Acquisizione e analisi dati-ambientali: gestione informatizzata di archivi digitali



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Obiettivi di gestione

La salvaguardia dei Mustelidi è indispensabile per il ruolo insostituibile che essi svolgono nel mantenimento degli equilibri naturali degli ecosistemi. In tutta Italia questi Carnivori, benché protetti dalla normativa, hanno subìto e subiscono tuttora pesanti perdite dovute al prelievo illegale praticato con trappole, tagliole, bocconi avvelenati ed esche ratticide. Oltre al regime di protezione stabilito dalla legge, è quindi necessaria una sorveglianza più attenta al fine di evitare o limitare queste azioni ingiustificate.

Altre cause di minaccia per le popolazioni di Mustelidi sono rappresentate dalla distruzione degli habitat naturali e dalla loro frammentazione, dall’inquinamento (soprattutto nel caso della Puzzola) e dagli investimenti stradali.

Il Tasso può essere vittima accidentale nell’ambito delle azioni di prelievo della Volpe e pertanto è necessario che il personale autorizzato sia addestrato a riconoscere la presenza di questo Mustelide. La stessa è facilmente identificabile in base alla presenza di piste solitamente ben marcate nei pressi della tana, di cumuli di materiale vegetale depositati all’ingresso e utilizzati per imbottire le camere interne della galleria e all’assenza di escrementi nei dintorni dell’entrata.

Ai fini della programmazione di interventi di tutela e gestione dei Mustelidi è opportuno mettere in atto ricerche conoscitive sulla distribuzione e consistenza delle popolazioni a livello provinciale ed individuare le effettive minacce a livello locale. Le tecniche di monitoraggio delle specie vanno dalla ricerca delle impronte lasciate sulla neve (applicabile soprattutto in ambito montano) al trappolaggio con marcatura e ricattura degli individui residenti in una determinata area, alla radiotelemetria con applicazione di collari e imbracature muniti di trasmettitori di impulsi radio che permettono di determinare la dimensione e l’organizzazione dei territori, la selezione dell’habitat ed i ritmi di attività giornaliera. Utili informazioni sul regime alimentare di specie coesistenti nello stesso ambiente o di supposto impatto sulla selvaggina di interesse venatorio, possono essere dedotte dall’analisi delle feci raccolte periodicamente in aree campione preventivamente scelte oltre che dall’esame dei contenuti stomacali in esemplari uccisi accidentalmente.

Tra gli interventi gestionali favorevoli alla conservazione dei Mustelidi, in particolare in pianura e bassa collina, possono essere presi in considerazione la tutela e il ripristino delle siepi esistenti, la tutela delle residue fasce boscate e in particolare di quelle lungo scarpate, terrazzi e rive fluviali, il recupero forestale in particolare nelle aree di pianura e lungo le scarpate golenali, l’incentivazione di colture a perdere (es. mais) e piccoli frutteti, il recupero di ex-cave di terrazzo con rimodellamento morfologico e ripristino delle connessioni con le superfici boscate.

Le aste fluviali rappresentano, in particolare per la fascia di pianura, importanti corridoi ecologici per l’espansione della specie.


Uccelli degli ambienti acquatici

In ambito provinciale la maggior parte degli Uccelli acquatici si concentra nelle zone umide lungo il Po caratterizzate da maggior grado di naturalità; vengono frequentate anche le foci e le principali aste fluviali interne.

Poiché il corso del Po rappresenta una via di migrazione di importanza europea, la gestione degli Uccelli acquatici sia migratori sia sedentari riveste un particolare significato biologico.
Sternidi e Limicoli
Distribuzione, status e problematiche nei Comprensori Omogenei individuati in ambito provinciale
Tra gli Sternidi sono presenti, in provincia, colonie nidificanti di Fraticello e Sterna comune. Le popolazioni italiane di Fraticello assumono particolare interesse conservazionistico poiché ammontano al 40% delle popolazioni europee. Anche la Sterna comune risulta di prioritario interesse conservazionistico anche se le popolazioni sono maggiormente distribuite nell’Europa centro-settentrionale. In Italia oltre il 50% delle coppie nidificanti è ospitato in Emilia Romagna (coste adriatiche e affluenti di destra del F. Po).

In provincia, Fraticello e Sterna comune nidificano negli stessi ambienti: le colonie si insediano sui sabbioni di alcune isole fluviali del Po (Comprensorio Omogeneo 1) e nel tratto di conoide del fiume Trebbia (Comprensorio Omogeneo 2). I censimenti effettuati lungo il Po tra il 1985 e il 1988 (Canova e Fasola, 1989) hanno constatato la presenza regolare di colonie su Isola Maggi, Isola Mortizza, Isola e foce Tidone, Isola Deserto, Isola Mezzano Vigoleno, Foce Trebbia, e sui sabbioni a fronte di Foce Lambro (presso Boscone Cusani). La maggior parte delle coppie è stata censita su Isola Maggi (41 coppie di Fraticello), su Isola Tidone (38 coppie di Sterna comune + 2 di Fraticello), Isola Mezzano Vigoleno (19 coppie di Sterna comune + 21 coppie di Fraticello) e su Isola Mortizza (22 coppie di Fraticello).

