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Un ricatto in nome di Cesare Previti di Eugenio Scalfari



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Un ricatto in nome di Cesare Previti di Eugenio Scalfari

24 luglio 2006 - Debbo confessare che il Di Pietro capo di partito non incontra le mie simpatie. Non mi piace la sua squadra. Non mi piace affatto quel suo subdolo personaggio che è andato a fare il presidente della commissione Difesa della Camera con i voti del centrodestra. Diciamo insomma che non sono un fan dell'ex procuratore di Mani pulite.
Ma dichiaro che condivido invece al cento per cento la posizione di Di Pietro sul provvedimento di indulto preparato dal ministro della Giustizia, sul quale la Camera discute oggi e probabilmente voterà domani. Sono molto stupito che quel provvedimento abbia il sostegno di tutti i gruppi del centrosinistra, compresa quella sinistra radicale che spacca il capello in quattro sulla necessità che il governo sia "discontinuo" rispetto alla politica e alla legislazione ereditate da Berlusconi.
Il problema di questo indulto è chiarissimo: il centrosinistra è favorevole all'amnistia ma non riesce ad ottenere la maggioranza qualificata che la legge richiede.
Allora ripiega su un indulto diminuendo di tre anni le pene comminate a tutti i responsabili di reato salvo alcune categorie ritenute di particolare gravità. I reati esclusi dall'indulto sono nel disegno di legge Mastella quelli di natura mafiosa, quelli riguardanti la pedofilia e i reati di terrorismo interno e internazionale. In tutti gli indulti che sono stati approvati in precedenti occasioni (come pure in tutte le precedenti amnistie) sono stati sempre esclusi dai provvedimenti di clemenza i reati di corruzione e di concussione commessi contro la pubblica amministrazione. Invece nel provvedimento Mastella - e per la prima volta nella nostra legislazione - questi reati beneficeranno della clemenza approvata dal Parlamento. Di qui il rifiuto di Di Pietro di votare in favore e di qui anche la nostra concordanza con la sua posizione.

La verità che sta dietro all'estensione dell'indulto ai reati di corruzione e concussione contro lo Stato è presto detta: senza quell'estensione i voti di Forza Italia verrebbero a mancare e quindi non si raggiungerebbe il "quorum" necessario. Mastella e la maggioranza di centrosinistra si sono trovati di fronte a questa "impasse"; per superarla hanno trangugiato il rospo.


Il rospo, tra l'altro, ha un nome abbastanza ostico: si chiama Cesare Previti. Previti deve scontare cinque anni per una sentenza passata in giudicato. Con l'indulto la pena si riduce a due anni per i quali sono previsti provvedimenti alternativi come l'affidamento ai servizi sociali.
Il problema Previti ha rappresentato una spina costante per Forza Italia, che ha cercato di liberarsene in tutti i modi. Soprattutto con un'aggressione continua e durata un decennio intero contro la magistratura italiana nel suo complesso e quella milanese in specie e con leggi "ad personam" che hanno rappresentato una delle più umilianti stagioni politiche del Parlamento italiano.
Nonostante questi innumerevoli tentativi di manipolare e impedire l'azione della giurisdizione, l'obiettivo è stato raggiunto solo in parte; una condanna c'è stata, un reo è stato assicurato alla giustizia. E come lui parecchi altri in analoghe condizioni.
Ora l'indulto che il centrosinistra propone oggi alla Camera, con l'accordo di Forza Italia, realizzerà ciò che non era riuscito al governo Berlusconi. Di più: le persone responsabili di reati contro la pubblica amministrazione sono in tutto sessantasette; un numero esiguo che non contribuirà in nessun modo a quello sfoltimento della popolazione carceraria che è l'intento principale del provvedimento di clemenza.
C'è infine un'ultima ragione che ci spinge a criticare la posizione del governo e a concordare con quella di Di Pietro: gran parte dei parlamentari di An voteranno contro il provvedimento di Mastella. Per ragioni che non condividiamo, ma resta il fatto che i colpevoli di reato contro lo Stato per corruzione e concussione avranno sconti di pena col voto del centrosinistra e di Forza Italia e con il voto contrario di Alleanza nazionale. È una posizione piuttosto scomoda, non vi pare?




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Alimenti: la scoperta, energy drink 'regalano' sonnolenza. - Vendere i farmaci anche via Internet? - Prima assunzione: il medico di base può visitare i minori.

