Acquisizione e analisi dati-ambientali: gestione informatizzata di archivi digitali



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Obiettivi di gestione

Per le esigenze ecologiche di Anatidi e Rallidi assumono particolare importanza le rogge, i canali, i fiumi, e i bacini artificiali che presentano discreta copertura vegetale delle rive.

Programmi gestionali atti a favorire l’incremento dei nidificanti, la sosta e lo svernamento delle specie migratrici devono interessare, in particolare, le zone golenali e irrigue della pianura e prevedere

- l’istituzione di zone di protezione sufficientemente estese nei siti caratterizzati dalle maggiori concentrazioni di Anatidi svernanti o in sosta durante le migrazioni

- predisposizione di piani di sistemazione e recupero di bacini artificiali e lanche in via di interramento, al fine di incrementare la loro capacità recettiva

- piani di controllo sul taglio della vegetazione palustre, e incentivi tesi a favorire la presenza di fasce di canneto sufficientemente estese; detti piani devono indirizzare le operazioni di taglio a rotazione (in periodo non riproduttivo) in modo da favorire la creazione di anse e canaletti interni alla vegetazione e favorire un maggiore sviluppo di nicchie idonee all’insediamento;

- interventi di ripristino della copertura vegetale lungo le rive dei corpi idrici (compresi rogge e corsi d’acqua minori)


  • eventuale controllo dei predatori di uova e nidiacei quali Cornacchia grigia e Nutria

  • limitazione del disturbo antropico in corrispondenza di siti di nidificazione accertati.

L’ immissione di soggetti allevati è sconsigliabile, in quanto in grado di compromettere il patrimonio genetico delle popolazioni naturali.

Specie ornitiche fossorie

Distribuzione, status e problematiche nei Comprensori Omogenei individuati in ambito provinciale


Tra le specie di interesse conservazionistico legate a particolari ambienti di ripa sono presenti in ambito provinciale il Topino, il Gruccione e il Martin pescatore. Tali specie scavano gallerie-nido in corrispondenza di sponde fluviali subverticali, prive di vegetazione, generalmente in substrato argilloso o sabbioso. La specie più diffusa è il Martin pescatore, mentre Topino e Gruccione, tipicamente coloniali, sono localizzate in particolari ambiti territoriali e frequentemente condividono gli stessi siti di nidificazione. Particolare attenzione merita il Topino, le cui popolazioni hanno subìto in tutta Europa un forte calo (pari a circa il 90 %) negli anni ‘70 e ’80 e, in Italia, sono concentrate nella pianura emilano-romagnola lungo gli affluenti di destra del Po

A causa delle modificazioni apportate ai fiumi dagli interventi di regimazione idraulica, le ripe naturali idonee alla nidificazione delle suddette specie sono sempre più rare sul territorio provinciale, e le colonie, così come accade in altri ambiti regionali, si adattano anche ad ambienti artificiali quali i cumuli di sabbia nei depositi di inerti o nelle cave distribuite lungo i corsi d’acqua. Lungo il corso del Po, alcune colonie di Topino trovano ancora ambienti naturali favorevoli presso Foce Tidone, Foce Trebbia e nel tratto Isola Serafini-Isola Deserto; le colonie più numerose di Topino e Gruccione si insediano lungo il basso-medio corso di alcuni affluenti appenninici (Trebbia in particolare, ma anche Nure e Stirone) dove l’inalveamento del letto fluviale e i processi erosivi portano a giorno i sedimenti alluvionali più fini delle scarpate fluviali. I fattori che minacciano la conservazione delle specie ornitiche fossorie sono la canalizzazione dei corsi d’acqua e l’artificializzazione delle sponde fluviali, l’eccessivo impiego di pesticidi ed erbicidi (con conseguente calo delle disponibilità alimentari), la carenza di siepi, incolti e aree umide nell’agroecosistema, l’alterazione degli ambienti artificiali di nidificazione (cumuli di sabbia in cave o depositi lungo i fiumi).



