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ATTI E
O
PINIONI
Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582
tro) tra l’adulto e il ragazzo avviene
frequentemente in caso di problema-
tiche particolari: comportamentali,
emotive, a volte anche relative agli
apprendimenti. Ma è sempre per fron-
teggiare un problema. Ciascuno di
noi, però, desidera che un rapporto in-
terpersonale nasca da un interesse au-
tentico a noi, che non si limiti a vo-
lerci ‘aiutare’, bensì sia incuriosito
dalle nostre peculiarità e caratteristi-
che uniche, costringendoci così a ri-
velarle anche a noi stessi, nel testi-
moniarle ad altri. Il caso dell’orien-
tamento è emblematico in tal senso:
nessuno (nessuno) tra le decine (forse
centinaia) di ragazzi sentiti a riguardo
ha dichiarato di aver parlato singo-
larmente con un proprio docente re-
lativamente alle proprie prospettive
future, sebbene in classe molto si sia
parlato di futuro, di scelte, di orienta-
menti personali. Ma farlo in gruppo
non è la stessa cosa, e i ragazzi, in un
contesto dedicato ad ascoltarli, rile-
vano questa mancanza.
La percezione empirica richiamata
non scopre l’acqua calda; nel 2015
una ricerca internazionale OECD
(PISA in Focus, 4-2015, OECD Pu-
blishing) basata sull’analisi dei que-
stionari studenti quindicenni Database
PISA 2012 affronta il tema: Do tea-
cher-student relations affect students’
well-being at school?. In essa si atte-
sta statisticamente che gli studenti ita-
liani si collocano al quart’ultimo po-
sto (dopo di noi Argentina, Francia e
Liechtenstein) quanto a senso di ap-
partenenza promosso da una buona
relazione studente-insegnante.
Si crea così il cortocircuito vizioso
per il quale il professore si fa in quat-
tro (in otto, in sedici, in trentadue)
per lavorare con i suoi ragazzi, ma
forse non si fa intero, di fronte a cia-
scuno di loro. E questo può fare la dif-
ferenza.
Val la pena dunque che, con reciproca
soddisfazione, questo incontro si dia
e, se non basta il corridoio o la mac-
chinetta del caffè per dargli dignità,
che una funzione tutoriale in questo
senso intesa possa realizzarsi con
tempi, modi e spazi dedicati in ogni
scuola.
Cristina Casaschi
Università di Bergamo
Non solo sulla porta
In occasione di una ricerca ho potuto
godere di un punto di osservazione
privilegiato: quello dell’intervista agli
studenti in ambito scolastico. Gli stu-
denti sono chiamati ad esprimersi e a
portare le loro esperienze, circostan-
ziate in termini esemplificativi, rela-
tivamente ad alcune dimensioni e pro-
cessi caratteristici della vita della
scuola.
Che cosa emerge da queste interviste
approfondite, in particolare relativa-
mente al rapporto studente-docente?
Una evidenza interessante, se si vuole
lapalissiana, ma che, nell’epoca del-
l’esaltazione dei rapporti interperso-
nali, delle Knowledge Network e del-
l’empatia che, a partire almeno dal
Rapporto all’UNESCO J. Delors del
1996, si ritrova come il prezzemolo in
tutti i discorsi relativi alla formazione,
non può non incuriosirci: non esi-
stono nella scuola occasioni di rap-
porto personale diretto tra insegnanti
e studenti.
Sembra essere un paradosso, vista
l’entità del tempo di convivenza in
classe tra gli uni e gli altri, il contatto
ravvicinato, quasi materico che gli
uni e gli altri vivono quotidianamente.
Sembra essere un paradosso, visto
l’interesse reciproco manifestato da-
gli uni e dagli altri, sebbene in modo
diverso, ad un contatto che crei l’oc-
casione di conoscersi non, come
spesso superficialmente si dice (o si
fa), per andare ‘oltre’ la scuola, bensì
proprio per dare a ciò che in essa ac-
cade lo spessore formativo e umano
che merita.
A pensarci bene, una relazione privi-
legiata, personale, a cui dare tempo e
spazio (non ne serve troppo, peral-
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Ologramma
di Cristina Casaschi
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ROBLEMI
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EDAGOGICI E
D
IDATTICI
Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582
V
orrei cominciare ex abrupto, seguendo l’emo-
zione:
Quoi? L’étérnité. Sì, è il titolo del bel ro-
manzo incompiuto di Marguerite Yourcenar ma
soprattutto è un verso di Rimbaud che ricollochiamo nel
suo contesto: Elle est retrouvée/ Quoi? – L’Éternité/ C’est
la mer allée/ avec le soleil.