Alimenti: la scoperta, energy drink 'regalano' sonnolenza

21 lug. 06 Una carica di energia di breve durata. Sembra infatti che gli energy drink, tanto apprezzati dalle giovani generazioni, dopo un po' possono avere un insospettato 'effetto sonnolenza'. Lo rivela uno studio condotto dai ricercatori britannici della Loughborough University, secondo i quali queste bevande ricche di zuccheri e caffeina hanno un effetto energetico di breve durata. Dopo un'ora, dati alla mano, le persone hanno reazioni più lente e più cali di concentrazione rispetto a chi non ha mandato giù un energy drink. Dunque, queste bevande possono sì aiutare gli sportivi, ma gli automobilisti stanchi, costretti a guidare di notte, farebbero bene a limitarsi a un caffè e magari a fare un pisolino. - Adnkronos Salute



Vendere i farmaci anche via Internet
(la Repubblica Affari & Finanza: pag. 38 - 24 luglio 2006) Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, chiede al Governo che venga permessa la vendita dei farmaci anche via Internet. Roberto Liscia, Presidente del consorzio, dichiara: 'consentiamo di vendere farmaci anche online, aprendo le porte alle società che garantiscono al loro interno la presenza di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine'. Per rafforzare la propria tesi, Netcomm insiste sul fatto che internet consentirebbe alle categorie svantaggiate di acquistare medicinali senza muoversi da casa. Resta però l´ostacolo di come garantire livelli di assistenza soddisfacenti ed evitare un utilizzo indiscriminato da parte dei consumatori: problema che Netcomm vedrebbe risolto grazie alla collaborazione dei farmacisti, come già accade negli USA dove l'associazione di categoria fornisce sulla rete web una lista di operatori costantemente aggiornata.

Prima assunzione: il medico di base può visitare i minori
(Il Sole 24 Ore  - 21 luglio 2006) Per i lavoratori minorenni la visita medica prima dell'assunzione è compito dell'ASL oppure, come ha chiarito il Ministero del Lavoro con la nota n° 1866 firmata ieri, del medico generico convenzionato. L'intervento del Ministero si è reso necessario per definire le competenze in alternativa al servizio delle ASL, ridisegnate di recente da alcune leggi regionali che hanno cancellato la funzione di accertamento prima dell'assunzione.




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A Vicenza l'aspirina si può comprare anche all'ipermercato.

Il Sole 24 Ore: pag. 16 - 13 luglio 2006 - A fare da apripista alla liberalizzazione della vendita dei farmaci da banco è la catena Helty, che si stava preparando da 6 anni ed ha potuto allestire con tranquillità il primo punto vendita presso l'ipermercato Emisfero alla periferia di Vicenza. Un farmacista aiuterà i cittadini a scegliere tra aspirine, compresse per il mal di testa e pomate per gli indolenzimenti muscolari. Alessandro Pedrina, Presidente di Helty, spiega: 'avevamo bisogno di fare benchmarking in quanto non vi sono precedenti nel nostro settore, così abbiamo aperto finora 7 punti vendita all'interno di ipermercati, in gallerie commerciali ma anche nel centro di una città grande come Varese e di un piccolo paese come Noventa Vicentina'. Una confezione di Aspirina costa 3,16 euro, rispetto ai 3,95 imposti, ma è disponibile anche il farmaco generico ad 1 euro in meno.




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I furboni dell’indultone. Ma siamo sicuri che Berlusconi abbia perso le elezioni?

