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Ai sensi di queste leggi, costituiscono un’azione criminale non solo
l’avviamento forzato all’attività teatrale e alla prostituzione ma anche la
mera istigazione e la richiesta di obbligazioni a garanzia dell’impegno, da
parte della prostituta, di non abbandonare la professione: tali
comportamenti implicano una coazione della volontà della donna e come
tali vanno puniti.
La donna che, sotto violenza, è costretta a iniziare o a proseguire
l’attività di scaenica o di prostituta può adire il governatore provinciale o il
vescovo; non viene precisato se si tratti di giurisdizione congiunta o
alternativa, e quindi se vi sia possibilità di scelta da parte della donna tra
foro laico ed ecclesiastico: in entrambi i casi però sia il magistrato che il
vescovo hanno la facoltà di irrogare ai colpevoli vere e proprie sanzioni
personali e patrimoniali. Le pene previste per questo reato sono la confisca
del patrimonio e l’esilio. Nell’ipotesi di stipulazione di obbligazioni,
personalmente o tramite garanti, la sanzione consiste nella rescissione
degli accordi fideiussorii, nell’invalidità delle obbligazioni date in
garanzia e nell’obbligo, in capo al lenone che impedisce il ritiro della
prostituta dalla professione, della restitutio in duplum delle somme pagate
dalla donna o eventualmente dai suoi fideiussori.
Se a macchiarsi di tale reato è la stessa autorità civile, il vescovo è
incaricato di reprimere tale comportamento liberando i garanti dalle
obbligazioni assunte e denunciando il funzionario resosi colpevole di
questo crimine davanti al tribunale imperiale: costui subirà la perdita della
carica, la confisca dei beni e l’esilio. Contro il vescovo che non adempie ai
suoi doveri civili non sono comminate pene ma vengono invocati il magni
dei metus e l’imperialis indignatio.
Oltre a misure repressive, in queste costituzioni (CI. 5, 4, 29, 6-8; CI.
1, 4, 33,
2) compaiono anche delle disposizioni di favore nei confronti delle
donne: vengono abolite l’incapacità matrimoniale della mulier scaenica
nonché le restrizioni relative allo status sociale dell’uomo che intende
sposarla. Ne consegue che essa, sia libera che liberta, una volta cessato
l’esercizio della professione può contrarre matrimonio legittimo senza
necessità della preventiva autorizzazione per rescriptum principis, come
invece aveva precedentemente disposto l’imperatore Giustino I: è infatti
111
sufficiente la confezione degli strumenti dotali; la medesima concessione
viene fatta alla figlia della scaenica. Tuttavia, se dopo le nozze la donna
avrà ripreso a prostituirsi, perderà tutti i benefici ottenuti grazie a queste
leggi.
2. Nov. 14 del 535 e Nov. 51 del 537
Passando alla legislazione novellare, merita di essere analizzata una
costituzione, emanata il 1° dicembre 535, che si pone come riforma
organica della materia: si tratta di Nov. 14, una delle prime leggi redatte
dopo l’entrata in vigore del Codex repetitae praelectionis, a dimostrazione di
quanto la repressione del lenocinio stesse a cuore all’imperatore.
Nov. 14 mira ad offrire una regolamentazione completa ed esaustiva
del fenomeno della prostituzione: nella prefazione il legislatore descrive
con ricchezza di particolari i metodi usati dai lenoni per adescare le
fanciulle, che di frequente lasciavano la loro misera vita in provincia per
cercare miglior fortuna in città. Il reclutamento delle prostitute tra donne,
spesso giovanissime, appartenenti ai ceti più bassi della popolazione
avveniva secondo uno schema prefissato: i protettori attiravano le giovani
promettendo loro indumenti e cibo, le conducevano nella capitale dove
venivano rinchiuse nei postriboli; una volta avviate alla prostituzione, esse
ricevevano in cambio delle prestazioni sessuali un misero sostentamento,
mentre tutti i guadagni finivano nelle mani dei loro protettori. Le
testimonianze storiche confermano questo stato di fatto: Giovanni Malala
descrive la decadenza dei costumi della sua epoca, ponendo l’accento
sull’ampia presenza di lenoni che, per arricchirsi, sfruttavano fanciulle di
bassa estrazione sociale approfittando delle loro misere condizioni.
