Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata del Distretto di Brescia Settore Diritto Europeo


Le conclusioni dell’Avvocato Generale Lèger presentate l’11 ottobre 2005



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2.4.2. Le conclusioni dell’Avvocato Generale Lèger presentate l’11 ottobre 2005.


Va rammentato, in limine, che nell’esaminare la vicenda, l’Avvocato generale Lèger, nelle conclusioni presentate l’11 ottobre 2005, si è attestato sull’interpretazione fornita dal giudice genovese, a tenore della quale la responsabilità dello Stato derivante dall’attività giurisdizionale è esclusa quando il comportamento addebitato ad un organo giurisdizionale è connesso ad un’operazione di interpretazione delle norme di diritto, anche laddove tale operazione abbia condotto a commettere una violazione grave della legge risultante da una negligenza inescusabile. E ciò ha fatto ritenendo che l’opera interpretativa della norma interna spetta unicamente ai giudici nazionali e non alla Corte di giustizia127.

Epperò va dato atto della posizione assunta dal Governo italiano nel corso del procedimento pregiudiziale, allorché si è sostenuto che, in realtà, una corretta esegesi dei commi 2 n.2 e 3 lett.a) dell’art.2 l.n.117/1988128 avrebbe condotto ad affermare principi diversi da quelli divisati dal giudice emittente. In buona sostanza, si è ritenuto che il principio derogatorio – di irresponsabilità- contenuto nel comma 2 n.2 dell’art.2 con specifico riguardo all’attività di interpretazione del diritto non potesse valere laddove il giudice, nella sua attività interpretativa, avesse dato luogo ad una violazione di legge determinata da negligenza inescusabile- art.2 n.3-.

In tale ipotesi, infatti, avrebbe dovuto riespandersi il principio generale della responsabilità dello Stato contemplato dall’art.2 n.1.

Orbene, nel corso del procedimento innanzi alla Corte la Traghetti del Mediterraneo e la Commissione si erano schierate per l’incompatibilità del sistema interno col quello della responsabilità del giudice sancita dalla sentenza Kobler.

Infatti, la valutazione dei fatti e delle prove nonché l’interpretazione delle norme di diritto erano inerenti all’attività giurisdizionale e l’esclusione, in tali casi, della responsabilità dello Stato per i danni arrecati ai singoli a seguito dell’esercizio di tale attività equivaleva ad un’inammissibile esonero dello Stato da ogni responsabilità per violazioni del diritto comunitario imputabili al potere giudiziario. Anche le limitazione di detta responsabilità ai soli casi del dolo o della colpa grave del giudice, sarebbe di natura tale da condurre ad un’esenzione di fatto da ogni responsabilità dello Stato, poiché, da un lato, la nozione stessa di «colpa grave» non sarebbe lasciata alla libera valutazione del giudice chiamato a statuire su un’eventuale domanda di risarcimento dei danni causati da una decisione giurisdizionale, ma sarebbe rigorosamente delimitata dal legislatore nazionale, che enumererebbe preliminarmente – ed in modo tassativo – le ipotesi di colpa grave.

Diametralmente opposta la posizione assunta dal governo italiano, sostenuto dall’Irlanda e dal governo del Regno Unito, favorevole a ritenere che la normativa italiana era perfettamente conforme ai principi stessi del diritto comunitario, realizzando un giusto equilibrio tra la necessità di preservare l’indipendenza del potere giudiziario e gli imperativi della certezza del diritto, da un lato, e la concessione di una tutela giurisdizionale effettiva ai singoli nei casi più evidenti di violazioni del diritto comunitario imputabili al potere giudiziario.

In tale ottica, ove dovesse essere riconosciuta, la responsabilità degli Stati membri per i danni risultanti da tali violazioni dovrebbe dunque essere limitata ai soli casi in cui si possa identificare una violazione sufficientemente grave del diritto comunitario. Tuttavia, essa non potrebbe sussistere qualora un organo giurisdizionale nazionale abbia deciso una controversia sulla base di un’interpretazione degli articoli del Trattato che si rispecchi adeguatamente nella motivazione fornita da tale organo giurisdizionale.

