146
possono allevare il bambino senza temere che qualcuno in futuro possa
rivendicarlo.
Questo atteggiamento di favore comporta tuttavia anche il rischio di
far perdere il suo status a un ingenuo per nascita: il ritrovatore infatti può
decidere di tenere presso di sé in condizione servile un bambino nato
libero. La possibilità di mutare per convenzione privata lo status di un
individuo costituisce per il diritto romano una novità di grande rilievo,
che trova giustificazione nel fatto che il fine perseguito dalla legge è la
sopravvivenza del neonato, rispetto alla quale la definizione del suo status
ha un’importanza secondaria: infatti per la religione cristiana, che
influenza profondamente questa materia, la distinzione tra schiavi e liberi
è irrilevante perché a tutti è data la medesima possibilità di raggiungere la
vita eterna.
La perdita della potestas in capo all’espositore è paragonabile, per la
sua gravità, a una sanzione penale vera e propria: ciò significa che
l’abbandono dei neonati, prima fenomeno irrilevante per il diritto, con
l’imperatore Costantino assume per la prima volta una connotazione
negativa.
Infine, il fatto che nessuno a distanza di tempo possa avanzare diritti
sull’esposto contribuisce a dare certezza alla situazione giuridica di
quest’ultimo, anche a scapito, come si è detto, della sua libertà. Va tuttavia
precisato che l’esposizione, causata per lo più da carestie e povertà,
riguarda prevalentemente gli humiliores, il cui status, ormai, non è così
lontanto dalla condizione servile.
Tra Costantino e Giustiniano la disciplina dell’expositio non subisce
grandi variazioni, in quanto il punto di riferimento resta CTh. 5, 9, 1;
tuttavia – in riferimento all’età postclassica – sono degne di menzione due
ulteriori costituzioni dedicate a questo argomento.
La prima legge in ordine di tempo è CI. 8, 51, 2, emanata nel 374
dall’imperatore Valentiniano I e non accolta nel Teodosiano (
52
). Si
(
52
) CI. 8, 51, 2: Imppp. Valentinianus, Valens et Gratianus AAA. ad Probum pp.
Unusquisque subolem suam nutriat. quod si exponendam putaverit, animadversioni quae
constituta est subiacebit. Sed nec dominis vel patronis repetendi aditum relinquimus, si ab ipsis
147
ribadisce qui il principio affermato da Costantino secondo cui nessuno
può far valere la potestà sui soggetti che ha volontariamente esposto:
questo vale per il padre così come per il dominus, al quale è proibita
l’azione di repetitio dello schiavo abbandonato.
Viene sancito l’obbligo – sconosciuto in età classica – di allevare la
prole e di occuparsi dei propri schiavi e se ne punisce l’abbandono, anche
se non è specificata la pena a cui l’espositore va incontro. Volendo
assimilare l’ipotesi di esposizione con quella di infanticidio, prevista da
una legge promulgata nello stesso anno da Valentiniano I – CTh. 9, 14, 1
(
53
) – si deve ritenere che la pena prevista fosse quella capitale; tuttavia
pare azzardato ritenere che l’expositio, per quanto non più un atto
genericamente lecito come in età classica, sia stata parificata al parricidium
e quindi sanzionata con la pena di morte: anche sul piano morale i due
gesti hanno un diverso valore, perché nel caso di abbandono si tiene conto
della possibilità che il neonato venga accolto e allevato da terzi (
54
).
Nel 412 l’imperatore Onorio disciplina la materia con una nuova
legge conservata nel Codice Teodosiano, dal contenuto molto simile a CI.
expositos quodammodo ad mortem voluntas misericordiae amica collegerit: nec enim dicere suum
poterit, quem pereuntem contempsit. 1 Sed nec dominis vel patronis repetendi aditum
relinquimus, si ab ipsis expositos quodammodo ad mortem voluntas misericordiae amica collegerit:
nec enim dicere suum poterit, quem pereuntem contempsit. D. III non. Mart. Gratiano A. III et
Equitio conss. [a. 374].
(
53
) CTh. 9, 14, 1 Imppp. Val(entini)anus, Valens et Gratianus AAA. ad Probum
p(raefectum) p(raetori)o. Si quis necandi infantis piaculum aggressus aggressave sit, erit
capitale istud malum. P(ro)p(osita) VII id. Febr. Rom(ae), Gratiano A. III et Equitio v.c.
conss. [374 Febr. 7]. Va detto per completezza che si tratta di un testo breve e generico,
dal significato non chiaro. Sul punto si veda anche B
ONINI
, Ricerche di diritto giustinianeo,
cit., p. 126, nota 100.
(
54
) Anche D
ALLA
, Ricerche di diritto delle persone, cit., pp. 14-15 ritiene che nel Teodosiano
l’esposizione non sia sanzionata con una pena criminale: il punto di riferimento resta
CTh. 5, 9, 1 secondo cui l’expositio comporta “solo” la perdita del diritto del pater a favore
del ritrovatore. Facendo una riflessione di carattere generale, l’equiparazione tra
esposizione e omicidio non si giustificherebbe neppure sotto il profilo sociale: infatti,
punire i due comportamenti allo stesso modo avrebbe finito per disincentivare il
compimento del male minore, ovvero l’esposizione.
Dostları ilə paylaş: |