L’Opera di Pechino rivisitata dal teatro sperimentale contemporaneo
2035
Alla voce dello Scrittore si accompagna quella altrettanto ironica della
Canzonettista: accompagnata dall’orchestra, sale dal golfo mistico sul palco
cantando le sofferenze e le illusioni di ogni donna, i desideri mondani che non
sono mai divisibili da quelli spirituali. La silhouette di Immenso Forziere,
proiettata sul fondo della scena, le fa da contrappunto:
(Canta)
Un bel corpo, un fardello di memoria,
Celata nel fondo del cuore una storia
Si può solo ricordare ma non dire a parole
Forziere Immenso sei tu, io Immenso Forziere
Camminare, camminar, questa cosa sola,
chi può di ciò il profondo senso sapere?
…
(Con voce di falsetto)
Questo è il mistero di una monaca buddhista che è lei stessa una donna. Solo
una donna può svelarlo. E neppure tutte le donne riescono a farlo! Come può
dunque un monaco, che non è donna, essere capace di svelarlo?
(Canta)
Senso di tristezza nel cuore innamorato
Persistente, sottile come nuvola e caligine
Come qualcosa che confonde, che ti ha intrappolato
Come la nebbia e la sua pioviggine
Non si può cacciare e neanche diradare
Come allora tutto ciò eliminare?
…
(Con voce di falsetto)
Vacuità dunque! Cosa dovrebbe fare una donna per raggiungere l’Altra Riva?
(Canta)
Le mille mossette, i cento sguardi incrociati
I diecimila misteri e tutte le tortuosità
Il senso di libertà, i mutamenti e l’instabilità
Pene di una donna, mai un uomo li avrebbe afferrati! (Esce)
Nel terzo atto “si scatena il finimondo nella Sala di Meditazione”, popolata da
una folla furiosa di monaci: le scene di massa sono il forte del teatro di Gao
Xingjian che molte volte vi ricorre per rappresentare la violenza insita nel
comunitarismo o più semplicemente nella parola. Così un monaco spacca i mattoni
con la mano, un altro colpisce col bastone le spalle degli allievi per insegnar loro la
dottrina, un altro sta in piedi su un palo, altri ancora spostano assi di legno, mentre
uno di loro sputa fuoco dalla bocca. La scena è attraversata da un gatto furioso che
tutti inseguono con gran fragore per chiuderlo in un sacco, mentre il tempio zen va
a fuoco ad opera di piromani pazzi.
Ma come può il quietismo Zen sollevare il pandemonio di comportamenti
eccentrici a cui assistiamo in questo ultimo atto? Il Chan pazzo, diventato di moda
M.
C
RISTINA
P
ISCIOTTA
2036
in Cina intorno al XII secolo, è certamente un punto di riferimento, così come certe
manifestazioni di “pazzia” tipiche del repertorio del Buddhismo Chan. Ma è senza
dubbio proprio in questo ultimo atto che maggiormente interviene il
commediografo a imporre il suo stile: così suoni, canti, gesti, acrobazie, piroette e
kung-fu si fondono in una trascinante farsa del vivere umano. Fra mattoni,
legname, fuoco e bastoni si cantano infine i koan, gli anti-discorso che utilizzano le
parole unicamente per ridurle al niente dell’assurdo, proprio quell’assurdo che sta
alla base della vita, secondo Gao s’intende.
E’ dunque in questo finimondo che Huineng trapassa nel nirvana e l’intera
montagna alle spalle del tempio si imbianca per una inattesa nevicata d’agosto. Lo
Scrittore e la Canzonettista entrano in scena dai due diversi lati del proscenio e,
accompagnati dalla musica, intrecciano le loro voci. Con un ultimo tocco di grande
originalità, il commediografo fa intonare alla donna una canzone i cui versi sono
interamente composti dai nomi dei vari Patriarchi, grandi Maestri del Buddhismo
Chan di varie generazioni successive, tutti discepoli e studenti di Huineng: lo
scopo è quello di illustrare il passaggio del tempo e la grande diffusione del
Buddismo Chan in Cina nell’arco di duecentocinquant’anni
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. Gao non ordina gli
ideogrammi dei loro nomi cronologicamente ma ne decide la successione in base al
loro significato, costruendo così dei versi suggestivamente lirici e metaforici, adatti
ad illustrare lo straordinario fenomeno della nevicata estiva e i simboli più
significativi del Buddismo Chan.
Il commediografo riprende qui, con l’uso di questa originale canzone, una
caratteristica dell’Opera di Pechino tradizionale, quella cioè di non indicare mai
direttamente il tempo in cui l’azione si svolge, ma di suggerirlo in vari modi, per
esempio attraverso oggetti o gesti simbolici.
Canzonettista (Canta)
Neve d’agosto
Che fenomeno paradossale!
Lo Scrittore alza lo sguardo al cielo e solleva le mani come per afferrare i fiocchi di neve.
Canzonettista (
Canta)
Il monte Cao è silente, solitario posto,
Un’ombra attraente gioca con il vento frizzante
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.
Scrittore (
Recita)
Un taglialegna…
Canzonettista (
Canta)
Guarda, hanno un senso anche i picchi innevati,
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Nella verde pianura vagano i tuoi pensieri.
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Scrittore (Recita)
Maestro di una generazione!
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Cfr. Chen, 2002, pp.7-19.
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I due versi sono la traduzione semantica del Maestro Zen Caoshan Benji (840-901).
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Il verso è la traduzione semantica del Maestro Zen Qingyuan Xingsi (?-740).
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Il verso é la traduzione semantica del Maestro Zen Xuefeng Yicun (822-908).