Dottrina sociale della chiesa


Nella nuova organizzazione del lavoro, il sapere conta più della sola proprietà dei mezzi di produzione



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Nella nuova organizzazione del lavoro, il sapere conta più della sola proprietà dei mezzi di produzione. Quindi il lavoro, espressione della personalità del lavoratore, è motivo valido di partecipazione.

E’ indispensabile puntare su questo stato delle cose per valutare la giusta posizione del lavoro nel processo produttivo, e per trovare modi di partecipazione in sintonia con la soggettività del lavoro nelle situazioni concrete.



D. RAPPORTO TRA LAVORO E PROPRIETA’ PRIVATA
La Chiesa espone quale deve essere il rapporto tra lavoro e capitale - ‘I beni sono per il benessere di tutti’ è il primo principio - Quando il possesso dei mezzi di produzione diventa illegittimo
(282)La Chiesa, nel suo insegnamento sociale, espone anche quale deve essere il rapporto tra capitale e lavoro nei riguardi della proprietà privata, del suo uso e dei suoi diritti.

Il diritto alla proprietà privata è preceduto dal principio che i beni sono per il benessere di tutti. La proprietà privata non deve costituire un impedimento al lavoro e allo sviluppo degli altri.

La proprietà, che si acquista anzitutto mediante il lavoro, deve servire al lavoro. Questo vale specialmente per il possesso dei mezzi di produzione. Ma vale anche per i beni del mondo finanziario, del mondo tecnico, intellettuale, personale.



I mezzi di produzione “non possono essere posseduti contro il lavoro, non possono essere posseduti per possedere” (Giovanni Paolo II). Il loro possesso diventa illegittimo quando la proprietà “non viene valorizzata o serve ad impedire il lavoro di altri, per ottenerne un guadagno che non nasce dall’espansione globale del lavoro e della ricchezza sociale, ma piuttosto dalla loro compressione, dall’illecito sfruttamento, dalla speculazione e dalla rottura della solidarietà nel mondo del lavoro” (Giovanni Paolo II).
Il sistema economico deve essere organizzato al servizio della persona - Le nuove conoscenze e le nuove tecnologie sono nuove ‘proprietà’- Esse non devono allargare il fossato tra sviluppo e sottosviluppo
(283)La proprietà privata e pubblica, e i vari meccanismo del sistema economico devono essere organizzati per un’economia al servizio della persona umana. Devono contribuire ad attuare il principio della ‘destinazione universale dei beni’.

In questa prospettiva diventa importante il problema della proprietà e dell’uso delle nuove tecnologie e delle nuove conoscenze. Esse costituiscono, nel nostro tempo, un’altra forma di proprietà privata , non meno importante della proprietà della terra e del capitale.



Queste risorse, come tutti gli altri beni, hanno una ‘destinazione universale’. Anch’esse devono essere inserite in un insieme di norme giuridiche e sociali che garantiscano il loro uso secondo giustizia e nel rispetto dei diritti della persona umana.

Le nuove scoperte e le nuove tecnologie, per le loro enormi potenzialità, possono dare un contributo decisivo al progresso sociale.

Se però rimangono accentrate nei Paesi più ricchi o nelle mani di ristretti gruppi di potere, rischiano di causare disoccupazione e di allargare il fossato tra zone sviluppate e zone di sottosviluppo.

E. IL RIPOSO FESTIVO
Il riposo festivo è un diritto - La domenica è il giorno del Signore - Le legittime dispense non devono far male
(284)Il riposo festivo è un diritto. La Bibbia afferma che Dio “cessò nel settimo giorno da ogni lavoro”. Anche le persone umane, create a Sua immagine, devono godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa.

A ciò contribuisce l’istituzione della domenica, il giorno del Signore,

I credenti, durante la domenica e negli altri giorni festivi ‘di precetto’ , devono astenersi da “lavori o attività che impediscano il culto dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e del corpo” (Catechismo della Chiesa Cattolica).



Necessità familiari o esigenze di utilità sociale possono legittimamente dispensare dal riposo domenicale, ma non devono diventare abitudini che fanno male alla vita di famiglia, alla vita religiosa e alla salute.
Le autorità pubbliche devono garantire il tempo festivo - I cristiani devono volere leggi che riconoscano la domenica - Ogni cristiano deve rispettare negli altri le esigenze della festa
(285)Le autorità pubbliche hanno il dovere di vigilare affinchè ai cittadini non sia sottratto, per motivi di produttività economica, un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno lo stesso obbligo nei confronti dei loro dipendenti.

I cristiani si devono adoperare perché le leggi riconoscano le domeniche e le altre solennità cristiane come giorni festivi, nel rispetto della libertà religiosa e del bene di tutti. “Spetta a loro offrire a tutti un esempio pubblico di preghiera, di rispetto e di gioia. Spetta a loro difendere la loro tradizioni come un prezioso contributo alla vita spirituale della società umana” (Catechismo della Chiesa Cattolica).

Ogni cristiano dovrà “evitare di imporre, senza necessità, ad altri ciò che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore” (Catechismo della C.C.)

IV. IL DIRITTO AL LAVORO
A. IL LAVORO E’ NECESSARIO
Il lavoro è un diritto fondamentale e un bene per la persona umana - La Chiesa insegna il valore del lavoro anche perché è necessario - La disoccupazione è una vera calamità sociale
(287)Il lavoro è un diritto fondamentale e un bene per la persona umana.

E’ un bene utile, degno della persona umana, perché è adatto ad esprimere e ad accrescere la dignità umana.



La Chiesa insegna il valore del lavoro anche perché è necessario

+per formare e mantenere una famiglia,

+per aver diritto alla proprietà,

+per contribuire al bene comune della famiglia umana.