Orbene, confermando le coordinate fissate nel caso Köbler, l’Avvocato generale ha ribadito che i principi dell’autorità di cosa giudicata e dell’indipendenza dei giudici, anche se rivestono una valenza costituzionale- come accade nell’ordinamento nazionale(cfr.Corte cost.n.18/1989) non possono giustificare l’esclusione della responsabilità di uno Stato nell’ipotesi in cui la violazione del diritto comunitario ad opera di un organo giurisdizionale supremo sia connessa all’interpretazione di norme di diritto.

Ammettere il contrario “equivarrebbe a privare di sostanza o di effetto utile il principio della responsabilità dello Stato per fatto degli organi giurisdizionali supremi” -sancito dalla sentenza Köbler- ed a comprometterne seriamente la portata. Anzi, proprio i compiti di nomofilachia riservati alle Corti supreme in tema di interpretazione del diritto indirizzavano verso l’affermazione della responsabilità dello Stato anche in tali ipotesi, ricoprendo la funzione interpretativa un ruolo essenziale nell’attività giurisdizionale. Tali conclusioni, del resto, si coniugano all’obbligatorietà del rinvio pregiudiziale che l’art.234 Tr.CE impone proprio e solo alle Corti supreme.

E’ a questo punto che l’Avvocato generale si prende carico di esemplificare talune forme di responsabilità che possono derivare dall’attività interpretativa delle Corti supreme ove questa abbia dato luogo ad una violazione manifesta del diritto comunitario, in una sorta di Case law particolarmente interessante.

Viene anzitutto ipotizzato il caso dell’interpretazione del diritto nazionale in modo “non conforme al diritto comunitario applicabile, contrariamente all’obbligo di interpretazione conforme che incombe, secondo una giurisprudenza costante, su tutti gli organi giurisdizionali nazionali”.Ed il richiamo, ovvio e quasi scontato, è al caso Pfeiffer esaminato dalla Corte di giustizia nel settembre 2003.

Non meno significativo risulta il richiamo operato al caso Commissione c.Italia del 9 dicembre 2003, ove si era ritenuta la responsabilità dello Stato italiano perché i giudici supremi avevano dato luogo ad un’interpretazione della norma interna che regolamentava il diritto di rimborso di crediti tributari tale da far gravare sul contribuente l’onere di provare che i tributi erano stati trasferiti su altri soggetti, in palese dissonanza con la giurisprudenza della Corte di giustizia129. In quel caso, l’avere interpretato la norma interna in modo da rendere particolarmente gravoso il diritto di ripetere somme indebitamente versate a titolo di imposta sui consumi- onerando l’agente a provare di non avere riversato sul consumatore finale l’onere del tributo preteso dallo Stato in violazione del diritto comunitario- aveva concretato la violazione del diritto comunitario ascrivibile non al legislatore nazionale- la cui disciplina poteva dirsi neutra rispetto al contrasto con il diritto sopranazionale – ma direttamente alla Cassazione.

L’ulteriore caso evocato dall’Avvocato Leger è quello, classico, in cui il giudice supremo applica la normativa nazionale ritenendola conforme al diritto comunitario “pur se avrebbe dovuto disapplicarla in forza della preminenza del diritto comunitario rispetto al diritto nazionale, in ragione della sua irriducibile contrarietà con il diritto comunitario(escludente qualsiasi possibilità di interpretazione conforme). Qui la violazione viene individuata in ragione dell’attività interpretativa operata per “conciliare l’inconciliabile” e cioè per avere interpretato in modo apparentemente conforme il diritto nazionale a quello comunitario senza invece giungere alla sua disapplicazione – o non applicazione che dir si voglia - stante la sua irriducibile contrarietà al diritto comunitario.

E’ questa, probabilmente, l’ipotesi maggiormente complessa, volta che si ipotizza, in buona sostanza, che l’attività di interpretazione conforme compiuta dal giudicante nazionale abbia contravvenuto al diritto comunitario, in modo tale da pregiudicare la posizione giuridica soggettiva presa invece in considerazione e tutelata in quell’ordinamento.