«Adesso si potrà lavorare di più e più tranquilli, tanto dopo ci sarà l’amnistia». Se lo dicevano ridacchiando qualche settimana fa alcuni ladri di appartamento sudamericani trapiantati in Italia, mentre seguivano al tg il dibattito politico sul colpo di spugna prossimo venturo. Non sapevano, gli sventurati, di essere intercettati. Sventurati, poi, si fa per dire: in 24 furti nel centro di Milano, avevano raccolto la bellezza di 400 mila euro. Bottino più che sufficiente per congratularsi di aver scelto l’Italia come terreno di caccia: solo in Italia, oltretutto, si sfollano le carceri mandando a casa i detenuti. Purtroppo per loro, diversamente da molti altri colleghi, i nostri eroi non han fatto in tempo a pregustare l’indulgenza plenaria: infatti sono stati arrestati, processati a tempo di record e condannati dal Tribunale di Milano senza attenuanti e con un aggravio di pena. Nonostante lo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato, si sono beccati ben 6 anni perché - scrive il giudice nella sentenza a proposito del capobanda - «non merita il riconoscimento delle attenuanti generiche», non soltanto per il suo ruolo preminente nella gang ma anche perché «progetta, in vista della ventilata amnistia, di commettere tranquillamente ulteriori reati».
Gli allegri compari si consolerà con l’indulto di 3 anni che le Camere stanno per varare,libererandoli dal rischio di restare in carcere: scendendo da 6 a 3 anni, potranno ottenere l’affidamento ai servizi sociali, cioè tornare in libertà. Ed è un vero peccato che non si siano candidati al Parlamento, altrimenti potrebbero rimanerci a pie’ fermo. Infatti un loro collega pregiudicato, tale Previti Cesare, condannato anche lui a 6 anni per un reato infinitamente più grave (corruzione di giudici) e detenuto agli arresti domiciliari in virtù di una legge su misura gentilmente varata da alcuni suoi complici, grazie all’imminente indulto potrà tornare a piede libero e conservare il seggio parlamentare. È vero che era stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e dunque, secondo la Cassazione, doveva uscire dalla Camera con le mani alzate. Ma questa pena accessoria, grazie all’indulto, da perpetua diverrà temporanea. E in Parlamento si sta lavorando per far rientrare anche quella nell’annunciato provvedimento di clemenza.
Chi s’illudeva che Berlusconi e i suoi cari avessero perso le elezioni e che fosse finita per sempre l’èra dell’impunità per i potenti resterà lievemente deluso. È alle viste, infatti, la prima legge SalvaPreviti della nuova legislatura. Una SalvaPreviti bipartisan, camuffata da indulto «per sfoltire le carceri». Le carceri sovraffollate,naturalmente,non c’entrano nulla: altrimenti dall’indulto verrebbero esclusi i reati contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato, abuso) e contro la giustizia (corruzione giudiziaria e corruzione del testimone), quelli finanziari (falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita, aggiotaggio) e le frodi sportive. Tutti reati per i quali, dopo la scarcerazione di Previti, Fiorani e Ricucci, non è detenuto nessuno. Invece sono tutti compresi.
Con la scusa dei detenuti, si abbuonano preventivamente 3 anni di pena a chi, anche se condannato, in carcere non andrà o non tornerà mai: Fazio e i furbetti del quartierino, Tanzi e Cragnotti, il signor Savoia, il dottor Sottile, gli spioni dello Storacegate, i truffaldi di Calciopoli, il solito Bellachioma (imputato di corruzione di testimone, frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita). E poi, si capisce, quel sant’uomo di Previti. Perché il sovraffollamento che allarma lorsignori non è quello delle carceri: è quello di un grazioso palazzotto di Piazza Farnese dove, scortato giorno e notte dalla polizia a spese del contribuente, risiede forzatamente il cosiddetto onorevole Previti. L’angusto edificio va sfollato al più presto per motivi umanitari, consentendo al povero inquilino, stipato come una sardina fra la vasca delle aragoste e l’attico grande come una portaerei, di sgranchirsi le gambe nell’aula di Montecitorio. Ma siamo sicuri che Berlusconi abbia perso le elezioni? - 15/07/2006 di Marco Travaglio




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Erbe cinesi: il «fai da te» può essere fatale. Un recente caso di insufficienza renale in Inghilterra richiama alla necessità di farsi sempre seguire da un medico esperto.

Regno Unito - Da circa 5 mila anni la medicina tradizionale cinese si serve della fitoterapia, e poco alla volta anche il mondo occidentale si sta convincendo del potere curativo delle erbe, attorno alle quali ha peraltro preso vita un grande mercato commerciale.

Non solo benefici - Tra le ragioni di questa crescente popolarità vi è la convinzione che la fitoterapia, in quanto naturale, sia anche sempre sicura, o che perlomeno non possa mai provocare effetti indesiderati.
Ma non è sempre così, e anche l'autorità italiana di farmacovigilanza si è espressa in merito alla questione, avvertendo che anche questo tipo di approccio può produrre talvolta reazioni avverse, spesso gravi o addirittura fatali

Il caso - E in questi giorni proprio la fitoterapia orientale è finita nel mirino di un'equipe di medici dell'ospedale Londinese di Whittington (Gran Bretagn), specializzato in malattie del rene , che ha messo in luce i pericoli e le incertezze che accompagnano il ricorso a terapie non controllate a base di talune erbe cinesi. Il dottor Chris Laing e i suoi colleghi hanno infatti descritto il caso di un trentenne, cinese, giunto presso il loro istituto nel 2003 a causa di un'ematuria (presenza di globuli rossi nelle urine) macroscopica, e di un'alta concentrazione di creatinina nel sangue (indice che i reni non riuscivano a fiar bene il loro lavoro di filtro). La diagnosi dei medici inglesi è stata di tumore alla vescica - che si è riformato anche dopo l'asportazione chirurgica e nonostante l'interruzione della fitoterapia - seguito da una grave insufficienza renale che nel 2006 ha costretto l'uomo alla dialisi.

