Dicembre 2016 e ditoriale



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ne vogliono tre. Solo le missioni oceanografiche si avvi-

cinano a questo tipo di esperienza: mancano però total-

mente dell’altro aspetto, quello delle grandi distanze. Se

con un batiscafo si può scendere fino a qualche migliaio

di metri di profondità (il record è intorno agli 11.000 me-

tri) nei viaggi spaziali il numero di zeri da aggiungere è im-

pressionante. Possiamo individuare delle pietre miliari

nella (ancora breve) storia dell’esplorazione spaziale. Per

quanto riguarda l’esplorazione umana diretta, quella più

emozionante, vissuta da pochi selezionati rappresentanti

del genere umano, le pietre miliari sono due: la Stazione

Spaziale, che orbita a 400mila metri sopra le nostre teste;

e la superficie lunare, sulla quale hanno finora messo

piede dodici astronauti statunitensi, dopo un viaggio che

ha percorso la distanza di quasi 400mila chilometri.

Per le esplorazioni compiute dall’uomo attraverso i suoi

messaggeri, le sonde spaziali, basterà citare il manufatto

umano che si trova ora più lontano dalla Terra, il Voyager,

che ha già oltrepassato l’orbita del pianeta più esterno

(Nettuno, a circa 4.500 milioni di chilometri dal Sole) e

sta tuttora viaggiando oltre la cosiddetta eliosfera nello

spazio interstellare.

Nel caso delle missioni umane, le grandi dimensioni sono

solo uno degli indicatori della straordinaria esperienza vis-

suta degli astronauta: è quella dell’impatto con l’im-

menso, con lo spettacolare, col bello, con l’imprevisto in

una misura quale nessun altra esperienza di viaggio può

offrire.


Un altro aspetto che contraddistingue l’avventura spaziale

è il suo elevato livello tecnologico. In tutte le esplorazioni

c’è una meta, degli obiettivi più o meno definiti; e per rag-

giungerli l’uomo sviluppa strumenti, metodi, strategie.

Nel caso spaziale questi hanno raggiunto punte elevatis-

sime e sono tuttora in grande crescita. Molte scienze e tec-

nologie devono il loro avanzamento all’impulso inne-

scato dall’avventura spaziale: parliamo della

microelettronica, dell’informatica, dei nuovi materiali,

della medicina. A ciò si deve aggiungere il contributo di-

retto dato dal settore aerospaziale all’evoluzione tecno-

logica: oggi alcune tecnologie di punta vengono svilup-

pate proprio nello spazio, portando ad esempio sulla

Stazione Spaziale Internazionale alcuni esperimenti di

fisica, chimica, biologia, scienza dei materiali.

I contributi alla ricerca scientifica

Abbiamo parlato dell’uomo come esploratore. Ma che

cosa cerca l’uomo nelle esplorazioni spaziali? Cerca,

come in tutte le esplorazioni, di rendersi conto del luogo

in cui è posto, dei caratteri quantitativi e qualitativi del-

l’ambiente, inteso qui in un senso ampio che arriva a

comprendere pianeti, stelle e galassie. Cerca di prendere

possesso del territorio, di fare di ogni ambiente una “di-

mora”, trasformandolo per renderlo abitabile e inserendo

nella natura a tale scopo oggetti, costruzioni, sistemi

frutto della sua opera ingegnosa e creativa: dalle palafitte,

ai grattacieli, alla Stazione Spaziale dove la Cristoforetti

e alcuni altri hanno abitato per qualche mese. 

Cerca soprattutto risposte a tanti interrogativi scientifici

che possono essere risolti solo da queste indagini: quali

sono i meccanismi di formazione dei pianeti, qual è la

composizione del nucleo delle comete, come nascono e

come muoiono le stelle, come ruotano le galassie, cosa

sono i lampi gamma... Su tutti c’è un tema che è emble-

matico e riassume molti dei motivi dell’esplorazione: la

ricerca di tracce di acqua su altri corpi extraterresti. Il ber-

saglio principale è Marte: non tanto nei presunti canali in-

dicati da Giovanni Schiaparelli a fine Ottocento ma in for-

mazioni rocciose sotto la superficie, oggetto di scoperte

recenti. Nelle agende della Nasa, dell’Esa e dell’Asi ci

sono però anche alcuni satelliti dei pianeti giganti (Giove

e Saturno) e poi, come segnala Guidoni nel brano propo-

sto, ci sono i sempre più numerosi pianeti extrasolari, sui

quali si possono eseguire sofisticate analisi spettroscopi-

che rivelatrici dell’esistenza di “una zona abitabile dove

potrebbe esistere acqua allo stato liquido e forse la vita”.

Dalla citazione di Battiston nel primo brano – «Marte è

un luogo in cui c’è dell’acqua, anche se con modalità di-

verse rispetto a quelle cui siamo abituati sulla Terra» –

emerge l’elemento di emblematicità della ricerca del-

l’acqua. Anzitutto è una ricerca, come tutte del resto, che

può rivelare aspetti imprevisti, che vanno oltre i modelli

predisposti dai ricercatori e costringono a rivedere idee,

schemi, a volte intere teorie. Poi quella diversità indicata

da Battiston evidenzia una caratteristica peculiare del-

l’avventura spaziale, che ne mette in rilievo anche

l’aspetto più intrigante dal punto di vista dell’esperienza

umana: è l’esperienza dell’incontro con qualcosa d’altro,

con l’alterità: altri mondi, altre forme, altre immagini, al-

tre dinamiche, altri ambienti.

Possiamo così tentare di rispondere alla domanda sulle

motivazioni profonde dell’esplorazione spaziale. Si pos-

sono riassumere nel desiderio, nell’attesa, nella speranza

di un incontro che non sia solo soddisfazione di una cu-

riosità ma opportunità per conoscere ancor meglio se

stessi. Scriveva T. S. Eliot: 

Non smetteremo di esplorare. 

E alla fine di tutto il nostro andare 

ritorneremo al punto di partenza 

per conoscerlo per la prima volta. 

Mario Gargantini

Docente scuola media superiore

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E

SAMI DI

S

TATO

2016

Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

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