Acquisizione e analisi dati-ambientali: gestione informatizzata di archivi digitali



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Obiettivi di gestione

Le popolazioni di Lupo presenti sulla catena appenninica settentrionale hanno importanza strategica per la ricolonizzazione dell’areale di presenza storica della specie. Purtroppo la persecuzione diretta da parte dell’uomo è tuttora una delle principali cause che minacciano la conservazione della specie (60 lupi uccisi sono stati rinvenuti sul territorio italiano tra il 1984 e il 1990).



Un programma gestionale teso a garantire la conservazione del Lupo sulle nostre montagne deve, necessariamente, prevedere una serie di interventi quali il controllo delle uccisioni illegali, la prevenzione delle predazioni su animali domestici e l’incremento delle prede selvatiche, il rimborso dei danni causati dalla specie, il monitoraggio delle popolazioni, l’istituzione di oasi di protezione, il controllo del randagismo canino.

Controllo delle uccisioni illegali. Deve essere effettuato, in particolare, durante le battute di caccia al cinghiale o in occasione di interventi autorizzati di controllo delle popolazioni di volpe nelle zone interessate dalla presenza del Lupo. Stretti controlli sono necessari anche sull’uso di trappole ed esche avvelenate, peraltro pericolosissimi anche per altre specie e per gli animali domestici. A tale proposito uno sforzo maggiore deve essere dedicato all’individuazione dei soggetti che effettuano commercio clandestino di veleni (es. stricnina e cianuro).

Prevenzione delle predazioni. E’ stata più volte sottolineata, ad esempio, l’efficacia dei cani da pastore nel prevenire o limitare i danni alla zootecnia causati da lupi (Green e Woodruff, 1983; Green et al., 1984). Ciò fa ritenere che incentivi volti al miglioramento del livello di custodia cui è sottoposto il bestiame, potrebbero risultare estremamente utili nel contenimento dei danni.

Rimborso tempestivo dei danni agli allevatori. Per ridurre l’avversione esistente nei confronti della specie, occorre che ne venga drasticamente ridotta la causa principale, ovvero il danneggiamento agli allevamenti di bestiame allo stato brado e agli animali domestici in genere. Il risarcimento del danno dovrebbe essere tempestivo e l’entità del rimborso almeno pari al prezzo di mercato del bestiame a fine ciclo di allevamento, calcolato sul peso medio che gli animali raggiungerebbero prima della vendita o della macellazione. Poiché il Lupo è specie di interesse culturale, scientifico, ambientale e naturalistico, la sua conservazione è da considerarsi di interesse collettivo e pertanto un apposito fondo destinato al risarcimento degli eventuali danni dovuti alla sua attività predatoria dovrebbe essere previsto nell’ambito delle risorse destinate al risarcimento dei danni causati da fauna selvatica.

Monitoraggio della consistenza e stabilità delle popolazioni. E’ indispensabile al fine di valutare, a livello locale, la presenza della specie e le eventuali modificazioni dell’areale di distribuzione.

Istituzione di oasi di protezione. Deve prevedere la riqualificazione di una rete di aree sufficientemente estese e continue, con caratteristiche ecologiche tali da garantire nel tempo la sopravvivenza di nuclei non dipendenti dalla presenza di attività zootecniche tradizionali e/o di altre fonti alimentari di origine antropica. Le aree idonee all’istituzione di zone di protezione devono presentare caratteristiche idonee ad accogliere sia il Lupo sia le specie-preda (Ungulati selvatici): esse devono quindi ricadere prioritariamente nelle aree di accertata presenza storica e recente e nei Comprensori ad elevata vocazione per la specie e per le sue prede naturali (in particolare, Cinghiale e Capriolo). L’istituzione di oasi di protezione nell’areale di distribuzione del Lupo contribuirebbe anche a limitare gli episodi di uccisioni illegali. Ai fini di una più efficace politica di tutela andrebbero coinvolte anche le province limitrofe interessate dalla presenza del Lupo (Genova e Pavia).

Controllo del randagismo. Si rende necessario poiché anche cani randagi o vaganti possono essere responsabili dei casi di predazione sul bestiame domestico (generalmente attribuiti al Lupo) e possono competere con tale specie nell’utilizzo delle fonti alimentari, influenzandone negativamente la presenza e la vitalità.

