Sacra scrittura catechesi libro del profeta malachia



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IL MIO NOME


L'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovinetti! Sia ricordato in essi il mio nome e il nome dei miei padri Abramo e Isacco e si moltiplichino in gran numero in mezzo alla terra!".(Gen 48, 16). Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione (Es 3, 15). Sono apparso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di Signore non mi son manifestato a loro (Es 6, 3).

Invece ti ho lasciato vivere, per dimostrarti la mia potenza e per manifestare il mio nome in tutta la terra (Es 9, 16). Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò (Es 20, 24). Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui (Es 23, 21). Rispose: "Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia" (Es 33, 19).

Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò" (Nm 6, 27) Ma tu giurami ora per il Signore che non sopprimerai dopo di me la mia discendenza e non cancellerai il mio nome dalla casa di mio padre" (1Sam 24, 22). Ora raduna il resto del popolo, accàmpati contro la città e prendila, altrimenti se la prendo io, porterebbe il mio nome" (2Sam 12, 28). Da quando ho fatto uscire Israele mio popolo dall'Egitto, io non mi sono scelto una città fra tutte le tribù di Israele perché mi si costruisse una casa, ove abitasse il mio nome; ora mi sono scelto Gerusalemme perché vi dimori il mio nome e mi sono scelto Davide perché sia capo del popolo di Israele (1Re 8, 16). Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo (1Re 8, 29).

Il Signore gli disse: "Ho ascoltato la preghiera e la supplica che mi hai rivolto; ho santificato questa casa, che tu hai costruita perché io vi ponga il mio nome per sempre; i miei occhi e il mio cuore saranno rivolti verso di essa per sempre (1Re 9, 3). A suo figlio lascerò una tribù perché a causa di Davide mio servo ci sia sempre una lampada dinanzi a me in Gerusalemme, città che mi sono scelta per porvi il mio nome (1Re 11, 36). Costruì altari nel tempio riguardo al quale il Signore aveva detto: "In Gerusalemme porrò il mio nome" (2Re 21, 4). Collocò l'immagine di Asera, da lui fatta fare, nel tempio, riguardo al quale il Signore aveva detto a Davide e al figlio Salomone: "In questo tempio e in Gerusalemme, che mi sono scelta fra tutte le tribù di Israele, porrò il mio nome per sempre (2Re 21, 7).

Perciò il Signore disse: "Anche Giuda allontanerò dalla mia presenza, come ho allontanato Israele; respingerò questa città, Gerusalemme, che mi ero scelta, e il tempio di cui avevo detto: Ivi sarà il mio nome" (2Re 23, 27). Da quando feci uscire il mio popolo dal paese d'Egitto non mi sono scelto una città fra tutte le tribù di Israele perché mi si costruisse un tempio ove abitasse il mio nome e non mi sono scelto nessuno perché fosse guida del mio popolo Israele (2Cr 6, 5). Ora mi sono scelto Gerusalemme perché vi dimori il mio nome e mi sono scelto Davide perché governi il mio popolo Israele (2Cr 6, 6).

Se il mio popolo, sul quale è stato invocato il mio nome, si umilierà, pregherà e ricercherà il mio volto, perdonerò il suo peccato e risanerò il suo paese (2Cr 7, 14). Costruì altari nel tempio, del quale il Signore aveva detto: "In Gerusalemme sarà il mio nome per sempre" (2Cr 33, 4). E collocò la statua dell'idolo che aveva fatto, nel tempio, di cui Dio aveva detto a Davide e al figlio Salomone: "In questo tempio e in Gerusalemme, che mi sono scelta fra tutte le tribù di Israele, porrò il mio nome per sempre (2Cr 33, 7). Ma se tornerete a me e osserverete i miei comandi e li eseguirete, anche se i vostri esiliati si trovassero all'estremità dell'orizzonte, io di là li raccoglierò e li ricondurrò al luogo che ho scelto per farvi dimorare il mio nome (Ne 1, 9).

E che non ho disonorato il mio nome, né quello di mio padre nella terra dell'esilio. Io sono l'unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né un fratello vicino, né un parente, per il quale io possa serbarmi come sposa. Già sette mariti ho perduto: perché dovrei vivere ancora? Se tu non vuoi che io muoia, guardami con benevolenza: che io non senta più insulti" (Tb 3, 15). Lo salverò, perché a me si è affidato; lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome (Sal 90, 14). Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro il mio nome (Sal 101, 9). Sentendo il mio nome sovrani terribili mi temeranno, tra il popolo apparirò buono e in guerra coraggioso (Sap 8, 15).

