Dicembre 2016 e ditoriale



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sce  conoscenze intuitive del mondo, queste conducono

allo sviluppo di quelle che lo psicologo americano defi-

nisce robuste teorie, ovvero un insieme di credenze or-

ganizzate, vere e proprie visioni coerenti del mondo. Non

sempre, però, queste teorie intuitive sono pertinenti, ne

consegue che la scuola non può prescindere dal loro ri-

conoscimento affinché queste non si pongano come osta-

coli alla conoscenza.

Il discente intuitivo, ingenuo, naturale, ricorre a queste

strutture emergenti per dare un senso a fenomeni nuovi e

l’apprendimento, la nuova comprensione, è il frutto di ca-



tene di inferenze derivanti dalle teorie.

Il soggetto che apprende è un ricercatore, esploratore, pen-

satore inesausto che regola in modo intenzionale e rifles-

sivo i propri apprendimenti. Lungo questa linea i processi

di apprendimento sembrano mostrare un debito forte ri-

spetto a quelle teorie che ingenuamente l’uomo costrui-

sce e attraverso le quali intenziona visioni del mondo,

della mente, della conoscenza e dell’apprendimento me-

desimo. Queste teorie, strutture scheletriche (Resnik), se

per il razionalismo di matrice cartesiana e kantiana sono

determinate dalla nascita, seppur suscettibili di modifi-

cazioni nel corso dello sviluppo ontogenetico (da Piaget

fino ai neocartesiani), spostando l’asse piagetiano dal so-

lipsismo al contestualismo, dal pensiero personale al pen-



siero dell’altro (Liverta Sempio, Marchetti), lungo una

prospettiva storico-sociale, si danno all’interno di una

dimensione esperienziale che costantemente richiama e

mette in gioco quella costellazione di significati cultu-

ralmente determinati che sottendono funzionalmente al-

l’interpretazione di ogni processo di apprendimento. Ne

consegue che, sebbene sia ravvisabile un ponte capace di

collegare il razionalismo concettuale e la cognizione si-

tuata (Resnick), ciò che emerge, e che interessa per l’eco-

nomia di queste note, è il comune riconoscimento della

presenza nei processi di apprendimento di un corpus di

conoscenze dotato di potere predittivoche va al di là di

ciò che è immediatamente presente.

Un’educazione incapace di interrogare e innescare una co-

noscenza della conoscenza, una sospensione sulla na-

tura, sulla struttura e sulle modalità dell’umano appren-

dere, è esposta a quello che Morin individua come errore

dell’educazione tradizionale: la cecità della conoscenza.

Il sociologo francese rivendica la necessità che l’intera-

zione di chi conosce nella sua conoscenza (conoscenza

della conoscenza) si faccia principio permanente del-



l’educazione.

Non è possibile separare in quel processo che è conoscere

le attività auto-osservatrici dalle attività osservatrici, i

processi riflessivi dai processi di oggettivazione. Com-

prendere diviene, così, l’originario modo di apprendere

insieme e la teoria non è la conoscenza, ma ciò che per-

mette la conoscenza; non è una soluzione, ma la possibi-

lità di affrontare un problema (Morin).

È solo, allora, mediante il riconoscimento del ruolo attivo

di quel soggetto osservatore, pensatore, ideatore, stra-

tega, escluso da un oggettivismo epistemologico cieco, at-

traverso l’affermazione del principio di reintroduzione di



colui che conosce in ogni conoscenza, di un soggetto ca-

pace di ricostruire la realtà attraverso quei principi gene-



rativi e strategici del metodo, che il pensiero complesso

può porsi come metodo di apprendimento. È solo grazie

al riconoscimento della centralità di un’azione di rifles-

sione metacognitiva, trasversale e critica, che l’appren-



dere ad apprendere può porsi come paradigma formativo

della mente, delle menti.

È solo un’educazione capace di potenziare l’attitudine a

organizzare la conoscenza, un’educazione veicolata dal-

l’occhio della complessità, inteso come occhio capace di

interrogazioni sulle procedure di acquisizione delle co-

noscenze e sull’autoregolazione eretta a principio orga-

nizzativo della stessa, che è possibile avviare una riforma



dell’insegnamento  dove l’apprendimento si rispecifica

come continua opera di ricerca, di costruzione del nuovo.



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P

ROBLEMI

P

EDAGOGICI E

D

IDATTICI

Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

Busto di Jean Piaget, Parc des Bastions, Genevra.