Le conseguenze morali che la questione del lavoro porta nella vita sociale spinge la Chiesa a indicare la disoccupazione come una vera calamità sociale, soprattutto per le generazioni giovani.
Il lavoro è un bene per tutti - Ogni sistema economico deve ricercare la piena occupazione - Chi orienta la politica economica ha gravi responsabilità
(288)Il lavoro è un bene per tutti. Deve essere disponibile per tutti coloro che ne sono capaci.

La ‘piena occupazione’ si deve quindi ricercare in ogni sistema economico che vuole essere orientato alla giustizia e al bene comune.

Non può considerarsi giusta e costruttrice di pace sociale una società

+nella quale il diritto dal lavoro è vanificato o sistematicamente negato,

+nella quale la politica economica non permette ai lavoratori di raggiungere livelli soddisfacenti di occupazione,

Le persone e le istituzioni che orientano a livello nazionale o internazionale la politica del lavoro e dell’economia (chiamate ‘datore indiretto di lavoro’) hanno ruoli importanti e gravi responsabilità.
Come si può giudicare una società - Forti ostacoli nella realizzazione umana - Il dramma dei disoccupati e dei sottoccupati
(289)Una società si può giudicare ‘orientata verso il bene’ e ‘proiettata verso il futuro’ nella misura in cui offre soprattutto prospettive di lavoro.

Forti ostacoli sulla strada della realizzazione umana e professionale (soprattutto dei giovani) sono:

+l’alto tasso di disoccupazione,

+i sistemi di istruzione superati,

+la difficoltà nell’accedere alla formazione e al mercato del lavoro



Il disoccupato e il sottoccupato subiscono profonde conseguenze negative nella loro persona. Rischiano di essere posti ai margini della società, di diventare vittime dell’esclusione sociale. Questo è un dramma che colpisce in genere giovani e donne, lavoratori meno specializzati, disabili, immigrati, ex-carcerati, analfabeti, e tutti quelli che trovano maggior difficoltà nella ricerca di un lavoro.
Mantenere l’occupazione dipende sempre più dalle capacità professionali - La necessità di cambiare impiego esige riqualificazione - L’itinerario lavorativo esige nuove forme di sostegno
(290) Mantenere l’occupazione dipende sempre più dalle capacità professionali del lavoratore. Il sistema di istruzione non deve quindi trascurare la formazione umana e tecnica, necessaria per svolgere con profitto le mansioni richieste.

La sempre più diffusa necessità, nell’arco della vita, di cambiare varie volte impiego, impone al sistema educativo di favorire un aggiornamento e una riqualificazione permanenti.

I giovani devono diventare capaci di assumersi con responsabilità il compito di affrontare i rischi legati ad un contesto economico mobile e spesso imprevedibile. E’ altrettanto indispensabile l’offerta di opportune occasioni formative agli adulti in cerca di riqualificazione, e ai disoccupati.

In generale l’itinerario lavorativo delle persone deve trovare nuove forme concrete di sostegno, nuove possibilità di formazione, così che sia meno difficile attraversare fasi di cambiamento, di incertezza, di precarietà.

B. IL RUOLO DELLO STATO E DELLA SOCIETA’ CIVILE NELLA PROMOZIONE DEL DIRITTO AL LAVORO
Lo Stato è chiamato in causa dai problemi dell’occupazione - Deve sollecitare la creazione di opportunità di lavoro - Deve assecondare l’attività delle imprese
(291)I problemi dell’occupazione chiamano in causa le responsabilità dello Stato. Ad esso compete il dovere di promuovere politiche positive del lavoro.

Esse devono sollecitare la creazione di opportunità lavorative all’interno del territorio nazionale favorendo il mondo produttivo.

Il dovere dello Stato non consiste tanto nell’assicurare direttamente il diritto al lavoro di tutti i cittadini, mortificando così la libera iniziativa.



Consiste piuttosto nell’ “assecondare l’attività delle imprese, creando condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulti insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi” (Giovanni Paolo II).
Il mercato del lavoro ha raggiunto dimensioni planetarie - Dar vita a trattati, accordi, che salvaguardino il diritto al lavoro - Le organizzazioni sindacali hanno compiti importanti
(292)Il mercato del lavoro e le relazioni economico-finanziarie hanno rapidamente raggiunto dimensioni planetarie. Questo fenomeno esige che gli Stati promuovano una efficace collaborazione internazionale.

Si deve dar vita a trattati, accordi, piani di azione comune che salvaguardino il diritto al lavoro a livello nazionale e internazionale anche nei momenti più critici.

Occorre essere consapevoli che il lavoro umano è un diritto, e che da esso dipendono la giustizia sociale e la pace civile.



Le organizzazioni sindacali e le organizzazioni internazionali hanno compiti importanti in questo campo. Esse devono collegare la loro azione, e impegnarsi a tessere “una trama sempre più fitta di disposizioni giuridiche che proteggono il lavoro degli uomini, delle donne, dei giovani, e gli assicurano una conveniente retribuzione” (Papa Paolo VI).
E’ importante che esista ‘libertà di auto-organizzazione’ - Numerose iniziative hanno già realizzato forme di partecipazione - Esse sono attente all’istruzione, alla salute, ai servizi sociali
(293)Oggi, come ai tempi della ‘Rerum Novarum’, è importane che esista nella società ‘libertà di auto-organizzazione’.

Esempi significativi di auto-organizzazione sono le numerose iniziative che già hanno realizzato forme di partecipazione, di cooperazione e di autogestione. Esse testimoniano le fusione di energie solidali, a livello imprenditoriale e sociale.

Esse si pongono sul mercato come un ventaglio di attività lavorative che hanno un’attenzione particolare alla maniera in cui vengono prodotto i beni ed erogati i servizi. Esse sono attente all’istruzione del lavoratore, alla tutela della sua salute, ai servizi sociali di base, alla cultura.

