37
acconsentire all’instaurarsi di un regolare rapporto matrimoniale tra sua
figlia e il rapitore. Il giurista classico tuttavia biasima questa prassi,
affermando il concetto di inevitabilità della pena di morte per l’autore del
rapimento, principio che si avvicina alla successiva regolamentazione
dell’illecito approntata da Costantino.
La riforma introdotta da questo imperatore permette di delineare il
ratto in modo autonomo rispetto alle fattispecie criminose rientranti
nell’ambito della lex Iulia de vi, anche se Costantino non si sofferma sulla
descrizione della fattispecie, dedicando più spazio alle sanzioni.
CTh. 9, 24, 1 Imp. Constantinus A. ad populum. Si quis nihil cum
parentibus puellae ante depectus invitam eam rapuerit vel volentem
abduxerit patrocinium ex eius responsione sperans, quam propter vitium
levitatis et sexus mobilitatem atque consilii a postulationibus et testimoniis
omnibusque rebus iudiciariis antiqui penitus arcuerunt, nihil ei secundum
ius vetus prosit puellae responsio, sed ipsa puella potius societate criminis
obligetur. 1 Et quoniam parentum saepe custodiae nutricum fabulis et pravis
suasionibus deluduntur, his primum, quarum detestabile ministerium fuisse
arguitur redemptique discursus, poena immineat, ut eis meatus oris et
faucium, qui nefaria hortamenta protulerit, liquentis plumbi ingestione
claudatur. 2 Et si voluntatis assensio detegitur in virgine, eadem qua raptor
severitate plectatur, quum neque his impunitas praestanda sit, quae
rapiuntur invitae, quum et domi se usque ad coniunctionis diem servare
potuerint et, si fores raptoris frangerentur audacia, vicinorum opem
clamoribus quaerere seque omnibus tueri conatibus. Sed his poenam
leviorem imponimus, solamque eis parentum negari successionem
praecipimus. 3 Raptor autem indubitate convictus si appellare voluerit,
minime audiatur. 4 Si quis vero servus raptus facinus dissimulatione
praeteritum aut pactione transmissum detulerit in publicum, Latinitate
donetur aut, si Latinus sit, civis fiat Romanus: parentibus, quorum maxime
vindicta intererat, si patientiam praebuerint ac dolorem compresserint,
deportatione plectendis. 5 Participes etiam et ministros raptoris citra
discretionem sexus eadem poena praecipimus subiugari, et si quis inter haec
ministeria servilis condicionis fuerit deprehensus, citra sexus discretionem
eum concremari iubemus. Dat. kal. April. Aquil(eiae) Constantino A. VI
et Constantino C. conss. [320 Apr. 1].
38
Viene inoltre concessa a chiunque la facoltà di denunciare il delitto:
se i parentes della rapita non vi provvedono, anche lo schiavo o il latino
giuniano possono rivelare l’accaduto e dare avvio al processo, ottenendo
rispettivamente – in cambio della delazione – la latinitas o la cittadinanza
romana (CTh. 9, 24, 1, 4).