Quando, dunque, il processo ermeneutico utilizza in maniera distorta il canone dell’interpretazione conforme, operando – nell’apparente rispetto delle regole fissate dalla giurisprudenza di Lussemburgo - un’interpretazione della norma interna distonica rispetto al diritto comunitario, verrebbe comunque in gioco la responsabilità dello Stato per lesione della posizione giuridica del soggetto destinatario della tutela sovranazionale. Ciò vuol dire che il giudice, di fronte all’alternativa fra l’applicazione della norma interna in modo non conforme al diritto comunitario e la disapplicazione della stessa, dovrà sempre e comunque optare per tale ultima possibilità.

A tali esemplificazioni, alle quali è aggiunta quella dell’errata interpretazione di una norma di diritto comunitario applicabile alla fattispecie, l’Avvocato Leger accosta quella del mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Tale inadempimento rischia di condurre il giudice a commettere un errore che rientra in una delle ipotesi sopra ricordate.

Anzi, viene ricordato come tale inosservanza sia stata indicata nel caso Köbler come uno degli elementi da prendere in considerazione per valutare se la violazione del diritto comunitario sia avvenuta in modo manifesto- gli altri erano quelli del grado di chiarezza e precisione della norma violata, del carattere intenzionale della violazione, della scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto, della posizione eventualmente adottata da un’istituzione comunitaria – e che, anzi esso assume un’importanza particolare.

Infatti, per valutare la scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto è estremamente importante valutare l’atteggiamento del giudice supremo rispetto all’obbligo del rinvio.

Secondo l’Avvocato Leger l’errore di diritto, tanto nel caso in cui la norma di diritto violata sia poco chiara e precisa, quanto nella diversa evenienza in cui la norma appaia chiara e precisa, non può ritenersi scusabile.

Nel primo caso, l’assenza di elementi chiari in ordine alla portata del precetto ovvero l’assenza di giurisprudenza comunitaria sul punto dovrebbe comunque sollecitare il rinvio pregiudiziale.

Nel diverso caso della norma chiara, l’errore si colorerebbe di più evidenti profili di non scusabilità, posto che se il giudicante avesse ritenuto di non dovere applicare il precetto chiaro in ragione del suo contrasto con latri principi, il rinvio pregiudiziale sarebbe apparso vieppiù obbligato, soprattutto nel caso in cui la decisione del giudicante fosse rivolta a non conformarsi alla giurisprudenza comunitaria.

E’ a questo punto che l’Avvocato Lèger individua un ulteriore profilo di contrasto tra la legge n.117/1998 ed i principi in tema di responsabilità dello Stato laddove la disposizione interna esclude la responsabilità nell’ambito dell’attività interpretativa quando l’inosservanza dell’obbligo del rinvio è frutto di una non corretta interpretazione del diritto comunitario o della giurisprudenza della Corte di giustizia.Tanto che “il solo inadempimento dell’obbligo del rinvio pregiudiziale” sarebbe in grado di ingenerare la responsabilità dello Stato, pur ponendosi in tale evenienza problemi evidenti in ordine alla prova del nesso di causalità tra l’inadempimento dell’obbligo di rinvio e l’asserito danno.

L’Avvocato Lèger è quindi passato ad esaminare la compatibilità della norma che escluda la responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario connessa alla valutazione dei fatti e delle prove, giungendo ad analogo giudizio di incompatibilità.

L’iter motivazionale si è anche in tale occasione fondato sulla sottesa attività interpretativa alla quale il giudice è chiamato per valutare le prove ed i fatti, precisando peraltro che tale responsabilità può sussistere nei limitati casi in cui il giudice supremo valuti anche i fatti e segnatamente quando è chiamato a valutare il rispetto delle norme in materia di prova e l’esattezza della qualificazione giuridica dei fatti stessi.

Anche in tali casi si può profilare, secondo l’Avvocato Lèger, un errore di diritto.

Infatti, il diritto comunitario ha interesse, nel primo caso, a garantire che il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri venga comunque attuato nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività, costituenti principi generali del diritto comunitario.

In tale prospettiva il giudice supremo ha l’obbligo di verificare che i giudici di merito si siano conformati al rispetto di tali canoni.

E sul punto Lèger ha buon gioco nel rilevare che con riguardo al tema degli aiuti di stato di cui si discuteva nel giudizio a quo viene in rilievo l’attività qualificatoria riservata al giudice supremo che ha l’obbligo di valutare se il provvedimento controverso costituisca un aiuto, se esso rientri fra quelli vietati ex art.92 n.1 Tr.CE e se, in caso di accertato divieto dell’aiuto, lo stesso sia sottoposto alla procedura di controllo prevista dall’art.93 n.3 Tr.CE.