Le iniziative di quello che viene chiamato ‘terzo settore’ formano un fenomeno sempre più rilevante nello sviluppo del lavoro e dell’economia.


C. LA FAMIGLIA E IL DIRITTO AL LAVORO
Il lavoro è il fondamento su cui si forma la vita familiare - Famiglia e lavoro sono strettamente interdipendenti - La politiche del lavoro devono favorire il nucleo familiare
(294)Il lavoro è “il fondamento sul quale si forma la vita familiare. Essa è un diritto naturale e una vocazione dell’uomo” (Giovanni Paolo II). Il lavoro assicura i mezzi di sussistenza, e garantisce l’educazione dei figli.

La famiglia e il lavoro, nella vita della grande maggioranza delle persone, sono strettamente interdipendenti. Ed è finalmente ora che venga loro data una considerazione maggiore, che tenga conto della realtà che li vede uniti insieme. Occorre che si smetta di considerare la famiglia come ‘un fatto privato’, e il lavoro come ‘un fatto economico’.

E’ necessario che le imprese, le organizzazioni professionali, i sindacati e lo Stato si rendano promotori di politiche del lavoro che non penalizzino, ma favoriscano il nucleo familiare dal punto di vista occupazionale. Infatti la vita familiare e il lavoro si condizionano a vicenda:

+Il pendolarismo, il doppio lavoro, la fatica fisica e psicologica riducono il tempo dedicato alla vita familiare;

+Le situazioni di disoccupazione hanno ripercussioni materiali e spirituali sulle famiglie;

+Le tensioni e le crisi familiari influiscono negativamente sugli atteggiamenti e sul rendimento in campo lavorativo.



D. LAVORO MINORILE
Il lavoro minorile è una violenza - Il contributo del lavoro dei bambini al bilancio familiare - La Chiesa denuncia l’aumento dello sfruttamento dei minori
(296) Il lavoro minorile assume forme intollerabili, e costituisce un tipo di violenza meno appariscente di altre, ma non per questo meno terribile. Questa violenza, al di là di tutte le implicazioni politiche, economiche e giuridiche, è prima di tutto un problema morale. Già papa Leone XIII scriveva: “Quanto ai fanciulli, si badi a non ammetterli nelle officine prima che l’età ne abbia sufficientemente sviluppate le forze fisiche, intellettuali e morali. Le forze, che nella puerizia sbocciano simili all’erba in fiore, un movimento precoce le sciupa, e allora si rende impossibile la stessa educazione dei fanciulli” (Rerum Novarum).

Siamo tutti consapevoli che, almeno per ora, in certi Paesi il contribuito

portato dal lavoro dei bambini al bilancio familiare e alle economie nazionali è irrinunciabile, e che alcune forme di lavoro svolte a tempo parziale, possono essere fruttuose per i bambini stessi.

Ma la Chiesa denuncia l’aumento dello “sfruttamento lavorativo dei minori in condizioni di vera schiavitù” (Giovanni Paolo II). Tale sfruttamento costituisce una grave violazione alla dignità umana di cui ogni individuo è dotato “per piccolo o apparentemente insignificante che sia in termini di utilità” (Giovanni Paolo II).

E. L’EMIGRAZIONE E IL LAVORO
L’immigrazione può essere una risorsa per lo sviluppo - L’arrivo dei migranti è spesso percepito come una minaccia - Ma essi rispondono a una domanda di lavoro
(297)L’immigrazione può essere non un ostacolo ma una risorsa per lo sviluppo. Nel mondo si aggrava lo squilibrio tra Paesi ricchi e Paesi poveri.

Lo sviluppo della comunicazioni riduce rapidamente le distanze e favorisce le migrazioni di persone in cerca di condizioni migliori di vita. Esse vengono dalle zone meno favorite della terra.



Il loro arrivo nei Paesi sviluppati è spesso percepito coma una minaccia da chi, dopo decenni di crescita economica, ha raggiunto elevati livelli di benessere.

Ma gli immigrati, nella maggioranza dei casi, rispondono a una domanda di lavoro che senza di loro rimarrebbe senza risposta. Essi si inseriscono in settori e in territori dove la manodopera locale è insufficiente, o non è disposta a fornire il proprio lavoro.
Non si devono sfruttare gli stranieri - E’ indispensabile regolamentare i flussi migratori - Va incoraggiato il diritto delle famiglie a ricongiungersi - Si deve favorire il lavoro degli stranieri nel loro Paese d’origine
(298)Le istituzioni dei Paesi ospiti devono vigilare con attenzione. Non si deve verificare lo sfruttamento degli stranieri.

I diritti dei lavoratori devono essere assicurati a tutti senza distinzione, sia alla manodopera nazione che a quella straniera,

Una condizione indispensabile perché gli inserimenti avvengano con rispetto della dignità dovuta alla persona umana, è la regolamentazione dei flussi migratori. Essa deve essere fatta con giustizia ed equilibrio.

Gli immigrati devono essere accolti come persone. Con le loro famiglie devono essere aiutati a integrarsi nella vita sociale. Quindi va rispettato e incoraggiato il diritto delle famiglie a ricongiungersi.

Nei limiti del possibile si devono favorire le condizioni che rendono possibile il lavoro di queste persone nei loro Paesi di origine.

F. IL MONDO AGRICOLO E IL DIRITTO AL LAVORO
Il lavoro agricolo ha importanza crescente - Si deve superare la tendenza a considerarlo un ‘residuo’ del passato - Occorrono politiche agricole e ambientali efficienti
(299)Il lavoro agricolo merita una particolare attenzione. Nei sistemi economici di molti Paesi esso ha un posto importante nella vita sociale, culturale ed economica. Ha una importanza crescente nella salvaguardia dell’ambiente naturale, e deve affrontare problemi numerosi nell’economia sempre più globalizzata. “Sono dunque necessari cambiamenti radicali e urgenti per ridare all’agricoltura - e agli uomini dei campi – il giusto valore coma base di una sana economia, nell’insieme dello sviluppo della comiunità sociale” (Giovanni Paolo II).

