17
r. L
aurendi
, Leges regiae. «Ioui sacer esto» nelle leges Numae
[pp. 13-39]
assai prossima a quella nella quale si voleva fosse stata pubblicata la più
antica legislatio romana ad opera del secondo re di roma
9
. il quadro di un
uso abituale della scrittura in età arcaica nell’ambito legislativo potrebbe
apparire dunque sempre meno indiziario e via via sempre più accertato.
non dovremo perciò respingere a priori la tradizione che vuole scritto
il primo organico corpus legislativo del periodo regio, attribuito a quel
numa, da cicerone non a caso definito legum scriptor
10
e che, per dioni-
gi
11
, ἅπασαν τὰ ϑεῖα νομοϑεσίαν γραφαῖ διεῖλεν εἰς ὁκτὼ μοίρας (omnem
de rebus diuinis legislationem scriptis complexus in octo diuisit partes).
problema, connesso ma distinto da quello della redazione scritta delle
leggi numane, è quello della loro pubblicazione. dionigi di alicarnasso
12
credeva infatti di sapere che il re numa pompilio avesse consegnato le sue le-
ges sacrae al collegio dei pontefici
(
τὰς των ἱερῶν συγγραϕὰς, ἅς Πομπίλιος)
e che solo più tardi il re anco marcio avesse dato loro pubblicità facendole
trascrivere, per affiggerle, su tavole di quercia, distrutte le quali, il pontefice
caio papirio avrebbe provveduto infine ad una nuova affissione.
Fig. 1. Denario di l. pomponius molus del 94 a.C. raffigurante [n]um(a) pompil(ius) in
abito pontificale di fronte ad un’ara mentre si accinge a sacrificare un capro secondo il rito. Fig.
2. denario di c. marcius censorinus dell’84 a.C. con raffigurazione di numa pompili(us) e
ancus marci(us), i due re cui si attribuiva la pubblicazione delle leges.
9
dion. hal. 2.63 definisce nomothesía l’opera legislativa di numa pompilio.
10
cic., de rep. 5.2-3: [Numa] legum etiam scriptor fuit, quas scitis extare.
11
dion. hal. 2.63. traduzione latina di s. r
iccobono
da Fira i
2
, 10 s.
12
dion. hal. 3.36.4.
18
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aurendi
, Leges regiae. «Ioui sacer esto» nelle leges Numae
[pp. 13-39]
anche tito livio 1.32.2 attribuisce al re anco marcio la pubblica-
zione delle leggi numane, affermando che egli ‘omnia ea ex commentariis
regis [Numae] pontificem in album elata proponere in publico iubet’. stando
a cicerone, invece, queste non sarebbero state consegnate all’esclusiva e
riservata cognizione del collegio pontificale, perché sarebbe stato lo stesso
re numa a pubblicarle. l’arpinate
13
adopera infatti il verbo tecnico del-
la propositio in albo: ‘Idemque Pompilius … animos propositis legibus his,
quas in monumentis habemus, ardentis
14
consuetudine et cupiditate bellandi
religionum caerimoniis mitigavit’. inoltre egli non dubita che la documen-
tazione (in monumentis) esistente ai suoi tempi fosse storicamente auten-
tica. nell’accettare per lo meno la possibilità della redazione scritta e della
pubblicazione delle leggi numane, ci accostiamo dunque, con maggiore
consapevolezza critica se non con maggiore cognizione di causa, alla stes-
sa tradizione romana. la dottrina contemporanea, superata l’inveterata
posizione ipercritica nei confronti della tradizione sull’età arcaica, in ge-
nere «lascia intatto» il problema della «effettiva origine e antichità» delle
leggi numane e del ius Papirianum, ma si propone in via ermeneutica e
metodologica di «distinguere quali norme siano effettivamente ascrivibili
alla fase monarchica e quali a posteriori rielaborazioni»
15
.
l’alta cronologia di alcune prescrizioni regie attribuite a numa pom-
pilio è stata, del resto, convincentemente accertata attraverso il metodo
logico-comparatistico. a tal proposito, va qui almeno segnalata l’acuta
osservazione relativa alla sacratio dell’aratore ed insieme dei buoi in una
lex Numae (Fest. s.v. Termino sacra l. 505), che puniva la rimozione
dei cippi terminali dei confini: «il punto forse più rilevante è il coin-
volgimento nella pena non solo dell’uomo, ma anche degli animali che
hanno, per così dire, “cooperato” al crimine. si tratta di una visione
particolarmente rilevante per la sua arcaicità, che non collima affatto
con le strutture penalistiche delle leggi delle xii tavole e che perciò è
sicuramente più antica»
16
.