E’ allora possibile che anche in tale verifica dell’errore di diritto riservata al giudice supremo questi commetta, a sua volta, un errore di qualificazione rilevante ai fini della responsabilità dello Stato.

Passando a considerare il caso della limitazione di responsabilità ai casi di dolo o colpa grave pure previsto dall’art.2 n.1 della legge n.117/1988, l’Avvocato Lèger ha ritenuto di individuare una particolarità nelle ipotesi di responsabilità per l’attività giudiziaria di ultima istanza rispetto alle altre ipotesi di responsabilità derivanti da organi non giurisdizionali, avendo la sentenza Köbler insistito sul fatto che tale responsabilità sorge solo nel “caso eccezionale in cui quest’ultimo ha violato in maniera manifesta il diritto vigente”.

Al di la dei problemi connessi al fatto che tale espressione si differenzierebbe da quella utilizzata in altre occasioni dalla Corte ove si era parlato di violazione manifesta e grave, Lèger prende atto che l’introduzione di un coefficiente psicologico in aggiunta ai requisiti fissati dalla Corte di giustizia per l’insorgenza della responsabilità dello Stato “equivarrebbe a rimettere in discussione il diritto al risarcimento che trova il fondamento nell’ordinamento giuridico comunitario”.

Se è infatti possibile che i singoli ordinamenti possano prevedere condizioni più favorevoli rispetto a quelle fissate come parametro limite dalla Corte di giustizia in tema di responsabilità, non è ammissibile il contrario- id est l’adozione di misure più onerose per affermare la responsabilità dello Stato-.

Epperò, tale postulato non conduce l’Avv.Lèger a riconoscere l’automatica contrarietà del criterio soggettivo previsto nell’ordinamento italiano col diritto comunitario.

Infatti, alcuni degli elementi per definire tali categorie appaiono rilevanti per valutare se un organo giurisdizionale supremo abbia violato in modo manifesto il diritto applicabile.Viene allora chiarito che la condizione ulteriore attinente alla nozione di dolo o colpa grave non è conforme al diritto comunitario ma solo se “va oltre la violazione manifesta del diritto applicabile”.

Il che sembra, davvero, coincidere con quanto avevamo ipotizzato nel commentare la sentenza Köbler , considerando che il carattere soggettivo della violazione poteva essere ammesso nei soli limiti in cui lo stesso integrasse una violazione manifesta, così caldeggiando l’idea di una sostanziale omogeneità del concetto di negligenza inescusabile richiamata nell’art.2 n.3 della legge 117/1988, in cui si sostanzia la colpa grave, con quello della violazione manifesta del diritto comunitario.

Laddove dunque si interpretasse il diritto interno in tema di responsabilità dello Stato nascente dall’attività dei giudici supremi nel senso di richiedere ulteriori coefficienti psicologici- in aggiunta ai presupposti che integrano la negligenza inescusabile- tale interpretazione finirebbe con l’entrare in rotta di collisione con il diritto comunitario, dando così luogo ad un’ulteriore violazione idonea a produrre una nuova ipotesi di responsabilità dello Stato nel caso in cui il giudice nazionale chiamato a dover vagliare la sussistenza della responsabilità dello Stato correlata all’attività delle corti supreme non si attenga al canone interpretativo che la Corte di giustizia dovesse così individuare.

 

2.4.3. La sentenza della Grande Sezione del 13 giugno 2006.

L’analisi svolta sulle conclusioni espresse dall’Avvocato generale rende estremamente agevole l’esame della pronunzia resa dalla Grande Sezione della Corte di giustizia.

Quest’ultima, proseguendo il cammino intrapreso con la sentenza Kobler, ha focalizzato ancor di più le coordinate del ragionamento sul quale poggia l’affermazione di principio della responsabilità per attività giurisdizionale.

Va tuttavia evidenziato un vuoto nella decisione del giudice comunitario, laddove – diversamente dalle conclusioni espresse dall’Avvocato generale - esso ha omesso di prendere posizione sul significato da attribuire alla legislazione interna ed in particolare sui rapporti tra le lett.1, 2 e 3 dell’art.2 comma 2 l.n.117/1988.