Profondi e radicali mutamenti sociali e culturali stanno avvenendo nell’agricoltura e nel mondo rurale. Politiche agricole e ambientali efficienti devono vincere la tendenza a considerare il mondo agricolo come un ‘residuo’ di un mondo sorpassato, degno solo di un atteggiamento assistenziale.

Si tratta invece di elaborare prospettive per un’agricoltura moderna, in grado di avere un ruolo significativo nella vita sociale ed economica.
In alcuni Paesi è indispensabile la riforma agraria - Il latifondo improduttivo è ostacolo grave allo sviluppo economico - La riforma agraria è un obbligo morale
(300) In alcuni Paesi è indispensabile la riforma agraria, con una ridistribuzione della terra. Questo aiuterà a superare la situazione di latifondo improduttivo, condannato dalla Dottrina Sociale della Chiesa.

Il latifondo improduttivo è un ostacolo grave allo sviluppo economico. I Paesi in via di sviluppo possono contrastare efficacemente l’attuale processo di concentrazione della proprietà della terra se affrontano alcune situazioni che si connotano come veri e propri nodi strutturali. Tali sono le carenze e i ritardi a livello legislativo in tema di riconoscimento del titolo di proprietà della terra e in relazione al mercato del credito; il disinteresse per la ricerca e la formazione in agricoltura; la negligenza a proposito di servizi sociali e di infrastrutture nelle aree rurali” (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace).

La riforma agraria non è quindi soltanto una necessità economica, ma un obbligo morale. Se non si fa la riforma agraria, vengono ostacolati in questi Paesi i benefici portati dall’apertura dei mercati, e vengono annullate le occasioni di crescita ottenute dalla globalizzazione.

V. I DIRITTI DEI LAVORATORI
A. DIGNITA’ DEI LAVORATORI E RISPETTO DEI LORO DIRITTI
I diritti del lavoratore sono fondati sulla sua dignità superiore - Elenco di alcuni di questi diritti - Questi diritti sono spesso violati, fino a condizioni disumane
(301) I diritti del lavoratore, come tutti i diritti umani, sono fondati sulla natura della persona umana e sulla sua dignità superiore.

Il Papa e i Vescovi, come maestri dio vita cristiana e umana (=Magistero della Chiesa) hanno elencato alcuni di questi diritti, desiderando che essi vengano riconosciuti dalle leggi di tutte le Nazioni:

+ diritto a un giusto salario,

+diritto al riposo,

+diritto “ad ambienti di lavoro ed a processi produttivi che non rechino pregiudizio alla sanità fisica dei lavoratori e non ledano la loro integrità morale”(Giovanni Paolo II),

+diritto che la personalità del lavoratore sia rispettata sul luogo di lavoro, “senza essere violata in alcun modo nella propria coscienza o nella propria dignità”(Giovanni Paolo II),

+diritto dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie a una sovvenzione indispensabile per la sussistenza,

+diritto alla pensione,

+diritto all’assicurazione per la vecchiaia, la malattia, gi incidenti collegati al lavoro,

+diritto a provvedimenti sociali durante la maternità,

+diritto di riunione e di associazione.



Questi diritti vengono spesso violati. E’ diffuso il triste fenomeno del lavoro sottopagato, privo di sicurezza, del lavoratore che non ha rappresentanti dei suoi diritti.

Spesso accade che le condizioni di lavoro per uomini, donne e bambini (specialmente nei Paesi in via di sviluppo) siano talmente disumane da offendere la loro dignità e da rovinare la loro salute.

B. IL DIRITTO ALLA GIUSTA RICOMPENSA E ALLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO
Il mezzo più importante perché ci sia giustizia sul lavoro è la ricompensa - La ricompensa deve garantire dignitosamente la vita al lavoratore e ai suoi - Perché la ricompensa sia giusta non basta un semplice accordo
(302) Il mezzo più importante per realizzare la giustizia sul lavoro è la ricompensa. Il “giusto salario è il frutto legittimo del lavoro” (Catechismo della Chiesa Cattolica). Chi lo rifiuta, o non lo dà puntualmente, o non lo dà in giusta proporzione al lavoro svolto, commette un’ingiustizia grave.

Il salario è il mezzo che permette al lavoratore di disporre dei beni della terra. “Il lavoro va ricompensato in misura tale da garantire all’uomo la possibilità di disporre dignitosamente la vita materiale, sociale, culturale e spirituale sua e dei suoi, in relazione ai compiti e al rendimento di ognuno, alle condizioni dell’azienda e al bene comune” (Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes 67).

Per giudicare ‘giusta’ la ricompensa del lavoro non basta il semplice accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro. La ricompensa concordata “non deve essere inferiore al sostentamento” (Rerum Novarum) del lavoratore: la giustizia naturale viene prima ed è superiore alla libertà del contratto.
Il benessere non si misura dai beni prodotti, ma anche dal modo in cui vengono prodotti - Una giusta distribuzione del reddito deve basarsi sulla giustizia sociale
(303)Il benessere economico di un Paese non si misura solo dalla

quantità di beni prodotti. Occorre tenere anche conto del modo in cui essi vengono prodotti e del grado di giustizia nella distribuzione del reddito.

Essa dovrebbe consentire a tutti di avere a disposizione ciò che serve allo sviluppo e al perfezionamento della propria persona.



Una giusta distribuzione del reddito deve essere basata non solo sulla giustizia commutativa, ma anche sulla giustizia sociale. Oltre al valore oggettivo delle prestazioni lavorative, quindi, si deve prendere in considerazione la dignità umana delle persone che le compiono.