Obiettivi di gestione
Data la scarsità di dati disponibili appare necessario procedere ad un monitoraggio, in particolare, delle colonie di Topino e Gruccione, al fine di individuare tutti i tratti fluviali interessati dalla nidificazione e l’effettiva consistenza delle colonie a livello provinciale. Le colonie di Gruccione e Topino mostrano un’elevata fedeltà ai siti di nidificazione, quindi la loro tutela può essere facilmente ottenuta proteggendo le pareti spondali utilizzate abitualmente. Tali pareti vanno salvaguardate da eventuali alterazioni ambientali e dal disturbo antropico, in particolare, nel periodo riproduttivo (regolamentazione degli accessi in prossimità delle colonie). Eventuali interventi di rinaturalizzazione o di difesa spondale in ambiti fluviali potenzialmente colonizzabili dovrebbero tenere conto delle esigenze ambientali di queste specie ornitiche fossorie. In tal caso si deve tener presente che per Gruccione e Martin pescatore sono sufficienti pareti di limitatissima estensione (anche 15-20 metri) e di altezza variabile dai 3 ai 4 metri, mentre per il Topino, specie più elusiva, sarebbero necessari siti più estesi (80-100 m) e soprattutto non interessati da attività antropiche, almeno nel periodo primaverile-estivo.

RAPACI
Distribuzione status e problematiche nei Comprensori Omogenei individuati in ambito provinciale.
La situazione complessiva dei Rapaci in provincia vede solo poche specie relativamente comuni e diffuse a fronte di potenzialità ambientali certamente superiori. Anche le specie più rappresentate (Sparviere, Poiana, Gheppio, Lodolaio, Assiolo, Civetta, Gufo comune e Allocco) sono probabilmente al di sotto delle densità ottimali. Alcune specie presenti in passato (come ad esempio il Gufo reale) sembrerebbero attualmente assenti, altre (come l’Aquila reale) sono state assenti dal territorio per lunghi periodi (si stima dal 1941 al 1985). Le principali cause che hanno portato al declino dei Rapaci sono individuabili nella riduzione e nel degrado dei loro habitat, nella persecuzione da parte dell’uomo, nella contaminazione ambientale da parte dei composti chimici tossici. Allo stesso tempo mancano o sono rari gli interventi gestionali finalizzati alla loro tutela. I Rapaci occupano, in quanto predatori, i livelli superiori della catena trofica, sono generalmente rappresentati da un numero contenuto di individui e dunque sono fortemente esposti a rischi di estinzione nel caso di perturbazioni delle biocenosi.

Le informazioni di seguito riportate riguardano le specie più rare, localizzate e minacciate, tra quelle nidificanti in provincia.


Falco pecchiaiolo

Per l’Italia sono stimate meno di 2000 coppie (Chiavetta, 1992), di cui circa 100-300 nidificanti in Emilia Romagna con concentrazioni soprattutto nella provincia di Parma e in quella di Piacenza. Nidifica in collina e montagna nei boschi di latifoglie maturi e poco disturbati, con presenza di radure e aree aperte e si nutre principalmente di Imenottero sociali e altri insetti. In provincia è frequente durante i passi, sia lungo i fiumi principali (Po, Trebbia e Mure), sia in diverse aree dell’Appenninico dove è osservato anche in gruppi di diversi individui (fino a 15). In collina nidifica probabilmente nelle ultime aree boccate mature e in prossimità di affioramenti rocciosi (Pietra Parcellare, Rocca d’Oligisto), mentre in ambito montano è più diffuso lungo i versanti boscosi del crinale appenninico. La scarsità di boschi maturi e il bracconaggio costituiscono fattori limitanti la nidificazione.



Nibbio bruno

Si tratta di una specie localmente in diminuzione, soprattutto nell’area mediterranea; in Emilia Romagna i siti riproduttivi si localizzano lungo l’asta del Po e nell’area collinare interna fino a 500 m s.l.m., con 5-30 coppie stimate (Chiavetta, 1992). E’ un tipico rapace delle aree di pianura attraversate da fiumi o con specchi d’acqua ampi e rive boscate e presenta una dieta molto varia (invertebrati, pesci, anfibi, rettili, uccelli e micromammiferi, carogne). In provincia la specie si osserva durante i passi sia lungo le vallate appenniniche sia lungo il Po. Come nidificante è irregolare. L’ultima nidificazione accertata risale al 1984 all’Oasi de Pinedo (Caorso) su una delle ultime farnie secolari. Non è da escludere la nidificazione in un bosco pedecollinare caratterizzato da grandi querce e un ampio specchio d’acqua nella primavera del 1989 (Ambrogio, Battaglia e Ziotti, 1993). In passato qualche coppia nidificava nei boschi del Po a Monticelli d’Ongina (Imparati, 1937).

I fattori limitanti l’insediamento della specie sono costituiti dalla distruzione delle foreste planiziali e rivierasche e dal taglio degli alberi secolari lungo il corso del Po.


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