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superstizione, l’ermetico, l’effimero, il particolare, insieme con i loro opposti del
sacro, della scienza, del palese, del perenne, dell’universale si riverberano come
manifestazioni dell’enciclopedismo insito nell’unità a cui rimandare
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per
progressivamente disvelarla nella verità del Cristianesimo.
Entro tale dimensione teorica, i contenuti operativi della scienza, riguardanti
l’analisi geometrica e matematica e la concezione spaziale e temporale si
sostanziano in una serie di prodotti strumentali quali orologi, mappamondi, carte
geografiche, prismi (per scomporre la luce solare), macchine astronomiche e
musicali.
Nel 1584, nella abitazione di Ricci e degli altri Padri a Zhaoqing, era stata
collocata nella sala d’ingresso una carta geografica del mondo, esposta
all’ammirazione dei Cinesi:
Avevano i Padri posto nella loro sala un Mappamondo universale di tutto
il mondo in nostra lettera. E, essendo inteso da’ Cinesi che cosa era questa,
come cosa mai vista né pensata, desideravano tutte le persone gravi vederlo
voltato in lettera Cinese, per saper meglio quello che in essa si conteneva.
Perciò l’istesso Governatore comandò al P. Matteo, che già sapeva qualche
cosa delle loro lettere, che gli voltasse quel Mappa con tutte le annotazioni che
in esso vi erano, perché lo voleva far stampare e comunicarlo con tutta la
Cina; con che i Cinesi gliene restarebbero molto obbligati.
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Ricci annota inoltre lo smarrimento provato dai letterati nel verificare che la
Cina non è il “paese di mezzo” quanto piuttosto soltanto “un Cantone” della terra.
Non è dato conoscere il luogo di produzione di questo mappamondo che deve
essere comunque stato alla base della carta geografica che Ricci si appresta a
trasporre in versione cinese. La sorpresa dei letterati aumenterà maggiormente
quando Ricci, allievo di Clavius, riuscirà a determinare la longitudine della Cina e
a pubblicare nel 1602 la carta aggiornata – anche rispetto a quelle occidentali,
perché integra Mercator e Ortelius – che sarà nota come Kunyu wanguo quantu
(“Carta completa di tutte le nazioni della terra”, Pechino 1602).
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La necessità di soddisfare la continua richiesta di nozioni matematico-
astronomiche spinge Ricci a impegnarsi a lungo in questo settore. Di aiuto gli è pur
sempre la dottrina di Clavius, certamente attraverso i suoi scritti; siccome è
possibile ritenere che non li avesse tutti a disposizione, Ricci deve affidarsi alla
memoria per collegarsi ai contenuti dei corsi seguiti a Roma. Tale sua capacità
impressiona enormemente l’uditorio, tant’è che egli dedica alla mnemotecnica il
Xiguo jifa “Metodo della memoria dei Paesi occidentali”, del 1596 (pubblicato dopo
il 1625 nella versione rivista da Alfonso Vagnone e da Zhu Dinghan). Infine, Ricci
elabora diversi libri di matematica, di geometria e di astronomia e li traduce con la
31
Battistini, 2000, pp. 317-401.
32
Ricci, 2000, p. 143.
33
Standaert, 2000, pp. 752-770.
Per comprendere la “terra incognita”
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collaborazione di alcuni scienziati cinesi.
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L’incontro con la dimensione religiosa della Cina è preparato secondo i canoni
di una interpretazione umanistica dell’alterità. Rispetto alle “tre sette”
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dominanti
nel Paese, ovvero quelle dei confuciani, dei buddisti e dei taoisti, l’allontanamento
dal Buddismo e la preferenza per il Confucianesimo diventano il tratto
caratterizzante tutta la missionologia dell’Estremo Oriente. Superata, infatti,
l’infatuazione della prima fase della missione, al Buddismo ci si riferisce oramai
definendolo una religione “vile” e adoratrice di “idoli”. Sia in Giappone sia in
Cina, i Gesuiti avevano creduto di potersi inserire in quegli interstizi del Buddismo
che in superficie possono apparire delimitati da principi consoni a quelli del
Cristianesimo.
In Cina i Padri avevano assunto anche nell’esteriorità l’abito e la tonsura
monacali da hoxano/osciano (termine con cui Ricci rende heshang). Parole quali si per
ecclesia e
scien per
santi, che si ritrovano traslitterati nell’allegato alla lettera inviata da
Ruggieri al p. Generale Claudio Acquaviva nel 1584,
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alludono all’ambiente
buddista.
Tuttavia, a partire almeno dalla missione di Nanchang del 1595,
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riuscendo
oramai a cogliere la molteplicità delle componenti che sono contenute nel
sincretismo realizzatosi all’interno del Neoconfucianesimo, i Gesuiti rifuggono dal
Buddismo, e dal Taoismo che gli viene accomunato, e si convincono dell’urgenza
di accostarsi alla casta dei guanfu “funzionari” (letterati e mandarini). Il dialogo con
questi si pone sul terreno degli interrogativi che i letterati dell’epoca si stanno
ponendo in una ridda di interpretazioni contrastanti e prende avvio dal confronto
con il patrimonio canonico espresso dai “Cinque classici” (Wujing) e dai “Quattro
libri” (Sishu, la cui traduzione è portata a Roma da Ruggieri), per mostrare come,
intercettandone i principi originari sul piano delle concezioni naturali, la loro etica
e la loro logica attendessero di confermare l’intuizione propria di una “prisca
theologia” riguardo alla trascendenza del “Dio del Cielo” (Shangdi) e di
completarla alla luce della Rivelazione del Cristianesimo.
In Giappone Francesco Saverio, portato inconsapevolmente dal neo-convertito
Anjiro verso il Buddismo della Scuola Shingon, si renderà conto del rischio
provocato dall’accostamento con questa religione proprio perché nella prassi
catechetica viene a prospettarsi con facilità l’omologazione della Buona Novella
cristiana, quando essa è predicata in maniera eccessivamente ipocaratterizzata, con
gli aspetti devozionali del Buddismo professato dalle masse.
Sulla sequela di queste esperienze, in Annam la pastorale di Alexandre de
Rhodes cerca gli interlocutori nel pubblico dei neoconfuciani locali.
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Il suo lavoro
pastorale rappresenta la sintesi dell’attività collettiva della Compagnia condotta
nelle regioni vietnamite che, iniziatasi nel 1615 come alternativa alla drammatica
34
Idem, 2003, pp. 372-374.
35
Tres setas, Ricci, 2001, pp. 84 ss.
36
Poli, in corso di stampa.
37
D’Arelli, 1998, pp. 170 s.
38
Phan, 1998.