La novità più importante introdotta da CTh. 9, 24, 1 consiste nel
divieto di matrimonio riparatore per colui che rapisca una ragazza con cui
non abbia preventivamente concordato, assieme ai genitori di lei, il
fidanzamento. Costui non può essere esentato da pena anche se la
fanciulla rapita abbia acconsentito, in un secondo momento, a sposarlo; al
contrario, la stessa vittima del rapimento viene considerata partecipe al
crimine e sottoposta alla medesima punizione del colpevole. Anche la
donna non consenziente viene punita, mediante una sanzione
patrimoniale consistente nella perdita dell’eredità dei genitori, in quanto si
presume che non abbia resistito a sufficienza all’aggressione (CTh. 9, 24, 1,
2). Vengono modificati inoltre certi aspetti processuali: il rapitore
riconosciuto colpevole è privato della possibilità di appellare (CTh. 9, 24,
1, 3). Misure così severe mirano a sradicare l’assai diffuso fenomeno del
ratto a scopo matrimoniale (
36
): si vuole sottrarre al rapitore la possibilità
di scampare alla pena sposando la rapita, dopo aver ottenuto il consenso
dei genitori mediante pressioni o promesse di denaro (
37
). Per evitare ciò il
legislatore minaccia la pena della deportatio il comportamento dei parentes
della rapita che abbiano rinunciato a perseguire il crimine (CTh. 9, 24, 1,
(
36
) Secondo D
ESANTI
, Costantino, il ratto e il matrimonio riparatore, cit., p. 198, le due
fattispecie di ratto a scopo matrimoniale e a scopo di libidine vanno tenute nettamente
separate, e la prova che anche l’imperatore le distinguesse emergerebbe dalla
precisazione, all’interno della legge, che deve essere punito chi invitam rapuerit e chi
volentem abduxerit: il verbo rapere lascia supporre una sottrazione violenta, mentre
abducere non implica necessariamente l'uso della forza e alluderebbe alla fuga da casa da
parte della fanciulla, agevolata dall'intermediazione delle nutrici.
(
37
) In quest’ottica il crimen raptus non costituisce un’offesa all’individuo, ovvero la donna
vittima dell’aggressione maschile, bensì una lesione ai valori collettivi che trascendono gli
interessi dei singoli.
39
4). Il bene tutelato risulta essere quindi la libertà delle famiglie di scegliere
per le proprie fanciulle lo sposo considerato più idoneo, al di là di ogni
condizionamento e anche contro la volontà della stessa rapita, che magari
aveva seguito di buon grado il rapitore (la cosiddetta “fuga d’amore”):
viene così eliminata alla radice qualsiasi possibilità di composizione tra
vittime e colpevoli (
38
).
La punizione prevista per il rapitore ed estesa alla rapita
consenziente sembra essere una pena di morte particolarmente esacerbata,
anche se non si sa esattamente di che tipo. Ai complici viene comminata la
medesima pena e, se schiavi, la vivicombustione (CTh. 9, 24, 1, 5); le
nutrici che, ingannando la fiducia dei genitori, con le loro parole abbiano
convinto o non abbiano dissuaso la ragazza a seguire il rapitore vengono
punite con la morte per colata di piombo fuso in bocca (CTh. 9, 24, 1, 1) (
39
).
Tuttavia, pare che queste pene così atroci non venissero applicate ai casi
concreti. Nello specifico, la pena prevista da Costantino per le balie non
compare più in CTh. 9, 24, 2, legge attribuita all’imperatore Costanzo, che
continua invece a disporre espressamente la morte sul rogo per gli schiavi.
CTh. 9, 24, 2
Imp. Constantius A. ad Tatianum. Quamvis legis prioris extet
auctoritas, qua inclytus pater noster contra raptores atrocissime iusserat
vindicari, tamen nos tantummodo capitalem poenam constituimus, videlicet
ne sub specie atrocioris iudicii aliqua in ulciscendo crimine dilatio
nasceretur. In audaciam vero servilem dispari supplicio mensura legum
impendenda est, ut perurendi subiciantur ignibus, nisi a tanto facinore
saltem poenarum acerbitate revocentur. Dat. II id. Nov. Limenio et
Catullino conss. [349 Nov. 12].
(
38
) Probabilmente, nella pratica, i matrimoni in seguito a ratto dovevano essere frequenti:
i genitori, forse per timore dello scandalo, preferivano mettere a tacere l'accaduto e non si
opponevano alla celebrazione delle nozze, cedendo così al rapitore che in questo modo
andava esente da pena; questa prassi giustificherebbe i ripetuti interventi del legislatore
sulla materia.
(
39
) Si configura qui un’ipotesi di applicazione del principio del contrappasso:
sull’argomento si veda più ampiamente capitolo IV, paragrafo 4 dedicato a Nov. 142 De his
qui eunucos faciunt e in generale capitolo V, paragrafo 5 sulla funzione retributiva della pena.
Dostları ilə paylaş: |