Un benessere economico autentico si raggiunge anche attraverso efficaci politiche di ridistribuzione del reddito. Esse devono tener conto delle condizioni generali, e considerare concretamente i meriti e i bisogni di ogni cittadino.


C. IL DIRITTO ALLO SCIOPERO
La dottrina sociale cristiana riconosce legittimo lo sciopero - Lo sciopero è una delle conquiste più travagliare dei sindacati - Lo sciopero deve essere un mezzo di lotta pacifico
(304)La dottrina sociale cristiana riconosce legittimo lo sciopero,

quando appare lo strumento inevitabile, o quanto meno necessario, in vista di un vantaggio proporzionato” (Catechismo della Chiesa Cattolica), dopo che tutti gli altri modi di superare i conflitti di lavoro si sono rivelati inefficaci.



Lo sciopero è una delle conquiste più travagliate dei sindacati. Può essere definito: il rifiuto definitivo e concordato dei lavoratori di svolgere la loro opera. Lo scopo dello sciopero è: ottenere migliori condizioni di lavoro e miglioramenti nella condizione sociale dei lavoratori mediante questa pressione sul datore di lavoro, sullo Stato e sull’opinione pubblica.

Lo sciopero assume l’aspetto di un ultimatum (Giovanni Paolo II). Tuttavia deve essere un mezzo di rivendicazione e di lotta per i propri diritti sempre pacifico. Esso diventa “moralmente inaccettabile allorchè è accompagnato da violenze oppure gli si assegnano obiettivi non direttamente connessi con le condizioni di lavoro o in contrasto con il bene comune”(Catechismo della Chiesa Cattolica).

VI. SOLIDARIETA’ TRA I LAVORATORI
A. L’IMPORTANZA DEI SINDACATI
La Chiesa riconosce il ruolo fondamentale dei sindacati - I sindacati sono un elemento indispensabile alla vita sociale - Il riconoscimento dei diritti dei lavoratori rimane un problema difficile
(305)Il Magistero della Chiesa (=il Papa e i Vescovi) riconosce il ruolo fondamentale dei sindacati dei lavoratori. Essi hanno diritto di esistere perché i lavoratori hanno diritto a formare associazioni che difendano i loro interessi vitali.

I sindacati “sono cresciuti sulla basa della lotta dei lavoratori, del mondo del lavoro e, prima di tutto, dei lavoratori industriali, per la tutela dei loro giusti diritti nei confronti degli imprenditori e dei proprietari dei mezzi di produzione” (Giovanni Paolo II).



Le organizzazioni sindacali realizzano il loro scopo servendo il bene comune. Partecipano alla costruzione dell’ordine sociale e della solidarietà, e sono quindi un elemento indispensabile alla vita sociale.

Il riconoscimento dei diritti del lavoro è da sempre un problema di difficile soluzione. Si deve risolvere, infatti, dentro condizioni storiche, politiche ed economiche diverse e complesse. Ancora oggi questo problema non è del tutto risolto. Ciò rende attuale e necessaria la solidarietà tra i lavoratori.
I rapporti tra capitale e lavoro devono essere di collaborazione - I sindacati sono i protagonisti della lotta per la giustizia sociale - Il sindacato è anzitutto strumento di solidarietà e giustizia
(306)La dottrina sociale della Chiesa insegna che, nel mondo del lavoro, i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro devono essere di collaborazione. L’odio e le lotte per l’eliminazione di una parte sono metodi inaccettabili. Nel processo di produzione, infatti, sono indispensabili sia il lavoro sia il capitale.

Alla luce di questa realtà, la dottrina sociale “non ritiene che i sindacati costituiscano solamente il riflesso della struttura di classe della società, e che siano l’esponente della lotta di classe, che inevitabilmente governa la vita sociale” (Giovanni Paolo II).



I sindacati sono i protagonisti della lotta per la giustizia sociale, per i diritti delle persone che lavorano ognuna nella sua professione. “Questa ‘lotta’ deve essere vista come un normale adoperarsi ‘per’ il giusto bene;… non è una lotta ‘contro’ gli altri’ (Giovanni Paolo II).

Il sindacato è anzitutto strumento di solidarietà e di giustizia. Non può quindi abusare degli strumenti di lotta. Par la sua natura deve

+evitare la tentazione del corporativismo;

+sapersi autoregolamentare;

+valutare le conseguenze delle proprie scelte rispetto al bene comune.


Il sindacato ha compiti difensivi e rivendicativi - Ha pure quello di educare la coscienza sociale dei lavoratori - I sindacati non sono partiti politici
(307) Il sindacato ha compiti difensivi e rivendicativi.

Ma ha pure lo scopo di collaborare a organizzare il giusto ordine nella vita economica, e di educare la coscienza sociale dei lavoratori. I lavoratori devono sentirsi parte attiva dello sviluppo economico e sociale e nella costruzione del bene comune. Ognuno deve contribuirvi secondo le sue capacità e le sue attitudini.

Il sindacato e le altre associazioni di lavoratori, devono collaborare con le altre parti sociali e devono interessarsi alla gestione dello Stato.

Le organizzazioni sindacali hanno il dovere di influire sul potere politico, per sensibilizzarlo ai problemi del lavoro e per impegnarlo alla realizzazione dei diritti dei lavoratori.



Tuttavia i sindacati non sono ‘partiti politici’ che lottano per avere in mano la direzione dello Stato. Non devono neppure essere sottoposti alle decisioni dei partiti politici o avere con loro legami troppo stretti: “in una tale situazione essi perdono facilmente il contatto con ciò che è il loro compito specifico, che è quello di assicurare i giusti diritti degli uomini del lavoro nel quadro del bene comune dell’intera società, e diventano, invece, uno strumento per altri scopi” (Giovanni Paolo II).