Ma non può farsi a meno di rilevare che tale scelta del giudice di Lussemburgo, seppure ineccepibile- come è noto quel giudice interprete il dato comunitario e non quello nazionale- sembra avere preso atto dell’interpretazione prescelta dalla giurisprudenza di legittimità che si è più volte espressa in termini particolarmente ampi in ordine alla clausola di salvaguardia introdotta a proposito dell’attività interpretativa .

Ed invero, Cass.5 dicembre 2002, n. 17259, in modo più dettagliato, ha ricordato che l'art. 2 della legge n. 117 del 1988, nello stabilire i presupposti della domanda risarcitoria contro lo Stato per atto commesso con dolo o colpa grave dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, esclude che possa dare luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto, ovvero di valutazione del fatto e della prove (secondo comma), e poi comprende in detta colpa, fra l'altro, la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile (terzo comma, lett. a), senza eccezioni per le norme processuali, e dunque includendo quelle che fanno carico al giudice d'esaminare i temi in discussione influenti per la decisione e di dare contezza delle ragioni della decisione stessa. Dal coordinamento delle riportate disposizioni si è quindi tratta la conclusione che il momento della funzione giurisdizionale riguardante l'individuazione del contenuto di una determinata norma e l'accertamento del fatto, con i corollari dell'applicabilità o meno dell'una all'altro, non può essere fonte di responsabilità, nemmeno sotto il profilo dell'opinabilità della soluzione adottata, dell'inadeguatezza del sostegno argomentativo, dell'assenza di un’esplicita e convincente confutazione di opposte tesi.Ciò perchè l'affermazione della responsabilità dovrebbe passare attraverso una non consentita revisione di un giudizio interpretativo, o valutativo.

In questa prospettiva la Grande Sezione ha superato - implicitamente- le difese espresse dal Governo italiano per arginare il pericolo di una soluzione di merito da parte del giudice di Lussemburgo scegliendo una strada diversa da quella tracciata dall’Avvocato generale.

Orbene, il giudice di Lussemburgo ha ancora una volta individuato nel ruolo essenziale svolto dal giudice nazionale chiamato ad applicare- direttamente o in via mediata- il diritto comunitario uno dei tasselli fondamentali per la costruzione del sistema di responsabilità civile dello Stato per l’attività giurisdizionale(di ultima istanza).

Se, infatti, il potere giudiziario rappresenta l’avamposto finale nella tutela dei diritti che derivano ai singoli dalle norme comunitarie e se l’ organo giurisdizionale di ultimo grado costituisce l’ultima istanza dinanzi alla quale essi possono far valere i diritti che il diritto comunitario conferisce loro” la mancata previsione di una responsabilità dello Stato per l’operato giurisdizionale indebolirebbe la piena efficacia delle norme comunitarie che conferiscono simili diritti.

La specificità della funzione giurisdizionale e le legittime esigenze della certezza del diritto, proseguono i giudici della Corte, impongono di ritenere che tale responsabilità può sussistere solo nel caso eccezionale in cui l’organo giurisdizionale che ha statuito in ultimo grado abbia violato in modo manifesto il diritto vigente; ciò che si verificherà in rapporto al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto, alla posizione adottata eventualmente da un’istituzione comunitaria nonché alla mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE.

Ecco che rispetto al quesito pregiudiziale sollevato dal giudice genovese, la Corte non ha difficoltà a sostenere che quelle stesse esigenze di effettività della protezione giurisdizionale dei diritti non sono compatibili con una disciplina normativa che esclude la responsabilità dello Stato per il solo motivo che una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado risulti dall’interpretazione delle norme di diritto dal medesimo effettuata.

Infatti, l’interpretazione delle norme di diritto rientra nell’essenza vera e propria dell’attività giurisdizionale poiché, qualunque sia il settore di attività considerato, il giudice, posto di fronte a tesi divergenti o antinomiche, dovrà normalmente interpretare le norme giuridiche pertinenti – nazionali e/o comunitarie – al fine di decidere la controversia che gli è sottoposta.