La causa - Il paziente aveva seguito per cinque anni una terapia a base di Longdan Xieganwan, un'erba cinese ricca di acido aristolochico - dalle proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche – il cui uso è peraltro vietato in molti Paesi. E proprio questo acido, riscontrato in concentrazione elevatissima nell'organismo, è stato indicato dai medici come principale responsabile del carcinoma. Gli esperti del centro nefrologico di Whittington, spiegano come questo caso evidenzi l'elevata pericolosità di alcune terapie a base di erbe medicinali se non regolate o monitorate da personale competente. - Alessandra Carboni 24 luglio 2006





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Il gioco dell’Impact Factor.

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore 11/07/2006 - La notizia. L’Impact Factor è l’ossessione del ricercatore. Come dice il Generale Sun Tzu (Cina VI secolo) tra i ricercatori è in atto la battaglia de “Il mio impact factor è più grosso del tuo”. Un editoriale della rivista open access Plos Medicine sostiene, esattamente come il generale Sun Tzu, che sia in corso un “impact factor game” in cui non sempre si gioca a carte scoperte o seguendo le regole.
Il calcolo. L’IF viene calcolato in base al numero di volte in cui un lavoro viene citato in altri lavori ed è il risultato di un’intuizione avuta da Eugene Garfield nel 1955: bisognava trovare un algoritmo che permettesse di strutturare un programma di indicizzazione con l’obiettivo di individuare tutti gli articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali simili per contenuti anche se appartenenti a discipline diverse. Nel 1958 Garfield chiese in prestito 500 dollari per creare l’Institute for Scientific Information che si sarebbe occupato di realizzare l’intuizione avuta 3 anni prima. Nel 1992 l’azienda partita con 500 dollari è stata rilevata dalla Thomson Scientific.
Oggi c’è un rapporto che ne permette il calcolo: l’IF di una rivista X è uguale al numero di citazioni nell’anno in corso rispetto a tutti gli articoli pubblicati sulla rivista X nell’anno precedente diviso il numero di articoli che sono stati considerati “citabili” dal Thomson Scientific nello stesso anno.
La Thomson Scientific non ha mai reso noto quale sia il criterio attraverso cui un articolo diventa citabile e dunque incida nel calcolo dell’IF. Per questo motivo, si sostiene nell’editoriale di Plos Medicine, il sistema di valutazione della produzione della ricerca si basa su un processo non scientifico, soggettivo e segreto.
Le perplessità. Il sistema già da tempo viene messo in discussione; l’editoriale di Plos Medicine fa notare che poiché l’obiettivo principale di una rivista è aumentare il proprio IF due sono le variabili su cui si può agire: sul numeratore e sul denominatore dell’equazione che lo calcola.
Nel primo caso gli editori incoraggiano gli autori a citare i propri articoli o pubblicano delle review che generano un grande numero di citazioni; nel secondo caso si dovrebbe ridurre il numero di articoli citabili ma questo può accadere solo se qualcuno della Thomson Scientific modifica arbitrariamente i dati. La necessità di avere una valutazione chiara e limpida dell’IF non è solo un esercizio di stile o un tecnicismo: in alcuni dei paesi più importanti lo stanziamento di fondi per la ricerca si basa sul numero di pubblicazioni e dunque sull’IF di un ricercatore. -
Bibliografia. The Impact Factor Game. Plos Medicine




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Dpef, garantire i Lea tagliando la spesa. E' quanto prevede per la sanità il Dpef 2007-2011, varato venerdì dal Consiglio dei ministri. Azzerare il deficit delle Regioni entro il 2009, sostenendole con un fondo ad hoc. Ridurre la spesa tendenziale rispetto al Pil e introdurre forme di compartecipazione, cioè ticket in tutte le Regioni, anche in quelle che li hanno cancellati. E' quanto prevede per la sanità il Dpef 2007-2011, varato ieri dal Consiglio dei ministri.

