Acquisizione e analisi dati-ambientali: gestione informatizzata di archivi digitali



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Biancone


La specie ha subìto forti diminuzioni rispetto al secolo scorso nell’Europa settentrionale. In Italia sono stimate poche centinaia di coppie e in Emilia Romagna la nidificazione è stata accertata nella nostra provincia e in quella di Parma con un totale di 20 coppie stimate (Chiavetta, 1992), distribuite nella fascia appenninica tra i 200 e gli 800 m di altitudine. Frequenta ambienti caldi e asciutti, in particolare boschi termoxerofili alternati ad aree aperte rocciose, pascoli e arbusteti. Nidifica su alberi, frequentemente di conifere, e ha una dieta quasi esclusivamente a base di Ofidi. Sul territorio provinciale il Biancone nidifica in boschi artificiali di pino nero in prossimità di affioramenti rocciosi, in particolare nella media Val Trebbia (C.O. n4 e n.5). Si ritiene che la specie nidifichi dalla metà degli anni ‘80 e sia quindi una recente acquisizione per la nostra provincia, essendo considerata in passato specie rara e accidentale (Imparati, 1937). Il numero di coppie nidificanti sul territorio sembrerebbe scarso (1 o 2 coppie), anche perché i territori di ogni coppia risultano molto ampi. I fattori che possono minacciare la specie sono il bracconaggio e il disturbo antropico (soprattutto attività di escursionismo) in aree idonee alla riproduzione.

Albanella minore

Si tratta di una specie rara e minacciata in Europa. In Italia l’areale riproduttivo comprende ampie zone della pianura padana, l’Appennino emiliano-romagnolo, le province di Pesaro e Urbino, gran parte della Toscana, con un totale di 250 coppie nidificanti, di cui 70-140 coppie stimate per la sola Emilia Romagna (Chiavetta, 1992), concentrate in pianura e nella fascia pedemontana fino a 500 m di altitudine. Frequenta tipicamente ambienti aperti, quali steppe, incolti, zone umide e coltivi; nidifica a terra in brughiere e nell’alta vegetazione erbacea e si nutre di piccoli uccelli, micromammiferi, insetti e rettili. In provincia la specie risulta scarsamente rappresentata e fortemente localizzata: come nidificante e si rinviene nelle aree golenali lungo il Po che presentano ancora ambienti idonei (Isola Deserto) e in alcuni ambienti collinari (Pietra Parcellara). Non si esclude che qualche coppia nidifichi nella fascia calanchifera della nostra provincia. I fattori sfavorevoli alla conservazione della specie sono la riduzione delle aree incolte golenali, il bracconaggio, lo sfalcio delle colture cerealicole nei periodi in cui i pulli si trovano ancora al nido.



Astore

La specie ha subìto in passato una notevole persecuzione dovuta a bracconaggio, prelievo di pulli per scopi collezionistici o di falconeria. In Italia si stimano 300-500 coppie nidificanti con massima consistenza nel settore alpino orientale. In Emilia Romagna è presente nella fascia appenninica dalle medie altitudini fina a circa 1300 m, con meno di 50 coppie (Chiavetta, 1992). Si ritiene che la popolazione regionale sia al di sotto delle potenzialità ambientali. Essenzialmente sedentario, nidifica su alberi in estese formazioni forestali di latifoglie e conifere, mature e poco disturbate; caccia prevalentemente uccelli e mammiferi. In provincia l’Astore è raro presente con poche coppie nidificanti. E’ probabile una sua nidificazione in Val d’Arda, in Val Trebbia e nei pressi di Pietra Parcellara. La nidificazione è stata accertata su un grosso larice in un vecchio rimboschimento di conifere posto a circa 1000 m di altitudine. I Comprensori Omogenei 3, 5 e 6 coprono aree di certa e probabile nidificazione. In pianura la specie può essere osservata in inverno a seguito di erratismi verticali degli esemplari montani. In passato doveva essere più diffuso anche in pianura per la maggior disponibilità di prede e boschi maturi. I fattori che limitano la presenza della specie sul territorio sono la carenza di boschi d’alto fusto e il bracconaggio.



Falco di palude

Nella maggior parte dell’Europa centro-occidentale, il Falco di palude è quasi scomparso nell’ultimo secolo a causa del prelievo illegale e della scomparsa dell’habitat; negli ultimi decenni si è tuttavia assistito ad un rapido incremento. Anche la popolazione in Italia è in fase di ripresa (70-100 coppie negli anni ‘80). La specie è tuttora considerata minacciata a causa della continua distruzione di zone umide e canneti che costituiscono gli ambienti elettivi di presenza e nidificazione. Il Falco di palude si nutre principalmente di roditori. In provincia nidifica con una coppia a Oasi de Pinedo, dove è presente anche durante l’inverno. I principali fattori che minacciano la conservazione della specie sono il disturbo antropico e lo sfalcio dei canneti durante il periodo riproduttivo, gli interventi di gestione e trasformazione delle zone umide che impediscono la formazione di canneti maturi e gli abbattimenti illegali.