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ROBLEMI

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EDAGOGICI E

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IDATTICI

Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

Apprendimento e tensione veritativa 

L’apprendimento è un processo attivo-transattivo di rior-

ganizzazione-ristrutturazione delle conoscenze che si dà

nella dialettica del soggetto con il mondo, esso è un’in-



venzione descrivibile soltanto dall’interno.

Ciò che viene realmente appreso è come l’ombra ai bordi



della prestazione visibile (Bateson). Apprendere equi-

vale a organizzare e riorganizzare l’equilibrio/squilibrio

di un sistema rispetto al nuovo.

La conoscenza non si affranca mai da un impegno verso



la verità, la conoscenza (l’apprendimento) non si allinea

a una pura dimensione cognitiva, ma apre un interrogativo

sul senso della conoscenza e sulle responsabilità che a cui

essa richiama. La conoscenza-apprendimento non è un



oggetto da acquisire, ma un esercizio, un impegno, verso

una dimensione di verità che la apre e la mette in opera. 

L’educazione diviene tensione di verità, coscienza anti-

cipante capace di perseguire il vero fine di ogni appren-

dimento: potenziare l’attività interiore.

L’apprendimento risulta dalla fusione di intelletto vo-

lontà, comprensione volere, di un volere contemplativo

che conduce a un’inattività esterna effetto di un intenso

agire interiore (Masota - Duràn). L’apprendimento come

contemplazione è al contempo un’attività e un risultato,

è espressione della possibilità tutta umana di vedere con

gli occhi della mente.



Paola Martino 

Università di Salerno

L’impoverimento di una lettura superficiale

Sicuramente è la più conosciuta delle fiabe e, forse, la più

vecchia; certo, ha subito tante modifiche in termini di par-

ticolari aggiunti, sottratti, taciuti; è stata presentata in in-

numerevoli versioni: scritte, animate, disegnate, cinema-

tografiche, teatrali, musicali che circolano a centinaia in

tutto il mondo, al punto da rendere molto difficile rico-

struire la sua versione originale. Ma Cenerentola è un po’

la storia delle storie, tanto amata e sfruttata da piccoli e

grandi che, quando la raccontano, si sentono legittimati a

rimpiazzare un particolare tralasciato con un altro non

sempre coerente con il racconto stesso. Eppure questa

fiaba non è conosciuta nella sua complessità, ridotta co-

m’è, nelle antologie scolastiche auna proposta di lettura

superficiale o a un’indagine noiosa condotta fra indivi-

duazione delle sequenze narrative, delle situazioni e de-

gli oggetti, e analisi del testo e dei personaggi o, in am-

bito familiare, auna meccanica ripetizione orale, di madre

in figlia, sul lettone, con qualche modesta variante. Poco

spazio è riservato ai suoi tanti risvolti sociali, religiosi, sto-

rici, artistici, filosofici, psicologici, linguistici, antropo-

logici e, perché no?, gastronomici e zoo-botanici, che

pur mettono a dura prova competenze e conoscenze di

alunni, professori e genitori. 



Una storia ‘violenta’

A una lettura un po’ più attenta, infatti, la fiaba rivela un

attraente e vasto campo di indagine nel quale si possono

approfondire conoscenze e migliorare competenze di base.

A cominciare da quelle di lettura, declinate nelle loro abi-

lità principali: comprensione effettiva del testo e della sua

struttura, sua recitazione espressiva, analisi dei messaggi

e degli aspetti particolari in esso presenti; per continuare

con quelle di scrittura, soprattutto incentrate sulla riela-

borazione personale del racconto, in un’ottica artistica mu-



Ri-leggere

Cenerentola

Fiorino Tucci

L

A LETTURA DELLA FIABA DI



C

ENERENTOLA

,

NELLE SUE INNUMEREVOLI VERSIONI



RIVELA UN

REPERTORIO DI RIFERIMENTI SIMBOLICI CHE LA

RENDONO SORPRENDENTE

.

 BIBLIOGRAFIA



D. FabbriLa memoria della regina, Guerini e Associati, Milano

2004.


H. GardnerEducare al comprendere, tr. it., Feltrinelli, Milano

1993.


O. Liverta Sempio - A. MarchettiIl pensiero dell’altro,

Raffaello Cortina, Milano 1995. 



A. Masota - C. N. DurànFilosofia dell’educazione, tr. it., 

La Scuola, Brescia 2003. 



E. MorinI sette saperi necessari all’educazione del futuro

tr. it., Raffaello Cortina, Milano 2001.



B.M. VariscoCostruttivismo socio-culturale, Carocci Roma,

2002. 


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