Dicembre 2016 e ditoriale



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E

SAMI DI

S

TATO

2016

Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

Tipologia C

- Tema di argomento storico



Paolo Carusi

N

el nostro Paese le donne raggiunsero il pieno di-



ritto di cittadinanza solo alla fine della seconda

guerra mondiale; la loro prima occasione di eser-

cizio dell’elettorato (attivo e passivo) furono le elezioni

amministrative del 10 marzo 1946 che – anche grazie alla

massiccia partecipazione femminile – registrarono un’af-

fluenza superiore all’89% e videro circa 2 mila candidate

elette nei consigli comunali. La stessa straordinaria par-

tecipazione si verificò in occasione della consultazione

(referendum istituzionale ed elezioni per la Costituente)

del 2 giugno di quello stesso anno. Le donne elette alla

Costituente furono 21 su 226 candidate, pari al 3,7%: 9

della Democrazia Cristiana, 9 del Partito Comunista, 2 del

Partito Socialista e una dell’Uomo Qualunque. Cinque de-

putate entrarono poi a far parte della Commissione dei 75,

incaricata dall’Assemblea di scrivere materialmente la

nuova Carta Costituzionale.



Gli elementi della traccia

Il voto alle donne (o il voto “delle” donne, secondo la di-

zione più generalmente diffusa nella storiografia di ge-

nere) è l’argomento che il ministero ha scelto come “tema

di argomento storico” della prova di italiano – tipologia

C – della sessione ordinaria 2016 degli Esami di Stato di

istruzione secondaria superiore. Gli elementi di cui è co-

stituita la traccia sono tre: la consegna e due documenti;

per avvicinare i candidati all’argomento, infatti, sono

state loro sottoposte due testimonianze di donne che, nel

1946, furono chiamate a esercitare per la prima volta

nella loro vita il diritto di elettorato attivo. 

La consegna non appare del tutto univoca, ma lascia

un’ampia libertà di scelta su come svolgere l’elaborato; ai

candidati, in sostanza, è stato permesso di centrare la

propria trattazione su tre diversi piani analitici. Innanzi-

tutto era possibile concentrarsi sulle battaglie combattute

dalle donne italiane in età liberale, ripercorrendo le tappe

fondamentali del processo di emancipazione femminile e

puntando l’attenzione, in particolare, sulle lotte parteci-

pazioniste e sui primi progetti di estensione alle donne del

diritto di voto. Un’altra chiave di lettura della traccia po-

teva consistere nel ripercorrere l’azione femminile nel

corso della guerra di liberazione nazionale, mettendo a

fuoco il nesso esistente tra il ruolo fondamentale giocato

dalle donne nella Resistenza e l’inderogabilità della con-

Settant’anni fa, nel marzo del 1946 in occasione delle elezioni am-

ministrative e il 2 giugno 1946 in occasione del referendum tra mo-

narchia e repubblica, in Italia le donne votavano per la prima volta. 

Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, il suffragio univer-

sale perfetto portava a compimento una battaglia cominciata in Italia

all’indomani dell’Unità, passata attraverso le petizioni delle prime

femministe all’inizio del Novecento e corroborata dalla partecipazione

delle donne alla guerra di Resistenza. Dalle testimonianze di due

scrittrici, riportate di seguito, si coglie la coscienza e l’emozione per

il progetto di società democratica e partecipativa che si stava deline-

ando, in cui le donne avrebbero continuato a lottare per affermare la

parità dei loro diritti in ogni campo della vita privata e pubblica, dal-

l’economia alla politica e alla cultura.

Il 1946 nei ricordi di:



Alba De Céspedesp (1911-1997)

«Né posso passare sotto silenzio il giorno che chiuse una lunga e dif-

ficile avventura, e cioè il giorno delle elezioni. Era quella un’avven-

tura cominciata molti anni fa, prima dell’armistizio, del 25 luglio, il

giorno – avevo poco più di vent’anni – in cui vennero a prendermi per

condurmi in prigione. Ero accusata di aver detto liberamente quel che

pensavo. Da allora fu come se un’altra persona abitasse in me, segreta,

muta, nascosta, alla quale non era neppure permesso di respirare. È

stata sì, un’avventura umiliante e penosa. Ma con quel segno in croce

sulla scheda mi pareva di aver disegnato uno di quei fregi che sosti-

tuiscono la parola fine. Uscii, poi, liberata e giovane, come quando ci

si sente i capelli ben ravviati sulla fronte».



Anna Banti (1895-1985)

«Quanto al ’46 [...] e a quel che di “importante” per me, ci ho visto e

ci ho sentito, dove mai ravvisarlo se non in quel due giugno che, nella

cabina di votazione, avevo il cuore in gola e avevo paura di sbagliarmi

fra il segno della repubblica e quello della monarchia? Forse solo le

donne possono capirmi e gli analfabeti».

Patrizia GABRIELLI, 2 giugno 1946: una giornata memorabile,

saggio contenuto nel quadrimestrale



Storia e problemi contemporanei, XIX, 41 (2006), CUEB

TRACCIA MINISTERIALE

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cessione di un elettorato attivo e passivo che avrebbe

aperto la strada alla progressiva realizzazione di una so-

cietà non più condizionata dal pregiudizio maschilista. I

candidati, infine, potevano basare la propria riflessione

sulle battaglie femminili e femministe in età repubblicana;

qui il “terreno” a disposizione risultava sconfinato, visto

che – come recita la traccia – ci si poteva soffermare sul-

l’azione femminile «in ogni campo della vita privata e

pubblica, dall’economia alla politica e alla cultura».

