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o dell’interiorità agostiniana. Ma non è così. L’atto del pensare di Gentile non è connesso alla
temporalità come qualcosa a essa d’interno (invece Cartesio: quando penso e finché penso…) e
non è neppure interno al lume trascendente (Agostino: Dio come «interior intimo meo…»). Per-
sino il Geist hegeliano viene da Gentile liquidato, perché esterno all’attività dell’atto (è un “pen-
sato”), come esterni sono l’Atto puro aristotelico e le Idee platoniche. La “ritirata” di Gentile nel-
l’attualità dell’atto o nell’atto in atto è una mossa unica non solo perché è la posizione
dell’innegabile e dell’intrascendibile, ma perché è il luogo geometrico di deposizione dialettica
(permanente) di qualsiasi forma di alterità. Questo dittico speculativo non l’aveva intravisto nes-
suno ancora, perché il ciclo moderno che aveva costruito la “trascendentalità” dell’io (Kant) e
che tale trascendentalità aveva poi riempito contenutisticamente (Hegel), questo aveva fatto tra-
mite la sostanziale incomprensione dell’attualità del pensare. Che l’attuale pensare sia comin-
ciamento, fondamento e compimento di tutto, è ciò che distingue l’attualismo da qualsiasi altra
proposta speculativa apparsa in Occidente. La parabola della soggettività moderna qui trova l’ul-
tima battuta, che strappa al naturalismo (e rilancia idealmente) la formula nietzscheana
dell’«eterno ritorno dell’eguale». L’«eterno ritorno dell’eguale» è in realtà il gentiliano atto puro,
puro da ogni presupposizione naturalistica, perché deposizione permanente (eterna, uguale) di
ogni presupposizione naturalistica (ritornante).
Un fraintendimento
Ma l’intuizione gentiliana ha un altro risvolto importante, anche se la maniera in cui Gentile teo-
rizza il punto è insoddisfacente. Si capisce dalle pagine gentiliane che si vorrebbe costruire con
l’attualismo una rigorosa “logica della presenza”. Gentile chiama questa cifra speculativa con
il nome di «esperienza pura». Pura, lui intende, da ogni tipo di presupposizione o da ogni tipo
di alterità rispetto alla presenza medesima. Guadagno inestimabile delle riflessioni dei moderni,
di cui è facile trovare un certo parallelismo nella coeva fenomenologia husserliana. Ma proprio
su questo versante cade l’abbaglio del pensatore. Ciò che si può considerare teorematico è il to-
glimento originario d’ogni alterità rispetto all’orizzonte del pensare. Un pensato di là dal pen-
sare è infatti una contraddizione in termini: è un pensato impensabile. Una figura così fatta va
dunque “tolta”. È un errore. E l’errore, una volta saputo come tale, è nel contempo superato. Ma
l’errore non è necessario che ricompaia. Può certo ricomparire, ma appunto è sempre un acca-
dimento, non una struttura permanente. Gentile fa invece del toglimento della presupposizione
naturalistica, che è uno degli errori possibili nella riflessione umana, una struttura permanente.
Il presupposto è addirittura posto necessariamente dal pensare. Il quale, appena se ne accorge,
lo toglie. Dove il movimento è solo apparentemente temporale. Quel movimento è la vita stessa
del pensare in atto. Ossia è un movimento eterno.
Come è potuto accadere?
Chiediamoci ora: come è stato possibile un tale fraintendimento? Con questa domanda non si in-
tende confutare l’errore gentiliano (argomenti appropriati si troveranno nei vari interventi a se-
guire, specialmente in Berlanda, Bettineschi e Vigna), ma solo tentare di capire come è potuto
accadere l’errore. L’errore è sempre un fatto della ragione. E dell’accadimento dei fatti si può
solo tentare un’ermeneutica, e niente più. I fatti non si possono certo “dedurre”.
Ebbene, ciò è potuto accadere, a mio avviso, perché in Gentile si sono dati appuntamento due
registri teorici, entrambi veri, ma da lui poi combinati in modo da produrre una conclusione falsa.