B. NUOVE FORME DI SOLIDRIETA’
La globalizzazione spinge i sindacati a rinnovarsi - Occorre ampliare l’azione di solidarietà - Bisogna riscoprire il valore soggettivo del lavoro
(308)La globalizzazione economico-finanziaria sempre più rapida, spinge i sindacati a rinnovarsi. Devono agire in forme nuove. Occorre ampliare l’azione di solidarietà in modo che siano tutelati non solo i lavoratori tradizionali, ma anche:

+i lavoratori con contratti atipici o a tempo indeterminato,

+i lavoratori minacciati di disoccupazione dalle fusioni delle imprese a livello nazionale e internazionale,

+i disoccupati, gli immigrati, i lavoratori stagionali,

+coloro che, per mancanza di aggiornamento professionale, sono stati allontanati dal mondo del lavoro, e non vi possono far ritorno senza riqualificazione.

Di fronte ai cambiamento avvenuti nel mondo del lavoro, si deve riscoprire il valore soggettivo del lavoro (=attività di una persona fornita di dignità superiore). Sarà così più facile riscoprire e rifondare , meglio che in passato, la solidarietà: “Bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive”. Per questo “sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro”(Giovanni Paolo II).
Le associazioni dei lavoratori assumano maggiori responsabilità - Influiscano sulla trasformazione delle condizioni sociali, politiche - Superare il modello attuale ‘salario-impresa’
(309)Progettando nuove forme di solidarietà, le associazioni dei lavoratori devono assumere sempre maggiori responsabilità.

Devono influire non solo sui meccanismi tradizionali della ridistibuzione della ricchezza, ma anche sulla produzione della ricchezza stessa.



Devono influire sulla trasformazione delle condizioni sociali, politiche e culturali in maniera che esse rendano possibile la realizzazione del diritto al lavoro a tutti coloro che vogliono lavorare, nel rispetto della loro dignità.

Occorre superare gradualmente il modello attuale basato sul binomio ‘salario-grande impresa’. Questo porterà ad un aggiornamento delle norme e dei sistemi di sicurezza sociale dai quali i lavoratori sono stati finora protetti. In questo cambiamento dovranno essere salvaguardati i loro diritti fondamentali.

VII. LE REALTA’ NUOVE DEL MONDO DEL LAVORO
A. STIAMO VIVENDO UN’ETA’ DI PASSAGGIO EPOCALE
L’organizzazione del lavoro sta vivendo la globalizzazione - La proprietà è lontana dalle conseguenze sociali delle sue decisioni - E’ necessario globalizzare i diritti fondamentali dei lavoratori
(310) L’organizzazione del lavoro sta vivendo profondissimi cambiamenti. Uno dei cambiamenti fondamentali e stimolanti è la globalizzazione.

Questo fenomeno permette di sperimentare nuove forme di produzione. Si possono dislocare in luoghi diversi gli impianti, i centri direzionali, i mercati di consumo. Le realtà che permettono questi cambiamenti sono due:

+le comunicazioni divenute straordinariamente veloci, senza limiti di spazio e di tempo;

+il trasporto delle persone e dei mezzi in ogni parte del mondo divenuto relativamente facile.



Tutto questo ha una conseguenza fondamentale sulla produzione: la proprietà è sempre più lontana e indifferente alle conseguenze sociali delle sue decisioni. La globalizzazione in sé non è né buona né cattiva, ma diventa buona o cattiva dall’uso che se ne fa.

E’ quindi necessario che la tutela dei lavoratori, i loro diritti essenziali, la giustizia siano anch’essi globalizzati, cioè estesi a tutto il mondo.
La frammentazione – Le sue conseguenze notevoli sulla vita
(311) Un’altra caratteristica molto importante della nuova organizzazione del lavoro è la frammentazione. Per avere la massima efficienza e il massimo risultato, il ciclo produttivo viene diviso in piccoli frammenti. Lo spazio e il tempo in cui si svolge il ciclo produttivo sono trasformati. E quindi la struttura stessa del lavoro cambia in maniera radicale.

Tutto questo ha conseguenze notevoli sulla vita delle singole persone, delle famiglie, delle comunità umane. Esse vengono sottoposte a cambiamenti radicali sul piano materiale, culturale, umano. Milioni di persone sono coinvolte in questo fenomeno, a livello mondiale e a livello locale. Qualunque sia la loro professione, la loro condizione sociale, la preparazione culturale, non sfuggono a questo fenomeno.

E’ in atto una seconda rivoluzione industriale che coinvolge tutti i settori produttivi, in tutti i continenti, in tutti i gradi di sviluppo. Come la prima rivoluzione industriale (=la nascita della fabbrica, il sorgere della classe operaia) sta portando cambiamenti radicali nella vita dei lavoratori. E questo attraverso la riorganizzazione e la regolazione del tempo, e con i cambiamenti nell’uso dello spazio.

Questa seconda rivoluzione industriale è una sfida decisiva che chiama tutti (anche a livello etico e culturale) a un rinnovamento profondo nella tutela del lavoro,
La situazione nuova esige maggior flessibilità - Occorre maggiore sensibilità morale, culturale, progettuale
(312) La globalizzazione dell’economia si accompagna con la liberalizzazione dei mercati, con la concorrenza aperta, con la crescita di imprese specializzate nel fornire prodotti e servizi. Tutto questo richiede maggior flessibilità

+nel mercato del lavoro.

+nell’organizzare e gestire i processi produttivi.

Occorre maggiore sensibilità morale, culturale, progettuale

+nel valutare questa delicata materia,

+nell’orientare l’azione sociale e politica in questa economia e in questo mercato nuovi.

Occorre pure tener presente che spesso è il cambiamento del lavoro a provocare il cambiamento del mercato del lavoro.


I servizi e le attività informatiche crescono in maniera più rapida - Le innovazioni tecnologiche creano nuove professioni - Le forme nuove di lavoro sono più difficili da tutelare
(313) Nei Paesi più sviluppati il lavoro sta passando da un’economia che ha il suo centro nell’industria a un’economia che ha il suo centro nei servizi e nelle innovazioni tecnologiche.