Dall’altro lato, non si può escludere che una violazione manifesta del diritto comunitario vigente venga commessa nell’esercizio di tale attività interpretativa.Ciò che si verifica tutte le volte in cui il giudice dà a una norma di diritto sostanziale o procedurale comunitario una portata manifestamente erronea, in particolare alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte in tale materia o se interpreta il diritto nazionale in modo da condurre, in pratica, alla violazione del diritto comunitario vigente.

E’ il punto 36 della decisione a chiarire come nelle ipotesi di erronea attività interpretativa escludere ogni responsabilità dello Stato “equivarrebbe a privare della sua stessa sostanza il principio sancito dalla Corte nella citata sentenza Köbler.”

Affermazione, quest’ultima che sembrerebbe, a prima lettura, estendere i principi in tema di responsabilità anche alle giurisdizioni inferiori, se si considera che è la stessa Corte a precisare che tali considerazioni valgono, “a maggior ragione, per gli organi giurisdizionali di ultimo grado, incaricati di assicurare a livello nazionale l’interpretazione uniforme delle norme giuridiche.” Ma tale linea interpretativa potrebbe al più responsabilizzare nel suo complesso il corpo giudiziario dei singoli Paesi rispetto al tema della corretta applicazione del diritto comunitario130. Senza dire che essa sembra smentita dal punto 24 della motivazione, ove la Grande Sezione sembra avere riformulato il quesito pregiudiziale in modo da limitarne l’ambito all’attività delle giurisdizioni di ultima istanza.

A conclusioni analoghe è giunta la Corte rispetto alla legislazione italiana, nella parte in cui esclude, in maniera generale, la sussistenza di una qualunque responsabilità dello Stato allorquando la violazione imputabile ad un organo giurisdizionale di tale Stato risulti da una valutazione dei fatti e delle prove.

La Corte coglie, infatti, uno stretto nesso di collegamento fra valutazione di fatti e prove ed attività interpretativa delle norme giuridiche, poiché l’applicazione di una norma al caso di specie dipende generalmente dalla valutazione sui fatti del caso concreto così come sul valore e sulla pertinenza degli elementi di prova prodotti a tal fine dalle parti in causa.

Ed è anche tale valutazione- a volte assai complessa- che, secondo la Grande Sezione, può condurre ad una manifesta violazione del diritto vigente, vuoi nell’ambito dell’applicazione di specifiche norme relative all’onere della prova, vuoi in ordine al valore di tali prove o all’ammissibilità dei mezzi di prova, vuoi,infine, nell’ambito dell’applicazione di norme che richiedono una qualificazione giuridica dei fatti.

Diversamente opinando si finirebbe col privare di effetto utile il principio sancito nella sentenza Köbler.

Ciò che appare intollerabile alla Corte soprattutto nella materia degli aiuti di stato, ove il riconoscimento delle posizioni giuridiche riconosciute dal Trattato, dipende in larga misura da successive operazioni di qualificazione giuridica dei fatti.Sicchè, prosegue la Corte, nell’ipotesi in cui la responsabilità dello Stato fosse esclusa in maniera assoluta, a seguito delle valutazioni operate su determinati fatti da un organo giurisdizionale, tali singoli non beneficerebbero di alcuna protezione giurisdizionale ove un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado commettesse un errore manifesto nel controllo delle operazioni di qualificazione giuridica dei fatti.

Quanto alle limitazioni della responsabilità dello Stato ai soli casi di dolo o di colpa grave del giudice, la Grande Sezione non ha fatto altro che ricordare i principi scolpiti dalla Kobler nella parte in cui era stato individuato, quale metro per l’insorgenza della responsabilità dello Stato, di una violazione manifesta del diritto vigente, da valutare in relazione al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere scusabile o inescusabile dell’errore di diritto commesso, o alla mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE.A questi casi si aggiunge, poi, quello più macroscopico in cui la decisione interessata interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in materia131. Ma l’introduzione, in aggiunta ai parametri sopra individuati, di ulteriori limitazioni alla responsabilità non può dirsi in linea con il diritto comunitario, essendo i singoli Stati abilitati a precisare i criteri relativi alla natura o al grado di una violazione ma non ad imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente, quale precisata dalla sentenza Köbler.


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