L'incidenza della spesa sanitaria sul Pil è aumentata dal 5,7% del 2000 al 6,7% del 2005. Un andamento al rialzo a cui hanno contribuito la spesa per dipendenti, gli acquisti di beni e servizi e le prestazioni acquistate direttamente sul mercato, ma anche, più in generale, l'invecchiamento della popolazione e il progresso della medicina. Ma hanno avuto il loro peso, si sottolinea nel Dpef, "seri elementi di criticità: l'inappropriatezza di alcune prestazioni, come l'utilizzo improprio dei ricoveri ospedalieri e dei pronto soccorso dovuto all'organizzazione ancora prevalentemente burocratica della medicina di base e alla carenza di servizi di assistenza domiciliare integrata; le lunghe liste di attesa; l'esorbitante livello di spesa farmaceutica per abitante di alcune Regioni; l'insufficiente qualità dei servizi sanitari in alcune Regioni, che ne spinge i cittadini a rivolgersi alle strutture di altre Regioni per usufruire di cure adeguate". Il tasso di crescita medio della spesa sanitaria è stato valutato al 3,2% nel periodo 2007-2011.   Il Dpef non entra nel merito degli interventi per ridurre la spesa, ma anzi sottolinea che è "possibile mantenere e all'occorrenza rafforzare i livelli di assistenza sanitaria e allo stesso tempo ricondurre la dinamica di tale voce di spesa nell'ambito dei vincoli della finanza pubblica". Le linee che si seguiranno saranno quelle del Nuovo Patto per il sistema sanitario fra Governo e Regioni, anticipate nel programma di Governo sulla sanità illustrato alle Camere dal ministro della Salute Livia Turco: certezza delle risorse destinate al Ssn per il triennio 2007-2009 per garantire alle Regioni una programmazione di medio periodo; autonomia e inderogabile responsabilità delle regioni, che se non ottengono i risultati di efficienza programmati dovranno finanziare le spese eccedenti con risorse proprie, anche attraverso la conferma degli strumenti di automatismo fiscale; rientro dai disavanzi entro il 2009, con un fondo straordinario per sostenere questo percorso.
Le risorse per il triennio 2007-2009 non vengono quantificate: si dice soltanto che l'ammontare "dovrà essere tale che anche il settore sanitario contribuisca a ridurre la spesa tendenziale rispetto al Pil". Un'esigenza compatibile, per il Governo, con il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). Il ministro della Salute ha chiesto che la spesa sanitaria per il triennio in questione si attesti al 6,6% del Pil. Quanto ai ticket, l'obiettivo di "migliorare l'appropriatezza delle prestazioni e garantire sia la loro universalità sia l'esigenza che siano fruite dalle persone in effettiva necessità, suggerisce di non escludere forme di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini". E questo anche nelle Regioni che non hanno adottato ticket.   Verrà rafforzato, prosegue il Dpef, il sistema di monitoraggio sull'erogazione effettiva dei Lea e sulle azioni per il miglioramento della qualità dei servizi e la riduzione dei costi. Mantenendosi entro il finanziamento definito dal nuovo Patto Stato-Regioni, occorrerà liberare risorse per sostenere l'attività di ricerca e innovazione e attivare strumenti per il sostegno degli investimenti da parte delle strutture sanitarie nelle nuove tecnologie. Per le Regioni che presentano più gravi carenze di apparecchiature, si potrà prevedere la rifinalizzazione, per le somme non utilizzate, del Fondo nazionale per il co-finanziamento degli investimenti in ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico di cui all'art. 20 della legge n. 67/1988. Si punta, inoltre, al rafforzamento dell'attività di prevenzione, alla riorganizzazione e al potenziamento della medicina di base, allo sviluppo dell'integrazione socio-sanitaria.
Prioritario, secondo il Governo, sviluppare l'integrazione socio-sanitaria, a partire dall'assistenza ai non autosufficienti per la quale occorre incentivare l'assistenza domiciliare integrata. Il Dpef prevede l'istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, in cui far confluire tutte le risorse già oggi impegnate nel settore, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Il Fondo procederà al co-finanziamento degli interventi e le risorse a disposizione potranno gradualmente incrementarsi via via che le migliori pratiche andranno diffondendosi.




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Turco, in finanziaria fondi sperimentazione 'casa salute' - Possibile usare beni mafia confiscati per case salute.

Roma, 18 lug. - La casa della salute é «la sfida di questa legislatura». Con queste parole il ministro della salute, Livia Turco, parlando a margine della presentazione di uno studio di fattibilità per strutture sanitarie di base alternative a quelle ospedaliere, questa mattina a roma, definisce il progetto presentato dallo spi/cgil nella capitale.