I sabbioni delle isole sono preferiti a quelli terrestri in quanto offrono maggiore protezione nei confronti dei predatori. I fraticelli e le sterne comuni utilizzano le isole fluviali in settori differenti durante la nidificazione: la Sterna comune nidifica nelle parti centrali dell’isola, anche se è presente una copertura vegetale rada, mentre il Fraticello utilizza la parte dell’isola più prossima alla riva e libera da vegetazione (Ambrogio A., 1995). Lungo la conoide del F. Trebbia, tra il ponte di Tuna e quello di S. Antonio, le specie nidificano su isolotti di ghiaia: negli anni ‘80 nidificavano in media 25 coppie tra sterne comuni e fraticelli, mentre successivamente è stata rilevata una diminuzione delle coppie nidificanti, dovuta presumibilmente all’eccessivo disturbo antropico cui il greto è sottoposto. In territorio provinciale gli ambienti maggiormente vocati alla nidificazione di entrambe le specie ricadono lungo tutta la fascia di meandreggiamento del Po e lungo i letti fluviali degli affluenti appenninici nel loro tratto di pianura, interessando quindi i Comprensori Omogenei 1 e 2. Da un confronto tra territori occupati e territori vocati si evidenziano numerose aree di nidificazione potenziale lungo gli affluenti di destra del Po. Fattori limitanti alla conservazione delle specie sono le piene tardive dei corsi d’acqua che possono causare la sommersione dei nidi, il disturbo antropico alle colonie e la distruzione dei nidi da parte di mezzi motorizzati che attraversano il greto e i sabbioni, la carenza di siti adatti alla nidificazione nelle zone umide interne.

Tra i Limicoli di prioritario interesse conservazionistico il territorio provinciale ospita, come nidificanti, l’Occhione e il Cavaliere d’Italia.

L’Occhione è una specie localizzata come nidificante, estremamente rara su tutto il territorio nazionale e localmente estinta (attualmente stimate 500 coppie per il territorio nazionale, di cui 60-100 coppie in Emilia-Romagna). In regione le popolazioni nidificanti sono concentrate lungo gli ampi greti ghiaiosi dei corsi d’acqua, nelle praterie xerofile e nei coltivi contigui, delle province di Piacenza e Parma, dal Po fino ad un’altitudine di 200 m. s.l.m. In provincia l’Occhione nidifica nei ghiareti delle conoidi di Trebbia e Nure con una ventina di coppie maggiormente concentrate lungo il F.Trebbia (Comprensorio Omogeneo 2). In passato nidificava anche sulle isole fluviali e le rive sabbiose del Po. Le aree vocate alla nidificazione sono situate lungo tutta la fascia di meandreggiamento del F. Po e lungo le conoidi alluvionali del T. Tidone e del F. Trebbia (C.O. 1 e 2).

La specie frequenta il nostro territorio anche durante i passi, quando si riunisce in stormi numerosi, sostando anche nei campi arati lungo i principali corsi fluviali.

Fattori limitanti l’insediamento e il successo riproduttivo della specie sono la trasformazione e la scomparsa dei vasti affioramenti ghiaiosi e delle praterie aridofile in seguito alla realizzazione di cave in alveo o alla coltivazione di pioppeti, il disturbo antropico di pescatori, bagnanti, e fuoristrada, le piene improvvise egli abbattimenti accidentali durante il passo e la sosta autunnale.

Per quanto riguarda il Cavaliere d’Italia, la popolazione europea è soggetta a marcate fluttuazioni delle quali ha risentito anche la popolazione italiana (da 2000 a 1000 coppie nel periodo 1978-1987). Dette fluttuazioni sono correlate principalmente all’andamento della superficie di zone umide disponibili di anno in anno nel Delta interno del Niger, principale area di svernamento della popolazione italiana (Tinarelli, 1992). In Emilia Romagna sono stimate 640-800 coppie concentrate in tutti i tipi di zone umide, compresi bacini di decantazione degli zuccherifici e aree create ex-novo in applicazione al regolamento CEE/2078/92.

In provincia il Cavaliere d’Italia era considerato raro e accidentale all’inizio del secolo; negli ultimi anni si osserva regolarmente durante i passi in gruppi di circa una decina di individui che sostano lungo il Trebbia, lungo il Po e presso le vasche dello zuccherificio Eridania a Sarmato. La prima nidificazione provinciale è stata accertata nel 1997 a valle di Isola De Pinedo (2 coppie; Battaglia, 1998) e alle vasche Eridania (alcune coppie; Battaglia, 1998). I territori vocati alla nidificazione del Cavaliere d’Italia sono situati in corrispondenza dell’ansa di Zerbio lungo il F. Po (Caorso) e di foce Tidone e compresi nel Comprensorio Omogeneo 1. Fattori limitanti la conservazione della specie sono la carenza di zone umide sufficientemente ampie con livelli dell’acqua inferiori ai 20 cm, le improvvise variazioni del livello dell’acqua che distruggono i nidi, la distruzione dei nidi dovuta al pascolo.


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