Sta accadendo infatti che i servizi e le attività informatiche crescono in maniera più rapida rispetto ai settori chiamati ‘primo’ e ‘secondo’ (=agricoltura e industria). Le conseguenze sono enormi

+nell’organizzazione della produzione e degli scambi,

+nell’attività dei lavoratori,

+nei sistemi di protezione sociale.

Sta pure accadendo che le innovazioni tecnologiche creano professioni nuove nel campo del lavoro, mentre altre professioni scompaiono.

In questo periodo di transizione avviene un continuo passaggio di lavoratori dall’industria ai servizi. Quel mondo del lavoro caratterizzato dalla grande fabbrica e dalla classe operaia si rimpicciolisce, mentre cresce il numero di chi lavora nei settori dei servizi della persona, di chi fa lavori part-time, lavori interinali, lavori ‘atipici’.

Queste ultima forme di lavoro non possono essere considerate né lavori dipendenti né lavori indipendenti. Sono quindi più difficili da tutelare nei loro diritti.
Stiamo assistendo al passaggio tra due generi di lavoro - Occorre armonizzare la difesa dei lavoratori con le nuove esigenze - L’insicurezza e la precarietà investono anche i Paesi in via di sviluppo
(314) Questo periodo di transizione segna il passaggio tra due generi di lavoro. Dal lavoro dipendente con posto fisso a tempo indeterminato, a un lavoro composto da diverse attività lavorative. Si passa da un mondo di lavoro compatto, definito e riconosciuto, a un insieme di lavori che costituiscono un mondo lavorativo variegato, fluido, ricco di promesse, ma anche carico di interrogativi preoccupanti. Il lavoratore si trova davanti a una crescente incertezza sulla sua occupazione, davanti a fenomeni di disoccupazione causati dalla stessa struttura del lavoro, davanti alla insufficienza degli attuali sistemi di sicurezza sociale.

Occorre armonizzare la difesa del lavoratore e dei suoi diritti con le esigenze della concorrenza, della continua innovazione tecnologica, della complessità dei finanziamenti.

L’insicurezza e la precarietà non riguardano solo i lavoratori che vivono nel Paesi sviluppati. Investono anche i Paesi in via di sviluppo e sulla via del cambiamento. Questi Paesi sono le zone economicamente non avanzate del nostro pianeta. Esse devono affrontare nello stesso tempo due diversi e gravi problemi:

+il cambiamento dei modelli economici e produttivi;

+le difficili esigenze della globalizzazione.

Il mondo del lavoro di questi Paesi, investito dai vasti e radicali cambiamenti, è in una situazione drammatica. E’ infatti spesso privo di leggi, di tempi di formazione, di assistenza sociale.
Si sta verificando il fenomeno del ‘decentramento produttivo’ - Molte attività fino a ieri dipendenti, si realizzano in forme nuove - Tuttavia si moltiplicano i casi di trattamento ingiusto
(315) Molte attività fino a ieri concentrate nelle grandi aziende, sono svolte oggi da aziende più piccole. E’ il fenomeno del ‘decentramento produttivo’.

Questo decentramento dà vigore e nuovo slancio alle imprese piccole e medie. Accanto all’artigianato tradizionale, emergono nuove imprese costituite da piccole unità produttive. Esse operano in attività che vengono decentrate dalle grandi aziende, e in settori moderni di produzione.



Molte attività che ieri erano svolte da lavoratori dipendenti, oggi vengono realizzate in forme nuove. Queste aziende medio-piccole favoriscono il lavoro indipendente, e hanno un tasso più alto di responsabilità e di rischio. Il lavoro nelle aziende medie e piccole, il lavoro artigianale, il lavoro indipendente possono essere un’occasione per rendere più umano l’ambiente di lavoro. I lavoratori, in queste piccole comunità di lavoro, possono stabilire relazioni tra persone, possono avere più iniziativa, più partecipazione all’impresa.

Tuttavia si moltiplicano i casi di trattamento ingiusto, di lavoro mal pagato, di occupazione non sicura in non pochi di questi settori.
Nei Paesi in via di sviluppo si sviluppa il ‘lavoro sommerso’ - Esso produce numerosi posto di lavoro in un’economia disordinata - Il reddito è sovente insufficiente alla sussistenza
(316) In questi ultimi tempi, nei Paesi in via di sviluppo, si è sviluppato il ‘lavoro sommerso’. Un elevato numero di persone, cioè, deve lavorare senza regole che tutelino la dignità dei lavoratori, e quindi in condizione di grande disagio.

Queste attività creano numerosi posti di lavoro tra i lavoratori locali, privi di specializzazione, in uno sviluppo disordinato dell’economia.

I livelli di produttività, di reddito e di tenore di vita sono estremamente bassi, sovente insufficienti a garantire il livello di sussistenza dei lavoratori e delle loro famiglie.

B. LA DOTTRINA SOCIALE E LE REALTA’ NUOVE
Di fronte alle realtà nuove, la dottrina sociale richiama 4 princìpi:

*i cambiamenti non sono inevitabili,

*l’arbitro è sempre la persona,

*le realtà nuove devono aiutare la crescita della persona,

*occorre riaffermare la ‘dimensione soggettiva’ del lavoro
(317) Di fronte a queste realtà nuove, che dice la Chiesa?

+Innanzitutto raccomanda di non considerare questi cambiamenti come ‘avvenimenti necessari, inevitabili’.

+L’arbitro e il fattore decisivo di questa fase di cambiamento è sempre la persona umana. Essa resta la vera protagonista del suo lavoro.

+La persona umana deve gestire in modo creativo e responsabile le ‘realtà nuove’, in maniera che esse aiutino la crescita della persona, della famiglia, della società e della famiglia umana.