Poiché vedendo il lavoro delle mie mani tra di loro, santificheranno il mio nome, santificheranno il Santo di Giacobbe e temeranno il Dio di Israele (Is 29, 23). Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli (Is 42, 8). Quelli che portano il mio nome e che per la mia gloria ho creato e formato e anche compiuto" (Is 43, 7). Per il mio nome rinvierò il mio sdegno, per il mio onore lo frenerò a tuo riguardo, per non annientarti (Is 48, 9). Per riguardo a me, per riguardo a me lo faccio; come potrei lasciar profanare il mio nome? Non cederò ad altri la mia gloria (Is 48, 11).

Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome (Is 49, 1). Ora, che faccio io qui? - oracolo del Signore - Sì, il mio popolo è stato deportato per nulla! I suoi dominatori trionfavano - oracolo del Signore - e sempre, tutti i giorni il mio nome è stato disprezzato (Is 52, 5). Pertanto il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in quel giorno che io dicevo: Eccomi qua" (Is 52, 6). Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: "Eccomi, eccomi" a gente che non invocava il mio nome (Is 65, 1).

Andate, dunque, nella mia dimora che era in Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità di Israele, mio popolo (Ger 7, 12). Io tratterò questo tempio che porta il mio nome e nel quale confidate e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo (Ger 7, 14). Perciò, ecco io mostrerò loro, rivolgerò loro questa volta la mia mano e la mia forza. Essi sapranno che il mio nome è Signore (Ger 16, 21). Essi credono di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni, che si raccontano l'un l'altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal! (Ger 23, 27).

Se io comincio a castigare proprio la città che porta il mio nome, pretendete voi di rimanere impuniti? No, impuniti non resterete, perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra. Oracolo del Signore degli eserciti (Ger 25, 29). Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo (Ger 32, 34). Ora voi oggi vi eravate ravveduti e avevate fatto ciò che è retto ai miei occhi, proclamando ciascuno la libertà del suo fratello; voi avevate concluso un patto davanti a me, nel tempio in cui è invocato il mio nome (Ger 34, 15). Ma poi, avete mutato di nuovo parere e profanando il mio nome avete ripreso ognuno gli schiavi e le schiave, che avevate rimandati liberi secondo il loro desiderio, e li avete costretti a essere ancora vostri schiavi e vostre schiave (Ger 34, 16).

Tuttavia ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che abitate nel paese di Egitto. Ecco, io giuro per il mio grande nome - dice il Signore - che mai più il mio nome sarà pronunciato in tutto il paese d'Egitto dalla bocca di un uomo di Giuda che possa dire: Per la vita del Signore Dio! (Ger 44, 26). Ma agii diversamente per il mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti di fronte alle quali io li avevo fatti uscire (Ez 20, 14). Giunsero fra le nazioni dove erano spinti e disonorarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese (Ez 36, 20). Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi (Ez 36, 23).

Farò conoscere il mio nome santo in mezzo al mio popolo Israele, e non permetterò che il mio santo nome sia profanato; le genti sapranno che io sono il Signore, santo in Israele (Ez 39, 7). Perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che farà tutto questo (Am 9, 12). Farò passare questo terzo per il fuoco e lo purificherò come si purifica l'argento; lo proverò come si prova l'oro. Invocherà il mio nome e io l'ascolterò; dirò: "Questo è il mio popolo". Esso dirà: "Il Signore è il mio Dio" (Zc 13, 9).

Il figlio onora suo padre e il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov'è l'onore che mi spetta? Se sono il padrone, dov'è il timore di me? Dice il Signore degli Eserciti a voi, sacerdoti, che disprezzate il mio nome. Voi domandate: "Come abbiamo disprezzato il tuo nome?" (Ml 1, 6). Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli Eserciti (Ml 1, 11). Maledetto il fraudolento che ha nel gregge un maschio, ne fa voto e poi mi sacrifica una bestia difettosa. Poiché io sono un re grande, dice il Signore degli Eserciti, e il mio nome è terribile fra le nazioni (Ml 1, 14).

Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna (Mt 19, 29). Rispose: "Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli (Lc 21, 8). Ma il Signore disse: "Và, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele (At 9, 15). E io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9, 16). Perché anche gli altri uomini cerchino il Signore e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome (At 15, 17).

Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra (Rm 9, 17). Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti (Ap 2, 3). So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana (Ap 2, 13). Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome (Ap 3, 8). Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo (Ap 3, 12).

La coscienza precede la “religione”, dona vita alla “religione”, accompagna la “religione”, è dopo la stessa “religione”. Senza coscienza non c’è vera religione.

Il giorno in cui una religione priva l’uomo della sua coscienza, muore l’uomo e muore la religione. Muore la religione perché non più vivificata dalla coscienza.

Muore l’uomo perché privato della sua coscienza, la sola abilitata a dare l’ultimo assenso di verità alla religione. Un uomo morto a se stesso, non ha religione.

È questo il vero fondamentalismo: privare l’uomo della sua coscienza in ordine sia alla scelta della sua religione e sia alle modalità di darle vita.

Il fondamentalismo non vuole uomini con coscienza. Vuole robot, pupazzi telecomandati, marionette mosse dal filo di chi le governa.

Mai si può parlare di fondamentalismo in chi usa la sua coscienza per dare vita alla sua religione, alla sua fede, alla verità della religione e della fede.

Eresie, scismi, contrasti, divisioni sono l’attestazione della non morte della coscienza in un uomo. Finché vi è coscienza, non vi è fondamentalismo.

Il problema si pone quando la coscienza è chiamata ad arrendersi alla verità soprannaturale ed eterna, non però alle modalità storiche di vivere la verità.

La coscienza si arrenderà sempre alla verità soprannaturale quando vive secondo la legge morale scritta in essa. Nel peccato c’è ogni ostinazione.

Se leggiamo il Vangelo, diviene evidente che tutti i grandi oppositori di Cristo Gesù, non si arrendono alla verità, perché hanno spento la coscienza.

L’hanno spenta con i loro grandi disordini morali. La coscienza sempre si arrende alla verità. Combatte la verità quando essa è spenta dal peccato.

Se eresie, scismi, contrasti, divisioni sono l’attestazione della non morte della coscienza in un uomo, dall’altro lato vi è l’obbligo di arrendersi alla verità.

La storia ci dice che quanti non sono dalla coscienza morta a causa del peccato, si arrendono alla verità, ritornano nella purezza della religione.

Quanti invece sono nel peccato di idolatria e di immoralità, quanti vivono fuori della legge morale, invece che di arrendevolezza, vivono di grande ostinazione.

È un discoro questo meritevole di grande approfondimento. Sappiamo però che la coscienza precede, dona vera vita, accompagna la religione.

La coscienza rimane anche dopo la religione. Se la religione dovesse scomparire dalla terra, rimarrebbe sempre la coscienza che obbliga.

Ogni uomo deve porre grande attenzione a non procedere di peccato in peccato. Se spegne la coscienza, è responsabile di ogni peccato commesso.

Si potrebbe obiettare: Se non si ha coscienza, perché spenta, come si può essere responsabili? Si è responsabili dello spegnimento della coscienza.

Lo spegnimento della coscienza è una conseguenza di molti peccati precedenti. Si è responsabili di ogni frutto che il peccato precedente produce.

Per questo si deve porre ogni attenzione a non scivolare mai nel peccato, quanto viene dopo, come suo frutto, è ascritto a noi per l’eternità.

L’uomo è questa responsabilità. Lui è obbligato a conservarsi senza peccato. Lo esigono le conseguenze eterne frutto dell’oscuramento della coscienza.



12Ma voi lo profanate quando dite: «Impura è la tavola del Signore e spregevole il cibo che vi è sopra».

Mentre nel mondo l’uomo a causa della sua coscienza timorata di Dio offre al Signore un’oblazione pura, il suo popolo offre sacrifici impuri e immondi.



Ma voi lo profanate quando dite: «Impura è la tavola del Signore e spregevole il cibo che vi è sopra». Di sicuro il discorso del Signore è rivolto ai sacerdoti.

Il sacerdote è il responsabile in assoluto del culto, perché lui è il responsabile in assoluto dell’osservanza della Legge del Signore, dei suoi Comandamenti.

È la Legge del Signore, sono i suoi Comandamenti che vietano l’offerta di qualsiasi animali impuro, qualsiasi vittima morta, qualsiasi animale non sano.

Poiché spetta al sacerdote far rispettare la Legge e i Comandamenti, mai lui dovrà sacrificare al Signore un animale impuro, zoppo, ammalato o altro.



Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne, ai suoi figli, a tutti gli Israeliti dicendo loro: “Chiunque della casa d’Israele o dei forestieri dimoranti in Israele presenterà la sua offerta, per qualsiasi voto o dono spontaneo, da presentare come olocausto in onore del Signore, per essere gradito, dovrà offrire un maschio, senza difetto, di bovini, di pecore o di capre. Non offrirete nulla con qualche difetto, perché non sarebbe gradito. Se qualcuno presenterà al Signore, in sacrificio di comunione, un bovino o un ovino, sia per adempiere un voto sia come offerta spontanea, la vittima, perché sia gradita, dovrà essere perfetta e non avere alcun difetto. Non presenterete in onore del Signore nessuna vittima cieca o storpia o mutilata o con ulcere o con la scabbia o con piaghe purulente; non ne farete sull’altare un sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Un capo di bestiame grosso o minuto che sia deforme o atrofizzato, potrai offrirlo come dono spontaneo, ma non sarà gradito come sacrificio votivo. Non offrirete al Signore un animale con i testicoli ammaccati o contusi o strappati o tagliati. Tali cose non farete nella vostra terra né prenderete dalle mani dello straniero alcuna di queste vittime per offrirla come cibo in onore del vostro Dio; essendo mutilate, difettose, non sarebbero gradite a vostro favore”» (Lev 22,17-25).

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Se qualcuno vorrà adempiere un voto in onore del Signore, basandosi su valutazioni corrispondenti alle persone, eccone i valori: per un uomo dai venti ai sessant’anni, il valore è di cinquanta sicli d’argento, conformi al siclo del santuario; invece per una donna, il valore è di trenta sicli. Dai cinque ai venti anni, il valore è di venti sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina. Da un mese a cinque anni, il valore è di cinque sicli d’argento per un maschio e di tre sicli d’argento per una femmina. Dai sessant’anni in su, il valore è di quindici sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina. Se colui che ha fatto il voto è troppo povero per pagare la somma fissata, dovrà presentare al sacerdote la persona consacrata con voto e il sacerdote ne farà la stima. Il sacerdote farà la stima in proporzione dei mezzi di colui che ha fatto il voto.

Se si tratta di animali che possono essere presentati in offerta al Signore, ogni animale donato al Signore sarà cosa santa. Non lo si potrà commutare, né si potrà sostituire un animale di qualità con uno difettoso né uno difettoso con uno di buona qualità; se tuttavia qualcuno sostituisse un animale all’altro, entrambi gli animali diverranno cosa sacra. Se invece si tratta di qualunque animale impuro, che non si può presentare come offerta al Signore, l’animale sarà portato davanti al sacerdote; egli valuterà se l’animale è in buono o cattivo stato e si starà al valore stabilito dal sacerdote. Ma se qualcuno lo vorrà riscattare, aggiungerà un quinto al valore fissato.

Se qualcuno vorrà consacrare la sua casa come cosa sacra al Signore, il sacerdote ne farà la stima secondo che essa sia in buono o in cattivo stato; si starà alla stima stabilita dal sacerdote. Se colui che ha consacrato la sua casa la vorrà riscattare, aggiungerà un quinto al prezzo della stima e sarà sua.

Se qualcuno vorrà consacrare al Signore un terreno del suo patrimonio, il suo valore sarà stabilito in proporzione alla semente: cinquanta sicli d’argento per un homer di seme d’orzo. Se consacra il suo campo dall’anno del giubileo, il prezzo resterà intero secondo la stima; ma se lo consacra dopo il giubileo, il sacerdote ne valuterà il prezzo in proporzione agli anni che rimangono fino al giubileo e si farà una detrazione dalla stima. Se colui che ha consacrato il pezzo di terra lo vorrà riscattare, aggiungerà un quinto all’ammontare della stima e resterà suo. Se non riscatta il pezzo di terra e lo vende a un altro, non lo si potrà più riscattare; ma quel pezzo di terra, quando al giubileo il compratore ne uscirà, sarà sacro al Signore, come un campo votato allo sterminio, e diventerà proprietà del sacerdote. Se uno vorrà consacrare al Signore un pezzo di terra comprato, che non fa parte del suo patrimonio, il sacerdote valuterà l’ammontare del prezzo fino all’anno del giubileo; quel tale pagherà il giorno stesso il prezzo fissato, come cosa consacrata al Signore. Nell’anno del giubileo la terra tornerà a colui da cui fu comprata e del cui patrimonio faceva parte.

