L’Opera di Pechino rivisitata dal teatro sperimentale contemporaneo
2031
Huineng io sono in tutto me stesso
Mi sfuggono le ragioni e il loro nesso…
Immenso Forziere (
Canta)
Le foglie di banano sferza la pioggia di notte
Ma quando pioggia e vento cambieranno le rotte?
Huineng (Canta)
I pensieri vengono e vanno
Pensieri senza interruzione
Pensieri che fine non hanno
Che non trovano opposizione.
Immenso Forziere (Canta)
Rimorso infinito, infinito rimpianto
Dolore che mai smette il suo canto…
Huineng (Canta)
E’ dunque questa presente la nostra via davvero?
L’affanno conduce al Bodhi, il Nirvana è l’altro sentiero?
Nell’ultimo atto Immenso Forziere riapparirà: è una pazza coperta di sudiciume
e derisa da tutti, come se cercasse di mortificare ancora il suo corpo per liberarsi
dai desideri terreni:
Immenso Forziere (Ridendo e suonando una campanella buddhista)
Sono una monaca buddhista. Immenso Forziere è il mio nome! Forziere
ricolmo di tesori immensi, di bellezza immensa, di segreti immensi. Quale
uomo potrebbe capirmi?
(Cantando attraversa la scena fino al proscenio)
Pensieri ineusaribili, infiniti inganni
Immenso mare di delusione
Karma inestricabili, infiniti danni
Immenso mare d’afflizione…
[…]
Aspirazioni e illusioni a non finire,
Orazioni e mortificazioni a non finire!
(Suona la campanella e canta iniziando a danzare)
Dall’autunno all’inverno, dall’estate alla primavera,
Dall’ovest all’est, dal meridione al settentrione,
Dall’estremo mare della Terra fino alla frontiera,
Tutto è a perdita d’occhio sconfinata desolazione…(Esce)
Nella seconda scena l’azione si sposta nei quartieri alti della Scuola Zen, il
Tempio della Montagna Orientale, dove, dopo il noto confronto fra le due diverse
poesie, il V Patriarca Hongren decide di trasmettere il Dharma a Huineng e Gao
Xingjian inventa una suggestiva scena di iniziazione per spiegare alcuni principi
zen: la lingua ironica e i gesti molto teatrali finiscono anche qui per dare un tocco
molto personale alla realtà storica.
M.
C
RISTINA
P
ISCIOTTA
2032
Hongren Che cosa vedi dentro la porta?
Huineng Il Maestro e me.
Hongren (
Ridendo) Che cosa è quel me?
Huineng Un
ksana, un pensiero nella mente.
Hongren Dov’è?
Huineng Nei pensieri che non s’interrompono mai, è ovunque.
Hongren (
Gridando) No, non è in nessun luogo, non si trova in nessun luogo.
Perché allora sarebbe nel pensiero?
Huineng (
Sta in silenzio, con la testa bassa. Dopo un attimo, solleva di nuovo il
capo) Per nulla.
Hongren Perché allora hai detto che il pensiero esiste?
Huineng Solo perché il Maestro me lo ha chiesto un attimo fa.
Hongren Non c’è nessun attimo fa.
Dal buio si sente arrivare un pesante colpo di tamburo. Hongren si volta per
raccogliere un bastone di legno che sta vicino al letto, poi, voltandosi indietro, traccia
un cerchio sul pavimento…
Huineng (
Si china per guardare dentro il cerchio, poi solleva la testa) E’ vuoto.
Si sente un altro pesante colpo di tamburo. Hongren solleva il bastone e traccia un
altro cerchio. Huineng solleva la testa, guardando Hongren con un sorriso. Ancora
un pesante colpo di tamburo.
Hongren (
Si fa una bella risata) Ciò mostra che tu hai conoscenza della tua
vera natura, che sei un discepolo infervorato, un Maestro del Cielo e degli
uomini: un Buddha! Questa è proprio la grande saggezza che conduce
all’Altra Riva!
Dunque il commediografo rende teatrale l’idea zen che nulla nel mondo è
perpetuo o sempre reale e che la comprensione della realtà non è né vera né falsa:
“Tutto quello che appare è falso”. I Maestri zen successivamente definiranno
questo momento il terzo stadio di comprensione: nel primo tentativo di
comprendere si vede; nel secondo non si vede più, poiché si trascende il mondo
come è; nel terzo si vede di nuovo ma non allo stesso modo di prima. E’
interessante come Gao riesca a rappresentare, in modo sintetico e fortemente
suggestivo, l’idea zen dell’“accumulo” delle esperienze che modifica la visione
delle cose. L’esposizione più chiara di questo concetto è forse quella del Maestro
Weixin: “Trenta anni fa quando venni a questo Tempio a studiare Zen, vidi
montagne e fiumi così come sono; quando acquistai un po’ di discernimento
coll’esperienza, non vidi più le montagne e i fiumi come sono; ora che ho trovato
un posto per fermarmi, vedo di nuovo le montagne e i fiumi come sono”.
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La terza scena, in cui Huineng fugge inseguito dai monaci invidiosi scampando al
pericolo, è un altro momento d’intensa teatralità; qui si ricorre alle tecniche
dell’Opera di Pechino, come gli oggetti scenici di forte simbolismo e l’azione mimata,
per raccontare i sedici anni in cui il Patriarca si nasconde e vive da eremita:
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28
Cfr. Puji, 1983, p. 188.
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Cfr. Quah Sy Ren, 2001.