104
legge prevede espressamente la pena della mutilazione per atti contro
natura in quanto le Novelle non richiamano mai in modo esplicito questa
sanzione, anche se da fonti storiche risulta che tale punizione era utilizzata
nella prassi.
105
C
APITOLO
IV
I REATI DI LENOCINIO, CASTRAZIONE
ED ESPOSIZIONE DI NEONATI
NELLE NOVELLE
S
OMMARIO
:
1. Giustiniano e la repressione del lenocinio – 2. Nov. 14 del 535 e Nov.
51 del 537 – 3. Cenni alla regolamentazione pregiustinianea del prossenetismo – 4. Il
divieto di castrazione: Nov. 142 del 558 – 5. Nov. 153 del 541 contro l’esposizione
d’infanti
1. Giustiniano e la repressione del lenocinio
Come si evince dalla legislazione novellare, alcune pratiche sociali
assai diffuse all’epoca di Giustiniano, sia per ragioni economiche
(fenomeni come lo sfruttamento della prostituzione o l’abbandono di
neonati testimoniano infatti lo stato di povertà in cui viveva buona parte
della popolazione dell’impero), sia per motivi culturali (gli schiavi evirati
costituivano un bene pregiato e perciò erano molto richiesti), suscitarono il
biasimo e la severa reazione punitiva dell’imperatore.
Dei reati di esposizione d’infanti e di castrazione si parlerà nei
paragrafi successivi; ora ci si vuole soffermare sul crimine di lenocinio, che
Giustiniano combattè con grande tenacia durante il suo regno. La forte
avversione morale nei confronti di questo fenomeno – tra le cause più
rilevanti, secondo l’imperatore, del deterioramento dei costumi – dipende
106
anche dall’influsso della religione cristiana, che attribuisce grande
importanza a valori come la castità e la pudicizia (
1
).
Giustiniano interviene inizialmente con due costituzioni: si tratta di
CI. 5, 4, 29
del 533 e CI. 1, 4, 33 del 534, indirizzate l’una all’autorità civile e
l’altra a quella ecclesiastica ma molto simili nel contenuto, concernente la
tutela giuridica delle prostitute e la riforma delle incapacità matrimoniali,
tanto che il testo della seconda richiama espressamente la prima (
2
).
CI. 5, 4, 29
[Ὁ αÙtÕj βαsileÚj.]..... P£shj...
[M]hdeίj τ¾ν μ¾ βοuλομšνην ˜λχšτω eἰj σkην¾ν μηδὲ τὴν
˜kοuσίwj kατελqoàsan kωλνέτω Ûστερον βοuλομένην ¹suχάsαι
μηsὲ protrop¾n dιδότw kαˆ λαμβανέτω αÙτîν ἐgγÚαj πeρˆ τοà
μhkέti ἀφίστασqαι τÁj σkηνÁj. 1 Παί ουν ἐν οƒvd»pote τάξει íν
βίον À οƒανδ»pοτε ἀρχ¾ν ¥ρχων εἰ tοàτο ποιήseιεν, ἐξέsτω τÍ
γuναikˆ kαˆ τù °ρχοντι προσιšναι, εἰ μ¾ αÙtόj ἐsτιν Ð βιαζόμενοj,
kαˆ τù ἐpiskÒpῳ, †να ἐkε‹νoi ¢ποστήσωsι tÕν τ¾ν γuνα‹kα
βιαζόμενον, eίδÒτα æj, ἐ¦ν ¢νtistÍ, τÁj πόλεωj ἐkβάλλεtαι kαˆ
δημεÚεται. Ταàτα μέν, εἴ τij ἑλkÚσειέ τινα πρÕj τ¾ν σkηνήν. 2 Εἰ
dέ τ¾ν ἑkοusίωj kατελqοàsαν kωλÚει πάλιν ¢ποsτÁναι, kαˆ ¹ τîν
ἐγγuîν δόσij λuέsqω kαί, εἴ τi ¢pῃtήqhsan dοàναι oἱ ἐγγuηταi,
(
1
) Giustiniano ribadisce più volte nelle Novelle che la castità gli è gradita perché essa sola
raccomanda l’anima a Dio: in Nov. 14 si augura che Dio conceda prosperità all’impero in
cambio della solerzia con cui egli stesso difende la castità; in Nov. 51 si preoccupa che la
sua legge sia diffusa in ogni parte dell’impero, affinché sia noto a tutti il suo zelo nel
proclamare la pudicitia. Si veda a questo proposito B
IONDI
, Diritto romano cristiano, II,
Milano 1952, pp. 269-277.
(
2
) Tra i provvedimenti contro la prostituzione emessi da Giustiniano ancora prima di
queste due costituzioni vi è nel Codex una legge del 531 (CI. 6, 4, 4) che, nel ricapitolare i
diritti del patrono sul liberto, al paragrafo 2 stabilisce che, se qualcuno fa prostituire un suo
schiavo, lo schiavo diviene libero e il dominus è privato di ogni diritto di patronato. Con
un’altra legge emanata nel 531 – CI. 7, 6, 1 – che ha per oggetto la soppressione dello status
di latino e la trasformazione in quello di cittadino romano, al paragrafo 4 sancisce che se
qualcuno vende uno schiavo proibendone la prostituzione e questo invece viene prostituito
dal nuovo padrone, lo schiavo acquista la libertà e la cittadinanza romana e chi l’ha
prostituito è escluso dai diritti di patronato. B
EAUCAMP
, Le statut de la femme à Byzance (4
e
-7
e
siècle), I, Le droit imperial, cit., pp. 46-47.