Joannis Malalae chronographia, 18, 24
Ἐ ν αὐτῷ δὲ τῷ καιρῷ ἡ εὐσεβὴς Θεοδώρα μετὰ καὶ τῶν ἄλλων
αὐτῆς ἀγαθῶν ἐποίησε καὶ τοῦτο. οἱ γὰρ ὀνομαζόμενοι
πορνοβοσκοὶ περιῆγον ἐν ἑκάστῳ τόπῳ περιβλεπόμενοι πένητας
112
ἔχοντας θυγατέρας, καὶ διδόντες αὐτοῖ ς, φησίν, ὅρκους καὶ ὀλίγα
νομίσματα ἐλάμβανον αὐτάς, ὡς ἐπὶ συγκροτήσει, καὶ προΐ στων
αὐτὰς δημοσίᾳ, κατακοσμοῦντες ἐκ τῆς αὐτῶν ἀτυχίας,
κομιζόμενοι παρ´αὐτῶν τὸ τοῦ σώματος αὐτῶν δυστυχὲς κέρδος,
καὶ ἠνάγκαζον αὐτὰς τοῦ προΐ στασθαι. καὶ τοὺς τοιούτους
πορνοβοσκοὺς ἐκέλευσε συσχεθῆναι μετὰ πάσης ἀνάγκης: καὶ
ἀχθέντων αὐτῶν μετὰ τῶν κορασίων, ἐκέλευσεν εἰπεῖ ν ἕκαστον
αὐτῶν μεθ´ὅρκου δόσεως τί παρέσχον τοῖ ς αὐτῶν γονεῦσι: καὶ
εἶ πον δεδωκέναι ἀνὰ πέντε νομίσματα. καὶ πάντων ἐπιδεδωκότων
γνῶσιν μεθ´ὅρκου, δεδωκυῖ α τὰ χρήματα ἡ αὐτὴ εὐσεβὴς
βασίλισσα ἠλευθέρωσεν αὐτὰς τοῦ ζυγοῦ τῆς δυστυχοῦς δουλείας,
κελεύσασα τοῦ λοιποῦ μὴ εἶ ναι πορνοβοσκούς, ἀλλὰ χαρισαμένη
ταῖ ς αὐταῖ ς κόραις τὴν τοῦ σώματος ἔνδυσιν καὶ ἀπὸ νομίσματος
ἑνὸς ἀπέλυσεν αὐτάς (
5
).
Spesso i lenoni facevano firmare alle loro vittime delle ricognizioni di
debito o richiedevano delle cauzioni in denaro come garanzia che le donne
non si sarebbero ritirate dal mestiere per almeno un certo tempo.
Nov. 14 Perˆ toà m¾ enai pornoboskoÝj ™n mhdenˆ tÒpῳtÁj
`Rwma…wn polite…aj.
AÙtokr£twr 'IoustinianÕj AÜgoustoj Kwnstantinoupol…taij.
praef. pr. Kaˆ to‹j palaio‹j nÒmoij kaˆ to‹j prèhn bebasileukÒsi
(
5
) Joannis Malalae chronographia, in Corpus scriptorum historiae Byzantinae, ed. L.
D
INDORF
,
Bonn 1831, da p. 440, l. 14 a p. 441, l. 7. Trad. a cura dell’A.: “In quel periodo la pia
Teodora aggiunse la seguente alle altre sue opere buone. Coloro che erano conosciuti
come lenoni erano soliti andare in quasi tutti i quartieri alla ricerca di uomini poveri che
avessero figlie e offrendo loro, come si dice, giuramenti e poche monete, le prendevano
come se fossero sotto contratto, e le prostituivano in pubblico, vestendole come la loro
infelice condizione richiedeva e, ottenendo un misero provento del loro corpo, le
costringevano a prostituirsi. Ed ella ordinò che tutti quei lenoni dovessero essere arrestati
con sollecitudine, e una volta catturati ordinò che ciascuno di loro dichiarasse sotto
giuramento quale somma avesse pagato ai genitori della ragazza. Essi dissero che
avevano dato loro cinque monete ciascuno. Quando essi ebbero dato tutte le informazioni
sotto giuramento la pia imperatrice restituì il denaro e liberò le ragazze dal giogo della
loro misera schiavitù, ordinando che di lì in poi non ci sarebbero più stati sfruttatori di
prostitute. Ella diede alle fanciulle alcuni abiti e le congedò con una moneta ciascuna”.
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