156
lo stesso numero di giorni di detenzione a cui ha sottoposto il suo
prigioniero (
6
). Sussistono però, in alcune disposizioni imperiali, dei
“residui” dell’antica pena privata, previsti in casi del tutto eccezionali e
giustificati dalla gravità del reato commesso.
Ad esempio in Novella 117, 15 del 542 si prevede che il marito può
uccidere impunemente la moglie qualora, avendo sospetti circa la sua
fedeltà e dopo aver preventivamente fatto una triplice intimazione scritta,
l’abbia sorpresa in flagrante adulterio in casa propria (
7
).
(
6
) Si tratta di una costituzione in lingua greca, emanata nel 529 e indirizzata all’allora
prefetto del pretorio Mena; questa legge è riportata nel Codice in più punti: CI. 1, 4, 22-23;
CI. 9, 4, 6; CI. 9, 5, 2; CI. 9, 47, 26. La scelta dell’uso del greco può essere stata dettata da
esigenze pratiche, in primo luogo la necessità che la legge fosse comprensibile per coloro
che dovevano rispettarla e farla rispettare. Senza contare che l’uso della lingua greca
favoriva non solo la prassi giudiziaria ma anche l’insegnamento dal momento che la
maggior parte degli studenti, di lingua greca, incontravano numerose difficoltà con i testi
giuridici in latino. Si veda M.
A
MELOTTI
, Appunti su Giustiniano e la sua compilazione, II,
Torino 1983, p. 108. Le disposizioni in essa contenute vanno a reprimere prassi diffuse,
come l’esistenza di carceri utilizzate in modo esclusivo da alcuni corpi di polizia.
Giustiniano stabilisce che nessuno può essere sottoposto a custodia senza ordine dei
magistrati o dei defensores civitatum (CI. 1, 4, 22, pr. = CI. 9, 4, 6, pr.); viene inoltre
assegnata ai vescovi la facoltà di denunciare all’imperatore eventuali omissioni o
negligenze commesse da magistrati e funzionari. Si veda sul tema A. L
OVATO
, Il carcere
nel diritto penale romano. Dai Severi a Giustiniano, Bari 1994, pp. 220-226.
(
7
) B
IONDI
, Diritto romano cristiano, III, cit., pp. 476 ss., parla in questo caso di un “residuo
di difesa privata” che nelle Novelle può dirsi, se non scomparso, almeno notevolmente
circoscritto. Per la donna adultera viene introdotta con Giustiniano una nuova pena,
ovvero la reclusione perpetua in monastero se entro due anni dalla scoperta
dell’adulterio non avviene la riconciliazione tra marito e moglie: si tratta di una
punizione certamente più mite della poena capitalis prevista in passato per tale crimine;
infatti, anche se ai tempi della Nov. 117 era ancora in vigore la pena della decapitazione
dell’adultera (CI. 9, 9, 29, 4) si dubita fortemente che tale disposizione venisse ancora
applicata nella pratica. Per maggiori approfondimenti vedasi capitolo II, paragrafo 6. Sul
tema della repressione dell’adulterio in età giustinianea si confronti anche E.
V
OLTERRA
,
Alcune innovazioni giustinianee al sistema classico di repressione dell’adulterio, in Scritti
giuridici, I, Famiglia e successioni, Napoli 1991, pp. 3-11.
157
Nov. 117, 15, pr.
`
O aÙtÕς basileÝς QeodÒtῳ ™p£rcῳ praitwr…wn.
PrÕς toÚtoiς d k¢ke‹no proςt…qemen, éςte e‡per tiς æς e„kÕς
ØpopteÚsei tin¦ boÚlesqai tÍ tÁς „d…aς gametÁς sumpa‹xai
swfrosÚnV kaˆ paraggel…aς aÙtù ™ggr£fouς tre‹ς ™kpšmyei
™coÚsaς martur…aς ¢ndrîn ¢xiop…stwn, kaˆ met¦ taÚtaς t¦ς
tre‹ς ™ggr£fouς diamartur…aς eÛroi aÙtÕn suntugc£nonta tÍ
˜autoà gametÍ, e„ mn e„ς tÕn ‡dion okon À tÕn aÙtÁς tÁς
gunaikÕς À toà moicoà À ™n prop…naiς À ™n proaste…oiς, enai
¥deian tù ¢ndrˆ ta‹ς o„ke…aiς cersˆ tÕn toioàton ¢nele‹n oÙdšna
k…ndunon ™nteàqen eÙlaboumšnῳ. e„ d ™n ¥llῳ tÒpῳ tÕn toioàton
eÛroi met¦ tÁς ˜autoà gametÁς dialegÒmenon, oÙk ἔlatton triîn
martÚrwn ¢xiop…stwn sugkaloumšnwn, di'ïn ¢pode‹xai dÚnatai
Ótiper aÙtÕn met¦ tÁς ˜autoà gametÁς eáre, tù ¥rconti
paradidÒnai tù t¦ ™gkl»mata ™xet£zonti, ™ke‹non d ta‹ς
¢lhqe…aiς ginèskonta met¦ t¦ς tre‹ς ™ggr£fouς diamartur…aς tÍ
toiaÚtῃ gunaikˆ toàton suneureqšnta tÕn mn toioàton æς ™k
mÒnou toÚtou tù tÁς moice…aς ™gkl»mati ØpopesÒnta mhdemi©ς
¥llhς zhtoumšnhς ¢pode…xewς timwre‹sqai, ¥deian d enai tù
¢ndrˆ æς ¨n boÚlhtai tÁς „d…aς gametÁς kathgore‹n kaˆ kat¦
toÝς nÒmouς tù ™gkl»mati ™pexišnai. Dat. XV K. Ianuar. CP. imp.
dn. Iustiniani pp. Aug. anno XVI post cons. Basilii vc. ind. [a. 542] (
8
)
Un altro caso, visto in precedenza (
9
), riguarda il crimine di ratto di
vergini, vedove o diaconesse: nel passo riportato in CI. 1, 3, 53 (54) del 533
(
8
) Authenticum: His quoque etiam illud adicimus, ut si quis forsan suspicatur aliquem velle suae
uxoris illudere castitati et contestationes ei ex scripto tres destinaverit habentes testimonia
virorum fide dignorum, et post has tres ex scripto contestationes invenerit eum convenientem suae
uxori, si quidem in sua domo aut ipsius uxoris aut adulteri aut in popinis aut in suburbanis, esse
licentiam marito propriis manibus talem perimere nullum periculum ex hoc formidanti. Si autem
in alio loco talem invenerit cum sua uxore loquentem, non minus tribus testibus fide dignis
convocatis, per quos probare possit quia eum cum sua coniuge comperit, iudici tradere crimina
examinanti, illum vero pro veritate cognoscentem, post tres ex scripto contestationes cum tali
muliere eum inventum, talem quidem tamquam ex hoc solo adulterii crimini subiacentem nulla
alia ratione quaesita punire, licentiam autem (esse viro quomodo voluerit suam uxorem accusare et
secundum leges) exequi crimen.
(
9
) Si veda più ampiamente capitolo I, paragrafo 4.
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