107
διπλ© λαμβανέτωsαν. 3 Ὁ μοίwj δέ, [εἰ] kαˆ αuταˆ αƒ γuνaῖ kej
¢πῃτήqησάν τι pαραsχεῖ ν, εἰj διπlάsιον ¢πολαμβανέτωsαν, τοà
¥ρχοντοj kαˆ τοà ἐπιskÒποu ταàτα ἐkβιβαζόντων. 4 Καˆ αÙτό tὴn
¢rχὴν μηδὲ ἐγγÚαj ἐξέστω ¢παιτεῖ sqαι τ¦j eἰj σkηνὴν
kατελqοÚσαj πεrˆ τoà μηkštι ¢φ…sταsqαι. 5 'Εξοus…αν œχονtοj τοà
ἐpiskόπον, ἐ¦ν Ð τÁj ἐπαρχίαj ¥ρχων ἐστˆν Ð βιαζόμενοj,
ἐναντιoàsqαι αÙτù kα… ¢ζημ…οuj φuλάττειν touj ἐγγuητ¢j εἰ δὲ μὴ
ἐνδίδωsιν Ð ¥ρχων, ἐxšstw tῷ ἐπισkόπῳ μηνÚeιν, éste τÕν
¥ρχοντα ¢poστÁναι τÁj ¢rcÁj kαˆ δημeuqÁναι kαˆ διηnekîj
ἐξορισqÁναι. 6 Ἐ ξοusίαj οÜσηj ταῖ j τοιαÚtaij γuναιxˆ kαˆ
proσομιλεῖ ν γάμοιj kαˆ ¥νεu qe…aj ¢νtiγραφÁj. 7 Ἀll¦
τ[αÚτην
τὴν] διάταξιν krateῖ ν τοῖ j ἰδίοij χρόνοιj, kωλ[uομένων] pάnton
τîν ἐx ¢ρχÁj kωluομšνων gάμ[wn], πλὴν τοÚτου τοà νàν
ἐπiνοηqέντοj toà τοte μὲν δeomἑnou qeίαj ¢ντιγραφÁj, νàν dὲ
oὐkšti. 8 Ταàτα πάντα νομοqετήsαsα ¹ διάταξιj ἐπιφšρεi τότε
kρατeῖ ν, ¹νίkα μείνωsι sωφρονοàsαι: eἰ γ¦r mετ¦ tÕ γÁμαι p£λiν
βοuληqîsi γενšsqαι σkηνιkαί, οὐ μÒνον tÁj eÙγeνeίαj Âj εἶ χον
ἐkπίπτοuσιν, ἀll'οὐδὲ meτέχοuσιν οὐδεμi©j βοηqeίαj οÜτε ἐk
taÚτηj οÜτε ἐk τÁς 'Iοuστίνοu τοà τÁς qείαj λήξewj dιατάξεωj:
Øpόkeινται γ¦ρ stοÚpρου ἐγklήματι (
3
).
(
3
) Si tratta di una constitutio restituta: di essa ci è pervenuto un indice attraverso Nomoc.
XIII, 21 [ed. I. B. P
ITRA
, Iuris ecclesiastici graecorum historia et monumenta, II, Romae, 1868,
pp. 627-628]. Sul punto cfr. K
RUEGER
, Editio maior, ad h.l.
Trad. a cura dell’A.: “Nessuno porti sulle scene una donna controvoglia, né cerchi di
trattenere colei che venne spontaneamente e che poi abbia voluto rinunciare né la
convinca né prenda da lei fideiussioni per non abbandonare la scena. 1 Pertanto, nel caso
che un potente abbia fatto ciò, sia permesso alla donna di andare dal governatore, a meno
che non sia proprio quello a costringerla, o dal vescovo, affinché quelli distolgano
dall’azione colui che fa violenza alla donna, consapevole, se avrà resistito, che sarà
cacciato dalla città e privato del patrimonio, e (subirà) certamente ciò, se avvia una donna
alla prostituzione. 2 Se invece impedisse di allontanarsi a colei che è venuta
spontaneamente, siano annullate le fideiussioni e, se fosse stata riscossa una somma dai
fideiussori, restituisca il doppio. 3 Analogamente, anche se dalle stesse donne fosse stata
riscossa una somma, restituiscano il doppio: eseguiranno ciò il governatore e il vescovo. 4
E neppure all’inizio sia lecito esigere fideiussioni dalle donne che si danno alla
prostituzione riguardo all’abbandono di questa. 5 È data facoltà al vescovo, se il
governatore della provincia usa violenza, di opporsi a lui e di difendere i fideiussori dal
danno, perché se il governatore non cede, sia lecito al vescovo denunciare ciò, affinché il
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