13
cic., de rep. 2.26.
14
Ardentis = ardentes.
15
così m
antovani
, Le due serie cit., 477 s. cfr. anche s
antoro
, Sul ius Papirianum
cit. sopra.
16
Apud c
arandini
, La Costituzione cit., 360. rilevo tuttavia la contraddizione con quanto
affermato ibidem, 359: «Questa legge porta in sé una serie di problemi di difficile soluzione, in
19
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aurendi
, Leges regiae. «Ioui sacer esto» nelle leges Numae
[pp. 13-39]
tuttavia di tali leggi le fonti non riferiscono, a differenza delle xii
tavole
17
, l’articolazione né il dettaglio, e le notizie un po’ meno stringa-
te di dionigi di alicarnasso e plutarco non sono certamente sufficienti
a colmare le carenze in cui versiamo
18
.
2. Il passo festino: esame critico della dottrina romanistica fra XIX e
XXI secolo: impossibilità di riferire la sanzione della c.d. sacertà alla viola-
zione di una singola prescrizione numana.
esistono però alcune puntuali eccezioni, fra le quali una sanzione
tratta dal contesto delle leggi numane, cui faceva riferimento Festo in
un passo perduto, ma fortunatamente escerpito da paolo diacono. lo
storico ed erudito longobardo, infatti, nei suoi Excerpta ex libris Pom-
peii Festi de significatione uerborum, sotto l’arcaica e ormai misteriosa
voce Aliuta, tramanda la seguente spiegazione:
primo luogo riguardo all’identificazione dei cippi terminali tutelati dalla lex. l’interpretazione
più ovvia fa riferimento ai cippi confinari dei fondi privati, come si ricava da Festo, quando
afferma che Termino sacra faciebant, quod in eius tutela fines agrorum esse putabant. ma questa
si scontra con l’ostacolo costituito dal coinvolgimento della nozione di proprietà: la previ-
sione di segnacoli di delimitazione dei lotti di terreno, secondo dionisio, Ant. Rom. 2.74.2,
disposta da numa, implica necessariamente la suddivisione della terra in lotti di proprietà
privata. ma la collocazione del dominium ex iure Quiritium in un periodo così antico come
la prima età monarchica mal si concilia con tutto quanto la critica moderna ha più o meno
plausibilmente ricostruito per le età più remote della società e del diritto privato romano, in
cui l’appropriazione della terra non è compiuta da singoli ma, verosimilmente, da gruppi
gentilizi [l. c
aPoGrossi
c
oLoGnesi
, Cittadini e territorio. Consolidamento e trasformazioni
della civitas Romana, roma 2000, 185 ss.]». va notato che, quale che fosse lo status giuridico
della terra occupata in età arcaica – dominium quiritario o possessio dell’ager publicus – e quali
che fossero gli occupanti – clan o gentes oppure individui – dobbiamo credere che comunque
fossero delimitati gli appezzamenti adibiti a pascolo o a coltura e che dovessero pertanto
essere segnati da cippi confinari. v. anche L. m
aGanzani
, Loca sacra e terminatio agrorum nel
mondo romano: profili giuridici, in G. c
antino
W
ataGhin
(cur.), Finem dare. Il confine, tra
sacro, profano e immaginario. A margine della stele bilingue del Museo Leone di Vercelli. Atti del
Convegno Int. (Vercelli 22-24 maggio 2008), 119, con bibliografia a n. 47.
17
o. d
iLiberto
, Materiali per la palingenesi delle XII Tavole, i, cagliari 1992; m. c
raW
-
Ford
, Roman Statutes, ii, london 1996; o. d
iLiberto
, Bibliografia ragionata delle edizioni a
stampa della Legge delle XII Tavole (secoli XVI-XX), roma 2001; U. a
Gnati
, Leges Duodecim
Tabularum. Le tradizioni letteraria e giuridica. Tabulae I-VI, cagliari 2002; m. h
umbert
(cur.), Le Dodici Tavole. Dai Decemviri agli Umanisti, pavia 2005.
18
dion. hal. 2.27.63 s.; 74 e plut., Numa 10.12 e 17. cfr. infra il paragrafo 5.
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