Li ho già evocati. Il primo è l’inoltrepassabilità formale dell’orizzonte del pensare (impossibile
porre alcunché oltre il pensare, perché, ponendolo, lo si pensa inevitabilmente. Grande teorema
speculativo, senza dubbio alcuno). Il secondo è la negazione o il toglimento (speculare) del pre-
supposto naturalistico (retaggio kantiano su cui lo Hegel si era già criticamente esercitato e che
Gentile valorizza a fondo – elevandolo però erroneamente a figura trascendentale). La combi-
nazione – nella mente di Gentile – appare inoppugnabilmente vera, perché verità inoppugnabile
è il teorema dell’inoltrepassabilità del pensare e verità inoppugnabile è l’impossibilità dell’al-
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terità dal pensare. La stessa combinazione appare però inoppugnabilmente falsa (ai suoi critici),
perché al toglimento della presupposizione naturalistica Gentile appaia la produzione o creazione
dell’oggetto da togliere (in quanto presupposto). Questo appaiamento, a sua volta, fu con ogni
probabilità reso di fatto quasi inevitabile nella mente di Gentile dall’eredità idealistica ricevuta
da Donato Jaja (suo Maestro diretto) e da Bertrando Spaventa (suo Maestro ideale): l’eredità di
un idealismo radicalmente immanentistico.
Gentile non provò (e neppure una parte dei suoi allievi, come a esempio Spirito e Calogero) la
possibilità di mantenere la posizione del formalismo assoluto come sola “funzione metodologica”,
cioè come canone di rigore dimostrativo quanto al punto di partenza speculativo. Eppure, almeno
a Spirito e a Calogero, qualcuno quella mossa la suggerì
1
. E con discreta insistenza. Questo qual-
cuno porta il nome di Gustavo Bontadini
2
. La grandezza di questo Maestro di metafisica sta in-
fatti nell’aver fatto vedere – argomentando con rigore esemplare – che il trascendimento del-
l’orizzonte del pensare è, sì, formalmente impossibile, ma non lo è contenutisticamente. Detto
in altri termini: va negato ogni contenuto che pretenda d’essere originariamente e formalmente
di là dal pensare, ma non va negato a priori un contenuto che dal pensare venga dimostrato come
tale che necessariamente sia da porre oltre l’orizzonte dell’esperienza storica immediata. L’oriz-
zonte dell’esperienza storica immediata non può infatti valere come lo stesso che l’Intero del-
l’essere, perché è esperienza del molteplice e del diveniente. Se fosse trattata come l’Intero del-
l’essere, l’esperienza storica immediata sarebbe il luogo assoluto dove l’essere diventa niente e
il niente diventa essere. Cioè, sarebbe il luogo (metafisico) dove essere e niente si identificano.
1. Di G. Bontadini si leggano almeno: Dall’attualismo al problematicismo e Dal problematicismo alla metafisica. Entrambi i voll. sono
stati ripubblicati da Vita e Pensiero nel 1996 all’interno di una riedizione delle opere principali di Bontadini (Milano 1995 e ss.). Il
primo vol. è a cura del sottoscritto, il secondo a cura di P. Faggiotto.
2. Lo scritto fondamentale di G. Bontadini in proposito è il saggio che prende a titolo proprio La funzione metodologica dell’unità del-
l’esperienza (ora in Conversazioni di metafisica, vol. I, Vita e Pensiero, Milano 1995).
The actualism of Giovanni Gentile, if it is purified from his language, sometimes a bit emphatic,
going straight to the heart of the message it conveys, seems to be the most ingenious specu-
lative version – on the philosophical market – of that society which we are used to call, with
Bauman, “liquid”.
Where Bauman produced an extensive sociological research, linked to a succesful adjective,
Gentile produced an agile and penetrating philosophical structure, with an unmatched purity
of its shape.
Infact, no thinker themed as Gentile the impossibility to hold down the many variants of our
experience; no one like Gentile set to zero the claim to shelter from the deponent dialectic of
the act of thinking, the social, religious, artistic, political and philosophical forms or customs.
In short, all forms of life, to put it à la Wittgenstein. For the actualism, only the activity of “sha-
ping” has the right to persist (the “pure or absolute formalism” was Gentile’s motto); the forms
that the “shaping” produces are instead a moving object, which the training dispels or rejects
immediately.
The five “brief papers” on the philosophy of Gentile, that make up this dossier (on the for-
mation of the young thinker, on the dialectic, on art, religion, and philosophy of the twentieth
century around Gentile), are written with the awarness that Gentile is a thinker who has made
history. Like all great thinkers.
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