«E' un progetto che mi sta molto a cuore ed é la sfida che consentirà di avvicinare finalmente la medicina al domicilio dei cittadini in modo che sia percepita come autorevole, alla pari dell'ospedale».

«Intendiamo consegnare - prosegue il ministro - una sanità italiana in cui ci siano gli ospedali - di medie dimensioni e totalmente rinnovati in modo da garantire nel contempo eccellenza e umanizzazione- e strutture più piccole da convertire nelle cosiddette "case della salute", per offrire servizi e prestazioni a misura dei cittadini».

«Discuteremo di questo progetto nella conferenza delle cure primarie che faremo a breve: credo - chiude Turco - che la strada migliore sia quella della sperimentazione di case della salute, che intendiamo sostenere e incentivare».

La Casa della Salute dovrebbe essere, negli intenti del ministro e dello studio di fattibilitá del progetto presentato dallo Spi-Cgil «una nuova struttura di base per ridisegnare con la comunitá locale la rete dei servizi, unificare anche fisicamente le attivitá sociali e quelle sanitarie, e garantire una sanitá più vicina al cittadino».

Ed è proprio questa, secondo la responsabile della Sanitá italiana, «la sfida di questa legislatura». Ovvero «la medicina vicino al domicilio che diventa autorevole, percepita dal cittadino alla pari dell'ospedale. L'ospedale, dal canto suo, dovrá garantire eccellenza e umanizzazione al tempo stesso». Intanto il ministro promette che la Casa della salute «sará al centro della conferenza sulle cure primarie che il ministero intende fare ad ottobre», mentre continua ad essere «la sperimentazione la strada da percorrere» al momento.

Con l'obiettivo, tuttavia, di «far decollare il progetto e passare dalla sperimentazione al sistema». Secondo lo studio presentato oggi e siglato Spi-Cgil, le Case della Salute dovrebbero essere a bassa complessitá tecnologica e il loro costo approssimativo dovrebbe essere di circa 7,7 milioni di euro l'una. Costo che - si legge però nello studio - potrebbe scendere anche del 50% in caso di recupero di edifici che in passato erano giá destinati alla sanitá. - Il sole 24ore

Adnkronos-salute - ''Insieme al progetto materno infantile e a quello del parto indolore l'altra opzione che metterò nel Fondo sanitario nazionale della prossima Finanziaria sarà sicuramente il sostegno alla sperimentazione della Casa della Salute''. Lo ha detto il ministro della Salute Livia Turco a margine di un convegno sul tema organizzato oggi a Roma dalla Cgil-Spi.


La Casa della Salute dovrebbe essere, negli intenti del ministro e dello studio di fattibilità del progetto presentato oggi dallo Spi-Cgil ''una nuova struttura di base per ridisegnare con la comunità locale la rete dei servizi, unificare anche fisicamente le attività sociali e quelle sanitarie, e garantire una sanità più vicina al cittadino''.
Ed è proprio questa, secondo la responsabile della Sanità italiana, ''la sfida di questa legislatura''. Ovvero ''la medicina vicino al domicilio che diventa autorevole, percepita dal cittadino alla pari dell'ospedale. L'ospedale, dal canto suo, dovrà garantire eccellenza e umanizzazione al tempo stesso''. Intanto il ministro promette che la Casa della salute ''sarà al centro della conferenza sulle cure primarie che il ministero intende fare ad ottobre'', mentre continua ad essere ''la sperimentazione la strada da percorrere'' al momento. Con l'obiettivo, tuttavia, di ''far decollare il progetto e passare dalla sperimentazione al sistema''. Secondo lo studio presentato oggi e siglato Spi-Cgil, le Case della Salute dovrebbero essere a bassa complessità tecnologica e il loro costo approssimativo dovrebbe essere di circa 7,7 milioni di euro l'una. Costo che - si legge però nello studiio - potrebbe scendere anche del 50% in caso di recupero di edifici che in passato erano già destinati alla sanità.

Utilizzare le strutture confiscate alla Mafia per dare vita alle Case della Salute, distretti socio sanitari che dovrebbero dare nuova linfa alla medicina del territorio. A lanciare l'idea di utilizzare i bene sottratti a 'Cosa Nostra' è Michele Mangano, segretario nazionale dello Spi-Cgil, durante un convegno sul tema. La proposta sembra trovare il favore del ministro della Salute Livia Turco che, interrogata sulla questione, risponde: ''penso sia una strada percorribile''.






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