Ogni valutazione si farà sulla base del siclo del santuario: il siclo corrisponde a venti ghera.

Tuttavia nessuno potrà consacrare un primogenito del bestiame, il quale appartiene già al Signore, perché primogenito: sia esso di grosso bestiame o di bestiame minuto, appartiene al Signore. Se si tratta di un animale impuro, lo si riscatterà al prezzo di stima, aggiungendovi un quinto; se non è riscattato, sarà venduto al prezzo di stima.

Nondimeno, quanto uno avrà consacrato al Signore con voto di sterminio, fra le cose che gli appartengono, persona, animale o pezzo di terra del suo patrimonio, non potrà essere né venduto né riscattato; ogni cosa votata allo sterminio è cosa santissima, riservata al Signore. Nessuna persona votata allo sterminio potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte.

Ogni decima della terra, cioè delle granaglie del suolo e dei frutti degli alberi, appartiene al Signore: è cosa consacrata al Signore. Se uno vuole riscattare una parte della sua decima, vi aggiungerà un quinto. Ogni decima del bestiame grosso o minuto, ossia il decimo capo di quanto passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata al Signore. Non si farà cernita fra animale migliore e peggiore, né si faranno sostituzioni; qualora però avvenisse una sostituzione, entrambi gli animali diverranno cosa sacra: non si potranno riscattare”». Questi sono i comandi che il Signore diede a Mosè per gli Israeliti sul monte Sinai (Lev 27,1-34).

Consacrerai al Signore, tuo Dio, ogni primogenito maschio che ti nascerà nel tuo bestiame grosso e minuto. Non metterai al lavoro il primo parto del tuo bestiame grosso e non toserai il primo parto del tuo bestiame minuto. Li mangerai ogni anno con la tua famiglia, davanti al Signore, tuo Dio, nel luogo che il Signore avrà scelto. Se l’animale ha qualche difetto, se è zoppo o cieco o ha qualunque altro grave difetto, non lo sacrificherai al Signore, tuo Dio. Lo mangerai entro le tue porte: l’impuro e il puro possono mangiarne senza distinzione, come si mangia la gazzella e il cervo. Solo non ne mangerai il sangue. Lo spargerai per terra come l’acqua (Dt 15,19-23).

Prima il sacerdote offre l’animale impuro, poi dichiara che la tavola del Signore è spregevole. Così agendo si rende doppiamente responsabile.

È responsabile perché ha violato lui la Legge del Signore. È Lui l’offerente. È Lui che mai avrebbe dovuto offrire l’animale impuro. Lui però lo ha offerto.

Una volta offerto, dichiara immonda la tavola del Signore, ma non prende alcuna decisione al fine evitare questo peccato nei riguardi del suo Dio.

Chi è responsabile della Legge del Signore nel suo insegnamento e nella sua applicazione, deve stare sempre dalla parte della Legge, del Comandamento.

Non però per insegnare e applicare la Legge, il Comandamento, contro la Legge e contro il Comandamento, ma secondo la più pura loro verità.

Il sacerdote deve essere mente e cuore di Dio. Con la mente comprende la Legge e la insegna. Con il cuore di Dio la applica, le dona vera vita.

Solo così si eviteranno lassismo, rigidità, rigorismo, fondamentalismo, radicalizzazione e infiniti molti altri modi di insegnare e applicare la Legge.

Se il sacerdote non è mente di Dio, subito travisa ed altera la Legge. Essa non è più dalla mente di Dio, ma dalla sua mente. È Legge umana, non divina.

Se il sacerdote non è cuore di Dio, sempre mancherà all’applicazione della Legge la misericordia, il perdono, la pazienza, la sapienza, l’intelligenza.

Tutti i problemi inerenti alla Legge e alla sua applicazione sorgono, quando il sacerdote non è più mente di Dio e smette di essere cuore di Dio.

È allora che la Legge diviene proprietà esclusiva del peccato dell’uomo e il peccato la trasforma in uno strumento di tortura, anziché di amore.

La cancella del tutto come via della vita, dichiarandola non consona ai tempi in cui l’uomo vive. Forse era valida per ieri, non è più valida per oggi.

Ma è sempre il peccato dell’uomo che dona alla Legge significati, valori, applicazioni contro la legge. L’uomo di Dio usa la legge secondo la Legge.



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