Possibile per i candidati – a giudicare dall’intonazione ge-

nerale della traccia – era anche un’analisi che toccasse le

vicende personali delle autrici delle testimonianze, anche

se appare alquanto improbabile che le nuove generazioni

siano a conoscenza dei profili biografici di due personaggi

poco noti al grande pubblico come la De Céspedes e la

Banti (talmente poco noti, si potrebbe dire, che lo stesso

testo della traccia ministeriale riporta in modo errato il co-

gnome della scrittrice italocubana).



Le autrici dei brani proposti

È forse utile, dunque, dedicare qualche riga alle due “voci”

chiamate a essere fonte di ispirazione per i candidati. Alba

De Céspedes è stata relegata ai margini della storia lette-

raria italiana, vittima di una semplificazione che l’ha

spesso dipinta come semplice autrice di romanzi “rosa”. La

non trascurabile profondità delle sue analisi è però testi-

moniata dal fatto che già nel 1935 il suo romanzo Nessuno



torna indietro fosse finito nel mirino della censura fasci-

sta. Partigiana nella guerra di liberazione, adottò il nome

di battaglia Clorinda, come la donna guerriera della Ge-

rusalemme liberata di Tasso. Finita la guerra, continuò la

sua attività di romanziera (nelle sue opere sarà costante

l’attenzione alle figure femminili, tanto a quelle dolenti e

relegate nelle mura domestiche, quanto a quelle libere e in-

dipendenti) e di autrice per la radio e per la televisione.

Lucia Lopresti ebbe una diversa vicenda personale e arti-

stica, ma – in modo del tutto simile alla De Céspedes –

seppe sempre porre al centro di tutta la sua produzione let-

teraria la condizione femminile, soprattutto nelle sue im-

plicazioni psicologiche. Adottò lo pseudonimo di Anna

Banti nel 1937 e da allora non lo abbandonò più, né per i

suoi romanzi e racconti, né per le traduzioni dei tanti ca-

polavori in lingua inglese in cui si cimentò. Il suo romanzo

più famoso è Artemisia, incentrato sulla vicenda della pit-

trice seicentesca Artemisia Gentileschi che, capace di por-

tare a processo il suo stupratore, è diventata con gli anni

una vera e propria icona del movimento femminista.

Il tema storico: un rischio?

Il fatto che la tipologia C sia stata scelta solo dal 7%

1

dei


candidati conferma inequivocabilmente come la gran

parte degli studenti preferisca evitare il tema di argo-

mento storico, anche quando la traccia – come è stato il

caso di quest’anno – è caratterizzata da un impianto che

consente ai candidati di svolgere il tema in tante direzioni

diverse (la traccia di quest’anno comunque, a dire il vero,

si è rivelata decisamente attrattiva per gli studenti se si

pensa che nel 2014 i candidati che hanno scelto il tema di

argomento storico sono stati meno del 4% e nel 2015 ad-

dirittura meno del 3%). Tale tendenza, come più volte è

stato rimarcato, è in gran parte imputabile al mancato ade-

guamento dei programmi didattici – da parte di molti do-

centi – alle indicazioni ministeriali (con la scansione in-

trodotta con il D.M. 682/1996, secondo la quale il

programma di storia dell’ultimo anno delle scuole supe-

riori deve essere interamente dedicato alla storia del No-

vecento)

2

. A conferma di questa impressione si può ag-



giungere questo: chi scrive tiene un corso da 12 cfu di

storia contemporanea all’università e ha potuto ripetuta-

mente constatare come gli studenti che della materia ab-

biano nel piano di studio solo 6 cfu – in virtù di una pre-

parazione liceale che evidentemente non si spinge di

molto oltre la prima guerra mondiale – tendano imman-

cabilmente a preferire il modulo I, comprendente il pe-

riodo 1848-1918, al modulo II che invece giunge fino al

crollo del comunismo internazionale e alla dissoluzione

dell’Unione Sovietica nel 1991.

Resta dunque vivo l’auspicio che il corpo docente, vin-

cendo una tradizionale ritrosia ad affrontare temi che in

qualche modo possano essere ricondotti ai nodi e alle po-

lemiche del dibattito politico, si risolva a seguire le indi-

cazioni ministeriali e a dedicare l’ultimo anno dei corsi in-

teramente alla storia novecentesca. 



Paolo Carusi

Università Roma Tre

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Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

Utilizzo i dati pubblicati su www.ilsussidiario.net il 23 giugno 2016.

Si vedano in merito le osservazioni di A. Gioia, L’insegnamento della storia

tra ricerca e didattica. Contesti, programmi, manuali, Rubbettino, Soveria

Mannelli, 2005; e di M. Rombi, La conoscenza della storia del Novecento in



uscita dalla scuola secondaria di II grado, Nuova Cultura, Roma, 2013.

Alba De Céspedesp.

Anna Banti.

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