Falco pellegrino


Dopo un forte decremento in molti paesi europei a partire dalla seconda metà del secolo, attribuita soprattutto all’utilizzo generalizzato del DDT, sono state osservate dinamiche positive in molte popolazioni. In Italia la specie è sedentaria e le più recenti stime indicano circa 500 coppie nidificanti (Chiavetta, 1992). La popolazione nidificante complessiva dell’Appennino settentrionale viene stimata in 20-40 coppie ed è considerata stabile o in leggero aumento dopo una sensibile diminuzione negli anni ‘60-’70. Il Falco pellegrino preda prevalentemente Uccelli e nidifica lungo pareti rocciose e calanchive. In provincia è rarissimo come nidificante e localizzato; sono state accertate solo 2-3 coppie nidificanti negli ultimi anni. Le pareti calanchive degli affioramenti pliocenici rappresentano siti estremamente favorevoli alla nidificazione della specie. In inverno è regolarmente presente lungo il Po nei pressi di Oasi de Pinedo. E’ da ritenersi possibile una sua nidificazione anche in Val Trebbia, dato l’avvistamento di giovani esemplari in periodo estivo (Ambrogio, Battaglia e Ziotti, 1993). I fattori che ne minacciano la conservazione sono dovuti al bracconaggio, al saccheggio ai nidi e al disturbo antropico dei siti riproduttivi (attività di escursionismo).

Aquila reale

L’Aquila reale è fortemente diminuita, a partire dal secolo scorso, in gran parte dell’areale europeo come conseguenza della persecuzione diretta o dell’uso indiscriminato di metodi non selettivi utilizzati per il controllo dei predatori. In Italia la specie ha recuperato il suo stato di conservazione nell’arco alpino, mentre la sua situazione è ancora preoccupante nel settore appenninico ed insulare, a causa di una minor disponibilità trofica e di un maggior bracconaggio (Fasce e Fasce, 1992). Le stime più recenti indicano per l’Italia 300-400 coppie, di cui solo 10-20 nell’Appennino settentrionale (Chiavetta, 1992). L’habitat preferenziale è costituito da pareti rocciose con altipiani e ampi spazi aperti nelle valli meno antropizzate; le prede sono costituite da mammiferi e uccelli.

L’areale di presenza sul territorio provinciale interessa i Comprensori Omogenei 5 e 7 (Tav.30 - Carta delle Emergenze Faunistiche). I primi dati sulla nidificazione dell’Aquila risalgono al 1895, quando venne catturato un aquilotto presso Brugneto (Imparati, 1899). La specie è stata poi confermata come nidificante in Val Nure e Val d’Aveto fino al 1940. Dopo tale data era da considerarsi estinta per la nostra provincia. Vecchi nidi sono stati rintracciati in Val Boreca, Val Nure e Val d’Aveto, a riprova che l’Aquila è stata, in passato, regolarmente presente. Dal 1985 sono ricominciati gli avvistamenti e nel 1990 è stata accertata la nidificazione di una coppia su una parete rocciosa in alta Val Trebbia, riconfermata nei due anni seguenti, con l’involo di un giovane in ogni stagione. Negli ultimi anni pare non abbia più nidificato, almeno nel sito abituale, anche se sono stati osservati più volte alcuni esemplari, sia giovani sia adulti. I fattori che minacciano la conservazione della specie sono gli abbattimenti illegali e la carente disponibilità alimentare.

Barbagianni

Le popolazioni sono soggette a sensibili fluttuazioni numeriche in dipendenza della disponibilità locale di micromammiferi. E’ il rapace notturno più raro della nostra provincia. Il Barbagianni è un tipico rapace delle campagne, delle aree aperte e delle zone umide fino ai 700 m di altitudine ma, per la scomparsa di casolari e l’abbattimento di vecchi alberi cavi, la gestione moderna delle aziende agricole e l’uso massiccio di pesticidi, è ormai raro come nidificante nella nostra pianura. I principali siti di nidificazione ricadono nel Comprensori Omogenei 3 e 6. In collina si rinviene nelle vicinanza di castelli (Momegliano, Rivalta, Castell’Arquato) e vecchi casolari (Biana, Pecorara). Un tempo era presente come nidificante anche in città (Palazzo Farnese), ove è stato avvistato negli ultimi anni nella fascia periferica (Montanari, 1992). I principali fattori che minacciano la specie sono il taglio di vecchi alberi, la ristrutturazione casolari e cascine, l’uso indiscriminato di pesticidi e di esche e trattamenti ratticidi.



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