Programmi di reintroduzione di Ungulati selvatici. I dati sull’ecologia alimentare del Lupo appenninico sembrano indicare che il Capriolo e il Cinghiale, laddove sufficientemente abbondanti, sono in grado di sostenere lungo tutto il corso dell’anno le necessità alimentari del Lupo, indipendentemente dalla presenza di altre fonti alimentari. E’ stato inoltre dimostrato che in zone con alte densità di Ungulati selvatici la predazione sui domestici risulta mediamente bassa e trascurabile (Matteucci et al, 1994). Per queste ragioni nelle oasi di protezione istituite a tutela del Lupo e nelle aree in cui si rileva un’elevata probabilità di riproduzione o di potenziale colonizzazione (elevata vocazione) è opportuno programmare la reintroduzione e l’incremento di specie vocazionali di ungulati selvatici quali, in particolare, il Capriolo.
MUSTELIDI
Distribuzione status e problematiche nei Comprensori Omogenei individuati in ambito provinciale
Sul territorio provinciale sono presenti 4 specie di Mustelidi e cioè la Puzzola, la Donnola, la Faina e il Tasso. Tutte le specie citate sono di difficile monitoraggio date le abitudini notturne ed elusive e tuttavia, benché non siano disponibili studi specifici, alcuni dati di distribuzione possono essere ricavati da studi faunistico-ambientali effettuati a livello locale. La Puzzola, specie particolarmente protetta dalla L.157/92, è considerata in generale decremento in tutta Europa. In Italia, avrebbe subìto una notevole rarefazione negli ultimi venti anni (Scaravelli, dati non pubbl.). La specie frequenta ambienti planiziali e rivieraschi, coltivi e formazioni forestali. Dai dati disponibili per il territorio piacentino la Puzzola risulterebbe limitata ai crinali Aveto-Trebbia e Aveto-Nure, ai rilievi collinari compresi tra Ponte dell’Olio e Castell’Arquato e attraversati dai torrenti Riglio, Vezzeno, Chero e Chiavenna e all’alta Val Borla.

I Comprensori Omogenei interessati dalla presenza della specie risulterebbero quindi il C.O. n.5 e il C.O. n.7 e il C.O. n.3 limitatamente al settore orientale.

In pianura la Puzzola è probabilmente presente anche lungo il Po e lungo le conoidi dei principali affluenti appenninici (Trebbia e Nure).

I fattori che ne limitano la presenza sono dovuti a drenaggi estensivi, eradicazione di siepi, meccanizzazione agricola, a cui si aggiungono persecuzioni dirette (bocconi avvelenati, trappole) e investimenti stradali. Sembrano invece risultare favorevoli alla sua conservazione, estesi programmi di recupero forestale (Corbet e Harris, 1991).

La Donnola, maggiormente adattabile ad una notevole diversità di ambienti, sembrerebbe trovarsi in un buono stato di conservazione e, nonostante le coltivazioni intensive e l’antropizzazione elevata, si ritiene diffusa anche in pianura. Anche tale specie è oggetto di persecuzione per i supposti danni agli uccelli nidificanti a terra. Occorre considerare però che questo aspetto risulta bilanciato dalla notevole massa di roditori predati (Cavazza, 1910; King, 1989). La specie rappresenta, altresì, una preda naturale per altri carnivori e uccelli rapaci.

La Faina è comune e ubiquitaria su tutto il territorio, si adatta ai più svariati ambienti e trova rifugio in cavi di alberi, rocce, ma anche in legnaie, magazzini e solai presso piccole aziende agricole e addirittura in ambito urbano. Anch’essa è spesso vittima di incidenti stradali, così come dell’ingestione di esche e di topicidi attraverso le prede.

Il Tasso sembra aver subìto, a livello nazionale, una notevole contrazione a causa della persecuzione da parte dell’uomo, oltre che per le mutate condizioni ambientali. La specie sembrerebbe meno frequente nei territori di pianura. Per il territorio provinciale mancano segnalazioni in alta Val Nure e in alta Val Trebbia. In pianura il Tasso è stato rinvenuto in alcuni ambienti ripariali lungo il F.Po e i suoi affluenti e in alcune piccole aree boscate relitte pedecollinari.


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