale condono delle pene pecuniarie
originariamente previste.
Un rescritto degli imperatori marco aurelio antonino e lucio vero
aveva già deciso in favore di un pupillo di condonare “poenam commissi,
si intra diem trigensinum vectigal intulisset”
16
. dunque il problema, che
nel p. col 123 non sembra riguardare direttamente cittadini romani,
come sarebbe avvenuto se invece si fosse trattato di una amnistia, anche
se a uno di essi era destinato, concerneva l’estensione agli alessandrini,
forse a tutti gli ellenes o agli abitanti della chora, di un beneficio e di un
principio già esteso ai cives, in caso di tempestivo versamento del debito
fiscale entro il termine previsto per il condono, senza l’aggravante di
alcuna ulteriore sanzione.
15
a.a. schiller, in apokrimata, 52.
16
d. 39, 4, 7, 1 (papirio giusto 2 de constitutionibus).
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ii
(ll. 8-10)
Ἀρτεμιδώρ[ῳ] τῷ καὶ Ἀχιλλῖ.
τοῖς ἐγνωσμένοις συνκαταθέμενος βραδέως
μέμφῃ τὰ δόξαντα·
ad artemidoro, detto anche achille:
essendoti conformato alle decisioni rese, troppo tardi
impugni le cose valutate.
il destinatario del secondo parere sembra essere un greco, forse un
alessandrino, a giudicare dal nome molto comune. ma è certamente il
medesimo personaggio, con lo stesso soprannome, il destinatario di uno
dei due ἀποκρίματα, conservati nel p. amh. 63, che tramanda un testo
rimasto immutato
17
nella sua trasmissione nello spazio e nel tempo
18
.
la questione di diritto proposta e risolta con la sintetica risposta im-
periale sembra essere di un certo interesse - non cioè relativa a una banale
tardiva impugnazione respinta dall’imperatore per scadenza del termine
per appellare, come comunemente ritenuto
19
- bensì concernente il riget-
17
al punto da chiarire un dubbio nella lettura della l. 5 del p. amh. 63 (μέμφητα … =
p. col 123, l. 10: μέμφῃ τὰ δόξαντα), con una soluzione già proposta da mitteis in mchr.
376 e respinta da K. hannenstad, classica et mediaevalia, 6, 1944, 112 nt 6; W.l. We-
stermann, op. cit., 16 nt. 18.
18
il p. amh. 63 proviene da ashmunên (hermopolis); il p. col. 123, forse da tebtynis,
anche se era stato redatto ad alessandria. la datazione del p. col. sembra essere compresa
tra il 14 ed il 16 marzo del 200; quella del p. amh. certamente posteriore. il secondo
ἀπόκριμα dell’amh., privo di ulteriori confronti, reca infatti la data del 24 marzo del mede-
simo anno, ma la titolatura imperiale è sommaria ed induce a pensare alla redazione di una
copia posteriore. la titolatura del p.col. 123, frettolosamente interpolata, rivela comunque
qualche imprecisione, notata da J. gaudemet, rhd, 33, 1955, 478 nt. 1: per settimio
severo dopo Pertinax avrebbe dovuto essere inserito Sebastos, che invece è stato aggiunto
alla fine; per caracalla invece avrebbe dovuto esservi menzione dell’omesso titolo di Eusebe¯s
prima di Sebastos.
19
così, ad esempio, a.a. schiller, in apokrimata, 55; F.p. casavola, Diritto dialogato,
cit., 93; oliver 227, 457; ma non h.J. Wolff, zss, 73, 1956, 414 e e. seidl, Rechtsgeschichte
Ägyptens, cit., 38. l’altro imperatore, caracalla, era a quell’epoca appena un giovanetto di
tredici anni (F.p. casavola, Diritto dialogato, cit., 91; p. de Francisci, Rec. a Westermann
W.L. e Schiller A.A. Apokrimata, iura, vi, 1955, 185).
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to di una supplica in seguito ad intervenuta accettazione di sentenze (l.
9: τοῖς ἐγνωσμένοις)
20
, in conseguenza di comportamenti concludenti del
richiedente (l. 9: συνκαταθέμενος). la preclusione di ogni successiva im-
pugnazione risulta disposta in un rescritto del 294 d.c.
21
, per il caso del
soccombente che, dopo la sentenza, avesse chiesto prima una dilazione del
pagamento e poi interposto appello; ma anche in un testo di papiniano
22
,
ha rilevato orestano, si è riscontrato un caso in parte analogo dal quale si
può ricavare la conclusione che l’“ipotesi di cui al rescritto di diocleziano
potesse trovare attuazione anche nell’età dei severi”
23
. e proprio papiniano
si ritiene sia stato presente alle udienze imperiali in egitto, insieme a plau-
ziano, contribuendo in qualche caso alla soluzione dei quesiti proposti con
riforme di rilievo, come quella nota della longi temporis praescriptio
24
. la
circostanza che il parere sia a noi pervenuto anche attraverso una seconda
copia da ermopoli, posteriore nel tempo ma apparentemente identica
25
,
indurrebbe a presumere, secondo seidl, che la decisione imperiale sia stata
valutata alquanto rilevante già dai contemporanei
26
.
20
non è del tutto chiara la ragione dell’impiego del plurale, se cioè si riferisca a più
gradi successivi di giudizio, costituendo la petizione in tal caso una supplicatio all’impe-
ratore, o a più procedimenti interconnessi. la laconicità al riguardo non consente alcun
approfondimento del problema, non affrontato in dottrina.
21
c. 7, 52, 5: Ad solutionem dilationem petentem adquievisse sententiae manifeste proba-
tur, sicut eum, qui quolibet modo sententiae adquieverit. nec enim instaurari finita rerum iu-
dicatarum patitur auctoritas; m. Kaser, K. Kackl, Das römische Zivilprozessrecht
2
, münchen
1996, 507 nt. 45.
22
d. 2, 14, 40, 1 (papinianus 1 resp.): Qui provocavit, pactus est intra diem certum
pecunia, qua transegerat, non soluta iudicatis se satisfacturum: iudex appellationis nulla alio de
principali causa discusso iustam conventionem velut confessi sequetur.
23
r. orestano, L’appello civile in diritto romano, torino 1953, 363.
24
m. massei, Le citazioni della giurisprudenza classica nella legislazione imperiale, scritti
Ferrini, milano 1946, 420; g. gualandi, Legislazione imperiale e giurisprudenza, ii, mila-
no 1963, 118 e 127-128; d. nörr, Die Entestehung der longi temporis praescriptio. Studien
zum Einfluss der Zeit im Reich und für Rechtspolitik in der Kaiserzeit, Köln-opladen 1969,
74 ss.; cauto a.a. schiller, Provincial cases in Papinian, acta iuridica, 1958, 221-242 =
an american experience in roman law, göttingen 1971, 126-147, che non menziona
gli ἀποκρίματα; t. honoré, Emperors and Lawyers, londra, 1981, 59-69; J.-p. coriat, Le
prince législateur, cit., 387 e s.
25
p. amh. 63 = m. chr. 376.
26
e. seidl, Rechtsgeschichte Ägyptens, cit., 38.
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