166
3. La funzione di prevenzione generale
Passando ora al tema della funzione della pena nella riflessione
giuridica, si può notare fin da subito che, se nel diritto classico risultava
maggioritario il concetto di giustizia retributiva, basato sulla
corrispondenza tra reato e sanzione e attestato dall’uso dei termini
vindicta, vindicare, ultio (
24
), successivamente si può cogliere – pur
all’interno di un quadro complesso e variegato – la tendenziale prevalenza
della funzione intimidatrice e deterrente della pena, dettata da ragioni di
ordine e difesa sociale (
25
). Non vige più quindi l’ideale classico che
audivi, quoniam saevitia ista poenae contemni non quitast. 53 An putas, Favorine, si non illa
etiam ex duodecim tabulis de testimoniis falsis poena abolevisset et si nunc quoque, ut antea, qui
falsum testimonium dixisse convictus esset, e saxo Tarpeio deiceretur, mentituros fuisse pro
testimonio tam multos, quam videmus? Acerbitas plerumque ulciscendi maleficii bene atque caute
vivendi disciplinast. Sull’argomento si confronti M.
H
UMBERT
, La peine en droit romain, in
Recueils de la société Jean Bodin pour l’histoire comparative des institutions, cit., pp. 133-183.
(
24
) Questi termini, indici nelle fonti classiche di una funzione retributiva della pena,
ricorrono frequentemente anche nelle costituzioni del Basso Impero: si è tuttavia perduto
il precedente significato di retribuzione di un male con un altro male proprio di questi
vocaboli, i quali ormai vengono utilizzati come semplici sinonimi di pena. Ad esempio
Giustiniano in CI. 9, 13, 1 utilizza la parola vindicta, ma è tuttavia evidente la funzione
preventiva assegnata alla pena in questo caso: l’imperatore infatti giustifica la severità
della pena irrogata affinché senza punizioni non si accresca una tale follia (ne igitur sine
vindicta talis crescat insania). La scelta del termine insania è significativa in quanto evoca il
parallelo tra criminale e folle, malato: tale accostamento, come si vedrà in seguito, è alla
base della teoria di prevenzione speciale della pena. Sull’argomento si veda ante, capitolo
III, paragrafo 3, nota 38. Si confronti L
ANATA
, Figure dell’altro nella legislazione giustinianea,
in Società e diritto nel mondo tardo antico. Sei saggi sulle Novelle giustinianee, cit., pp. 51-57.
(
25
) Osserva opportunamente F. M.
DE
R
OBERTIS
, La funzione della pena nel diritto romano, in
Scritti varii di diritto romano, III, Diritto penale, Bari 1987, pp. 24-34, che il diritto classico,
per la scarsa pubblicità data alle leggi e per l’ampia discrezionalità lasciata al giudicante
nel fissare la misura della pena nei casi concreti, non diede ampio rilievo alla funzione
preventiva, che necessitava di una programmazione delle pene per ogni singolo reato e di
una idonea diffusione del testo delle leggi tra la collettività (altrimenti la funzione
preventiva non si realizza); in epoca postclassica e giustinianea invece l’ampia pubblicità
delle leggi e la limitazione della discrezionalità concessa ai giudici rendeva possibile che
la norma giuridica adempisse alla funzione preventiva del reato, cioè portare alla
167
prevede la proporzione tra crimine e pena, ma si tende a una maggiore
severità nei confronti del reo, poiché le pene “terribiles” servono a
scoraggiare potenziali delinquenti (
26
).
È a partire da alcune costituzioni di Diocleziano e di Costantino che
il sistema repressivo inizia a ispirarsi all’esigenza politica e sociale di
prevenzione dei delitti (
27
), esigenza a cui presta particolare attenzione lo
conoscenza dei destinatari la minaccia della punizione e farli quindi astenere dal crimine.
L’Autore giunge alla conclusione della relatività del concetto di “funzione della pena”:
dalla prevalenza, nel diritto arcaico, della funzione preventiva, legata a motivi sacrali, si
passa, nel diritto classico, all’emergere del principio retributivo fino al ritorno, in epoca
postclassica, alla funzione preventiva, anche se in una prospettiva completamente
diversa.
(
26
) Si confronti F.
S
ITZIA
, Aspetti della legislazione criminale nelle Novelle di Giustiniano: il
problema della giustificazione della pena, in Novella Constitutio. Studies in honour of Nicolaas
van der Wal, Groningen 1990, pp. 211-220. È opinione dell'Autore che le varie funzioni
della pena siano tutte coesistenti nell'opera giustinianea, anche se prevale quella di
prevenzione generale: su tale funzione si insiste in particolare nelle Novelle degli anni
535-536, in cui il legislatore affronta la questione della riorganizzazione
dell’amministrazione imperiale, a cui è funzionale una concezione della pena intesa come
ammonimento per la collettività a non commettere delitti, allo scopo di mantenere
l'ordine all'interno dell'impero.
(
27
) Si veda, in via esemplificativa, la costituzione di Diocleziano riportata in CI. 9, 20, 7, in
cui l’imperatore ordina di inasprire le pene dei colpevoli di plagium (crimine configurato
dapprima come istigazione alla fuga dei servi, poi come sequestro mediante l'inganno
anche di persone libere, a scopo di profitto), affinché tutti gli altri, memori dell’esempio,
siano dissuasi dal commettere un delitto di tale impudenza. Impp. Diocletianus et
Maximianus AA. Maximo pu. Quoniam servos a plagiariis alienari ex urbe significas atque ita
interdum ingenuos homines eorum scelere asportari solere perscribis, horum delictorum licentiae
maiore severitate occurrendum esse decernimus. Ac propterea si quem in huiusmodi facinore
deprehenderis, capite eum plecti non dubitabis, ut poenae genere deterreri ceteri possint, quominus
istiusmodi audacia vel servos vel liberos ab urbe abstrahere atque alienare audeant. D. VI id. Dec.
Diocletiano III et Maximiano AA. conss. [a. 287]; per approfondimenti sulla costituzione
de qua si confronti R.
L
AMBERTINI
, Plagium, Milano 1980, pp. 173-177. Si veda anche CI. 9,
47, 14, in cui si stabilisce che la condanna (in questo caso ai lavori forzati) deve essere
scontata fino al giorno prefissato dalla sentenza senza riduzioni: non è infatti opportuno
che la pena sia rimessa pubblicamente affinché nessuno, sperando nell’impunità, si lasci
andare ad atti criminosi. Impp. Diocletianus et Maximianus AA. et CC. Vitali. Si operis
publici temporalis poenae sententia praefinitus necdum excessit dies, hunc expectari convenit, cum
Dostları ilə paylaş: |