Conoscere il latino, la cultura delle nostre terre andando
indietro per millenni nel tempo, è proprio ciò che ci per-
mette di sentire l’eternità, il soffuso moto delle acque
“mescolate” del mare come vuole Rimbaud (melée è pro-
prio una variante di allée nel testo), andate via con il sole.
Perché il latino nella scuola secondaria di
primo grado: identità e diversità
Non devo inoltrarmi in questo testo di poesia per farlo ri-
vivere nella sua formulazione ma l’espressione poetica
possiede quel lampo che afferra una totalità di pensieri che
cerco ora di comunicare. Conoscere il passato fatto di se-
coli e secoli della nostra storia nella testimonianza della
scrittura approdata alle nostre rive ci immerge nell’eter-
nità. Diceva il celebre glottologo russo Vladislav Illič
Svityč riferendosi alla lingua (immagine che ampliamo
qui a ogni alta registrazione della lingua scritta): «la lin-
gua è un guado attraverso il fiume del tempo./ Essa ci con-
duce alla dimora dei nostri antenati./ Ma coloro che hanno
paura delle acque profonde/ non potranno mai raggiun-
gerla». Con il latino noi risaliamo il fiume del tempo.
Certo tanto più se lo affianchiamo all’esperienza insosti-
tuibile del greco. Non mi riferisco infatti solo ai secoli mo-
derni dell’Europa, dell’Occidente ma proprio alla com-
prensione a partire dai nostri lontani antenati la cui
memoria brilla nelle parole, nei testi letterari, filosofici, di
ogni arte e scienza. La comprensione del Sé, la consape-
volezza di una identità che ci permette a un tempo l’aper-
tura al diverso (l’altro nel tempo, l’altro nello spazio ter-
ritoriale), perché tocca i principi dell’universo-uomo.
Incominciamo a “conoscere” guardando dentro le nostre
parole con lo strumento della cultura latina e focaliz-
ziamo il principio stesso di verità ed essere secondo Ago-
stino (ma già così Socrate e poi con variazione Cartesio):
dubito, ergo sum. Approfondiamo proprio la parola “dub-
bio”, e subito si spalancherà di per sé qualche granello di
“sapere”, perché vi riconosciamo la persona che si divide
in due (due anime, due pensieri alla pari) prima di sce-
gliere: du = due + bi = radice del radicale di “essere”: cfr.
inglese to be, tedesco ich been, slavo bit’, latino du-bi-to
(spieghiamo gli esiti fonetici: -bi in sede interna ma in
sede iniziale conserva l’aspirata dell’i.e. bh, cfr. skr. ábhut,
e in latino spirantizzatasi diviene nel perfetto fui e nel pre-
sente fio, stesso radicale del greco physis, dell’italiano fi-
sica: essere). Ogni parola, aprendosi foneticamente, ci
narra della sua formazione e dell’acquisizione varia dei
campi semantici, raccoglie le vite vissute di epoche e la-
titudini lontane, le immagini create nel tempo. Nel con-
tempo – lo abbiamo visto – questo ampliamento di visuale
ci lega a tutta la “mentalità” occidentale. La “fata”, a
esempio, dell’immaginario infantile europea (fr. fée, sp.
hada, ing. fairy, russo feia), non è altro che il latino fatum,
il destino, ciò che “è stabilito”, “è stato detto” (verbo di
dire for, faris, fatus sum, fari). E Rosaspina, Dornrö-
schen si punge per volere di una “fata” su un fuso e
muore (nella favola è morte che vale a simbolo di un se-
colo), perché esso altro non è se non il fuso della greca
Ananke (la Necessità), versione ancestrale del Fato: fato
che tutto coinvolge e annienta ogni destino di vivente.
Dalla parola al mito
Dalla parola al mito che essa contiene. Incrostazioni di
pensieri si aggrappano al cuore delle parole: chi è Giove,
cioè il latino Iuppiter? Riconosciamo -piter con l’esito in
sillaba interna in “i” dello schwa dell’indoeuropeo, cor-
rispondente a pater e Iu, che altro non è se non l’esito fo-
Problemi e prospettive del latino
nella scuola media
Emanuela Andreoni Fontecedro
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ERCHÉ AFFONTARE LO STUDIO DEL LATINO NELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
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ER COGLIERE LE RADICI PROFONDE DELLA NOSTRA STORIA MILLENARIA E AVVERTIRE IL SENSO
DELL
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ETERNITÀ
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