+E’ illuminante per tutti il richiamo della Chiesa alla ‘dimensione soggettiva’ del lavoro, che deva avere sempre la priorità. Il lavoro umano “proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une CON e PER le altre, l’opera della creazione sottomettendo la terra” (Catechismo della Chiesa Cattolica).
Le interpretazioni economicistiche sono già superate - Esse non capiscono i bisogni umani profondi - La persona umana segue un impulso che la spinge sempre ‘al di là’
(318) Oggi sono prevalenti le interpretazioni meccanicistiche ed economicistiche della vita produttiva. Ma sono già superate dalle analisi scientifiche dei problemi del lavoro. Queste interpretazioni sono assolutamente incapaci di interpretare i problemi del lavoro. Ogni giorno, oggi più di ieri, i fatti dimostrano che il lavoro serve all’umanità in quanto è un’attività libera e creativa della persona umana.

Occorre superare senza indugio le dottrine teoriche e i criteri operativi che sono incapaci di riconoscere i bisogni umani concreti e pressanti. Essi si estendono ben al di là dei bisogni soltanto economici. La Chiesa sa, e da sempre insegna, che la persona umana (diversamente dagli altri esseri viventi) ha bisogni che non si riducono all’ AVERE. La sua natura e la sua vocazione tendono alle realtà trascendenti (=che non sono solo materia).

La persona umana, col suo lavoro, si dedica alla trasformazione delle cose innanzitutto per soddisfare i suoi bisogni materiali. Ma lo fa seguendo un impulso che la spinge sempre al di là dei risultati raggiunti, alla ricerca di ciò che può soddisfare le sue profonde e ineliminabili esigenze interiori.
Il lavoro cambia, ma non le esigenze umane - Più profondi sono i cambiamenti, più deciso sarà l’impegno - Le istituzioni indichino le strade
(319) Nella storia umana, le forme in cui si esprime il lavoro cambiano, ma non cambiano le esigenze perenni della persona umana che lavora. Queste esigenze perenni si possono riassumere così: rispetto dei diritti umani.

C’è il rischio che questi diritti umani siano negati. Quindi occorre costruire nuove forme di solidarietà: i lavoratori sono interdipendenti tra loro.



Quanto più profondi sono i cambiamenti, tanto più dev’essere decisivo l’impegno per tutelare la dignità del lavoro. Si devono rafforzare, con intelligenza e volontà, le istituzioni che riguardano il lavoro.

Esse devono tracciare le strade percorrendo le quali si possano conciliare:

+l’economia locale e quella globale,

+l’economia ‘vecchia’ e quella ‘nuova’,

+l’innovazione tecnologica e la salvaguardia del lavoro umano,

+la crescita economica e il rispetto dell’ambiente.
Il compito degli scienziati e degli uomini di cultura - Il loro contributo molto importante per trovare soluzioni giuste - Il grave compito di interpretare i fenomeni sociali
(320)Gli scienziati e le persone di cultura sono chiamati a dare contribuire alla soluzione dei problemi del lavoro, difficili e in certe zone drammatici.

Il loro contributo a trovare soluzioni giuste è molto importante. Essi devono mettere in evidenza le occasioni favorevoli e i rischi che sono presenti nei cambiamenti. Ma soprattutto devono suggerire le linee di azione da seguire perché il cambiamento avvenga nel modo più favorevole alla famiglia umana.

Essi hanno il grave compito di interpretare i fenomeni sociali, con intelligenza e amore alla verità, senza cadere in interessi personali o di gruppo. Il loro contributo è un punto di riferimento essenziale per chi deve agire concretamente nelle politiche economiche.
E’ urgente uno sviluppo globale e solidale - Gli squilibri vanno affrontati mettendo al primo posto la persona
(321) Le attuali trasformazioni profonde del lavoro umano rendono urgente uno sviluppo globale e solidale che coinvolga tutte le zone del mondo, comprese quelle meno favorite. Per le zone meno favorite, l’inizio di un vasto processo di sviluppo solidale non è solo la condizione per creare nuovi posti di lavoro, ma è la condizione perché interi popoli riescano a sopravvivere. “Occorre globalizzare la solidarietà” (Giovanni Paolo II).

Nel mondo del lavoro ci sono squilibri economici e sociali. Vanno affrontati mettendo al primo posto la dignità della persona umana che lavora, e ristabilendo la giusta gerarchia dei valori.
Si devono considerare con attenzione le nuove situazioni - L’universalità è una propensione della persona, non delle cose - Gli aspetti negativi della globalizzazione non devono mortificare quelli positivi
(322) E’ necessario considerare con attenzione le nuove situazioni del lavoro nella globalizzazione. Occorre valorizzare la inclinazione naturale della persona umana a stabilire relazioni.

L’universalità è una propensione della persona umana, non delle cose. La globalizzazione può avere come causa strumentale la tecnica, ma la sua causa ultima è l’universalità della famiglia umana. Anche il lavoro, quindi, ha una sua dimensione universale, perchè fondato sulle relazioni umane.

Le tecniche (specialmente quelle elettroniche) hanno esteso a tutto il pianeta le relazioni riguardanti il lavoro, e hanno impresso così alla globalizzazione un ritmo molto accelerato.

Il fondamento ultimo di questo dinamismo è la persona che lavora: l’elemento soggettivo prevale sempre su quello oggettivo. Anche il lavoro globalizzato ha quindi la sua origine dall’essere opera della persona umana incline alle relazioni.

Gli aspetti negativi della globalizzazione del lavoro non devono mortificare le sue qualità positive. Essa dà la possibilità di iniziare un umanesimo del lavoro a livello planetario, una solidarietà del lavoro a livello mondiale. Se lavora in un simile ambiente, vasto come il mondo ma solidale, la persona umana capisce sempre più la sua vocazione all’unità e alla solidarietà.


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